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“Al punto in cui siamo, non scegliere significa scegliere di mettere in seria difficoltà la sopravvivenza dell’azienda Tim”. Questo il commento di Fabrizio Solari, segretario generale Slc Cgil dopo l’incontro tra sindacati e governo. E mentre la Cgil a Palazzo Chigi era rappresentata ai massimi vertici proprio per la rilevanza della questione, oltre a Solari anche il segretario generale Maurizio Landini, per l’esecutivo era presente il capo di gabinetto della presidente del Consiglio Meloni.
A margine dell’incontro, Landini conversando con i giornalisti, ha affermato: “Abbiamo ribadito la posizione unitaria delle Confederazioni e delle categorie, noi ci siamo a lavorare affinché ci sia una rete unica. Abbiamo però ribadito di esser contrari a qualsiasi idea di spezzatino. Vorrebbe dire disperdere il patrimonio di una azienda come Tim. Ma occorre decidere rapidamente, anche cambiando il progetto di politica industriale fin qui realizzato“.
I sindacati, è cosa nota, erano e sono contrari alla cessione dell’infrastruttura Tim per la realizzazione della rete unica fuori dal suo perimetro. Sono però fermamente convinti che occorra realizzare un’unica rete, possibilmente da parte di un “campione nazionale” in grado di competere ad armi pari con le aziende europee. Per questo lo spezzatino di Tim proprio non va.
Il piano industriale presentato a inizio luglio dall’amministratore delegato Pietro Labriola e approvato dal Consiglio di Amministrazione prevede, invece, la suddivisione in quattro dell’azienda e la cessione dell’infrastruttura di rete. E poi c’è un pre-accordo per cedere la rete a Cassa depositi e prestiti che andava definito entro il 30 ottobre, rinviato al 30 novembre. Che fine farà?
È per questo che Solari ha aggiunto: “Se tra 48 ore, visto che a oggi non si sono avuti riscontri di alcun tipo, Cdp non avanza nessuna proposta, questo significa che il piano industriale di Tim non c’è più. Quindi siamo di fronte ad una azienda che ha un carico di debiti formidabile, in una prospettiva di rialzo dei tassi e in un mercato instabile come si è visto qualche giorno fa nel report sulla filiera della Tlc in Italia, e in più rischia fortemente di non avere nessun piano industriale. È una mistura che mette a rischio 40 mila posti di lavoro più l’indotto”.
La situazione è ancor più preoccupante, perché “su queste questioni stasera non abbiamo avuto risposte – ha aggiunto il leader della Cgil –. Chi era presente per il governo si è riservato di riferire in sede politica - quindi alla presidente del Consiglio – le nostre posizioni. Abbiamo ribadito che pensiamo nei prossimi giorni sia indispensabile avere una risposta rispetto a quello che il governo pensa di fare”.
La risposta urgente non serve solo a salvaguardare l’occupazione, che pure è un obiettivo non irrilevante, anzi. “È l’unico modo - ha concluso Landini - per avere una grande azienda che nel settore delle telecomunicazioni sia in grado di competere e di agire anche a livello europeo e far crescere, così, la forza del nostro Paese”.
Rispetto poi al processo di digitalizzazione, Fabrizio Solari ha aggiunto: “Smart city, internet delle cose (IoT), cloud, digitalizzazione della pubblica amministrazione, monitoraggio ambientale, gestione ottimale delle reti energetiche, telemedicina, veicoli a guida autonoma e altro ancora saranno parte del nostro futuro. Banche dati sempre più estese, capacità di calcolo sempre più potenti, sensori sempre più miniaturizzati e a basso costo saranno interconnessi da una rete integrata di fibra e 5G, praticamente a bassissima latenza, dando vita a tante nuove applicazioni, nuove opportunità e anche a tanti nuovi problemi da affrontare. Comunque la si pensi, questo processo è inarrestabile”.
E quindi, per il segretario generale della Slc “Un grande Paese come il nostro non può ridursi a essere solo un utilizzatore finale delle nuove tecnologie. Deve invece mantenere, per quanto possibile, una capacità cognitiva e industriale, deve poter partecipare con le sue aziende, con le sue università e i suoi centri di ricerca al consolidamento e allo sviluppo del settore in Europa e nel mondo. Il mercato non garantisce questo risultato. Servono investimenti pubblici e, soprattutto, una scelta precisa di politica industriale. La condizione necessaria, anche se non sufficiente, è innanzitutto impedire che il patrimonio attuale (poco o tanto che sia) venga disperso”.
Allora tornare a parlare di Tim è inevitabile: “La nostra scelta di difendere l’unicità aziendale del Gruppo TIM discende, oltre che dall’ovvia tutela dell’occupazione oggi esistente e di quella che potenzialmente si potrà creare domani, dalla convinzione che da qui si possa partire per costruire un nuovo progetto industriale utile al Paese. Naturalmente occorre pensare ad una TIM che evolve, che risolve una volta per tutte il nodo della stabilità della governance attraverso un impegno diretto, anche se non esclusivo, di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e che, oltre che assicurare l’integrità, la sicurezza e lo sviluppo della rete, sappia consolidarsi in un moderno soggetto industriale, capace di affermarsi in un mondo digitale in piena evoluzione quantitativa e qualitativa. Se ci sarà un domani, dipenderà dalle scelte che compiremo oggi. Per questo giudichiamo decisivo il confronto che si svilupperà nelle prossime settimane”.
Infine Solari si augura che “il “tavolo di lavoro” annunciato oggi dal Governo non sia un diversivo, bensì il luogo fisico nel quale, con trasparenza, reciproco ascolto e leale confronto, si possa determinare la migliore delle scelte possibili”.