Una notte di trattativa e poi il sospiro di sollievo. Questa la sintesi del negoziato tra Tim e organizzazioni sindacali, che consente ai 16mila lavoratori e lavoratrici che rimarranno nella società di servizi di guardare alla Pasqua con un pizzico di serenità.

L’antefatto

Fra poche settimane Tim procederà allo scorporo, meglio conosciuto come spezzatino, da una parte la società della rete ceduta al fondo statunitense Kkr, dall’altra la società dei servizi. La maggior parte dei dipendenti, 20mila, confluiranno nella prima, mentre i restanti 16mila resteranno nella seconda. Il sindacato è da sempre contrario a questa soluzione che a suo giudizio mette a rischio lo sviluppo del settore; dall’altro lato pone un problema di sostenibilità occupazionale.

Il futuro prossimo

Il 23 aprile ci sarà l’assemblea dei soci che potrebbe cambiare la governance dell’azienda, visto che il fondo inglese che doveva essere il cavaliere bianco che l’avrebbe salvata: non solo si vende la rete ma anche la divisione Brasile e la divisione consumer. “Nostro compito – afferma Riccardo Saccone segretario nazionale della Slc Cgil – è quello di continuare a difendere al meglio il perimetro occupazionale”. La Tim ha seri problemi di cassa e la cessione della rete mette a rischio il futuro dei lavoratori e delle lavoratrici.

L’accordo

Nelle more della vertenza complessiva con Palazzo Chigi sulle telecomunicazioni, il sindacato si è posto il problema di “quali garanzie dare le persone”. Soprattutto a quelle della società dei servizi che rischiano più degli altri. Ed ecco l’accordo che prevede contratti di solidarietà fino al 30 giugno del 2025 al 13%, al 5% per i tecnici. “L'obiettivo che ci siamo posti e che abbiamo raggiunto – afferma il dirigente sindacale - era quello di un accordo esigibile, non eccessivamente penalizzante dal punto di vista economico per lavoratori e lavoratrici, che ci desse la garanzia che l'azienda non può decidere da sola. L'azienda si è impegnata a salvaguardare l'occupazione, ma soprattutto a non fare azioni unilaterali sui perimetri delle società del gruppo. Il che vuol dire che l'eventuale riduzione del personale deve essere contrattata”.

C’è dell’altro

Come di consueto anche questa intesa, prima della sottoscrizione definitiva, deve essere sottoposta alle assemblee dei lavoratori e delle lavoratrici. Ma non solo, afferma Saccone: “Abbiamo vincolato questo accordo al fatto che il ministero del Lavoro deve non solo garantire le risorse per gli ammortizzatori sociali, ma deve anche mettere la firma sull'impegno alla non unilateralità. Il 23 aprile potrebbe cambiare lo scenario della proprietà, non esistono accordi che impediscano alle aziende né di rimangiarsi gli impegni né di fare cose traumatica. Una cosa esiste: il fatto che questa azienda è sotto la golden power statale; quindi se il ministero sottoscrive l'impegno alla non unilateralità, se la società di servizi dovesse disattendere questo impegno, il torto non lo farebbe solo alle lavoratrici, ai lavoratori e al sindacato, lo farebbe anche al governo di questo Paese".

E poi la società della rete

Sarà un’azienda nuova, che erediterà certo 20mila addetti ma sarà più stabile dell’altra, riceverà i miliardi del Pnrr, davvero tanti, e vi sarà una partecipazione del ministero dell’Economia. “Dovremo discutere il piano industriale e il perimetro occupazione, sottolinea Saccone –, ma penso che avremo tempo per una gestione condivisa e non particolarmente complessa. Più rischi li corre quella dei servizi. Per questo penso che abbiamo sottoscritto un accordo equilibrato”.