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È vero: la scorsa settimana Bruxelles ha dato il via libera al pagamento della sesta rata del Pnrr all’Italia. Grandi festeggiamenti alla corte del governo, ma davvero va tutto bene? Certo, gli obiettivi che dovevamo raggiungere per ottenerla li abbiamo traguardati; peccato che fossero per lo più riforme da approvare, mentre dal punto di vista delle opere realizzate e dei soldi davvero spesi, siamo indietro. Con la spada di Damocle del giugno 2026, data entro la quale tutte le risorse in arrivo da Next Generation Eu dovranno essere spese pena la restituzione.
La sesta rata del Pnrr
È in arrivo un bonifico di 8,7 miliardi di euro, di cui 1,8 miliardi in sovvenzioni e 6,9 miliardi in prestiti. La Commissione europea ha stabilito che l'Italia ha completato in modo soddisfacente le 23 tappe fondamentali e i 16 obiettivi stabiliti necessari a far partire il mandato di pagamento, ma – lo dicevamo – molto riguarda riforme approvate e non opere realizzate e nemmeno cantierate. Non solo, scrive sul Fatto Quotidiano l’economista docente all’Università di Bari Gianfranco Viesti che dietro il raggiungimento degli impegni presi si cela un trucco: molti degli obiettivi sono stati spostati in avanti, concentrando così nell’ultimo anno del Piano tutti i traguardi da tagliare.
Pnrr e Corte dei Conti
La Corte dei Conti in queste ore ha presentato la Relazione sullo stato di avanzamento del Pnrr nel secondo bimestre del 2024 e i risultati sono davvero poco consolanti. Solo il 30% delle risorse è stato speso, il 66% di quelle che andavano spese entro quest’anno. I progetti che vanno peggio? Quelli del piano casa, l’edilizia residenziale pubblica e quelli che riguardano le infrastrutture energetiche. Va meglio per quanto riguarda le infrastrutture ferroviarie, ma – avverte la Corte – oltre la metà degli investimenti sono concentrati al Nord. Conferma ulteriore di quanto poco questo governo sia attento al Sud, nonostante il vincolo del 40% di investimenti da destinare al Mezzogiorno, ma l’esecutivo con il mantenimento degli impegni ha più di una difficoltà.
Pnrr senza trasparenza
Si conosce ben poco dello stato reale di avanzamento del Piano, la ragione è semplice: Meloni ha concentrato tutto dalle parti di Palazzo Chigi, nelle mani dell’allora ministro Fitto, oggi in quelle del ministro Foti. E poi in violazione alle stesse indicazioni europee che prevedevano – ormai non si può che parlarne al passato – il partenariato con le organizzazioni sociali, le parti sociali tutte sono state escluse, anche dalle informazioni. Manca trasparenza, e a ricordarlo è stato il segretario nazionale della Cgil Christian Ferrari che commentando la nomina di Foti ha detto: “Centralizzazione delle decisioni e indisponibilità al confronto non possono però nascondere la realtà: se andrà bene, nel 2024 l’Italia riuscirà a spendere 22 miliardi di euro delle risorse Pnrr, per un totale complessivo di circa 64 miliardi. I restanti 130 miliardi dovrebbero essere spesi tutti entro il 2026, una missione praticamente impossibile, su cui peraltro si fondano le previsioni di crescita del Pil contenute nei documenti di programmazione economica”.
Pnrr e Pil
In realtà questa è una delle grandi questioni. La manovra di bilancio è fondata su una previsione di crescita sovradimensionata rispetto alla realtà, a dirlo è l’Istat: “Il Pil italiano è atteso crescere dello 0,5% nel 2024 e dello 0,8% nel 2025”, circa la metà di quanto previsto dall’esecutivo. Ed è bene ricordare che il Piano strutturale di bilancio nonché l’intera legge finanziaria sono costruite su quei numeri, sbagliati. E per di più vista l’assenza di investimenti in manovra, tutta la crescita dei prossimi anni è affidata solo a quelli del Pnrr.
Chi si assume la responsabilità?
“Rispetto a quanto previsto dall’esecutivo nel Piano strutturale di bilancio il Pil, secondo le stime dell’Istat, crescerà della metà nel 2024 e di 0,4 punti percentuali in meno nel 2025. È l’ennesima conferma dei miseri risultati delle politiche economiche e sociali portate avanti dal governo”. È il commento di Ferrari che ha aggiunto: “In questo scenario, solo chi vive in una realtà parallela può continuare a sbandierare record ormai del tutto immaginari. Infatti, i dati dimostrano un’economia in evidente crisi, una produzione industriale in continuo calo e la cassa integrazione in forte aumento. Come abbiamo rivendicato nello sciopero generale dello scorso 29 novembre, serve far crescere i salari e le pensioni, rilanciare gli investimenti sia pubblici che privati, mettere in campo politiche industriali in grado di invertire il declino produttivo in corso”.
Negare la realtà non serve
Il punto è questo: Meloni continua a raccontare una realtà inesistente, un mondo del bengodi che però vede solo lei. Negando ciò che è sotto gli occhi di chiunque sappia leggere i numeri ed è vita vissuta di cittadini e cittadine, così come rifiutando un confronto serio con le parti sociali, non si fa altro che aggravare la situazione. E l’ultimo Rapporto del Censis sta lì a dimostrarlo. Ha aggiunto il segretario generale: “La presidente del Consiglio sta ignorando le centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori scesi in piazza per chiedere di cambiare in profondità una manovra di bilancio sbagliata e controproducente. Farà finta di niente anche di fronte a numeri così impietosi e preoccupanti per le prospettive del Paese? Per quanto ci riguarda, la nostra battaglia proseguirà per ottenere risposte per le persone che rappresentiamo”.
Il Pnrr va a rilento
È sotto gli occhi di quanto vogliano provare a capire. Gli ultimi conti li ha fatti Uil Servizio lavoro, coesione e territorio, i risultati sono davvero preoccupanti. Un numero su tutti, il Pnrr nasce a seguito della pandemia e del manifestarsi della fragilità della sanità soprattutto quella di territorio, ebbene lo stato di avanzamento della Missione 6 – Salute appunto – è di poco superiore all’11% mentre la 5 Inclusione e Coesione ha speso solo il 8,2% delle risorse previste. Secondo questo studio, insomma, a fine luglio questi i dati disponibili siamo sotto il 30% delle risorse impegnate: “Su 194,4 miliardi di euro stanziati sono stati attivati 256.792 progetti, mentre ammonta a 136,5 miliardi di euro (70,2% del totale) il valore dei progetti ammessi a finanziamento ma solo 51,3 miliardi di euro (26,4% del totale) è la spesa effettiva”. Non si riesce a “mettere a terra” le risorse. È talmente vero che la capacità di spesa è uno dei problemi più rilevanti che il Paese si trova ad affrontare, che il ministro dell’Economia Giorgetti ha appena emanato un decreto attuativo che semplifica le procedure per l'erogazione delle risorse destinate al finanziamento degli interventi previsti dal Pnrr.
Alcune proposte per gli ultimi due anni di Pnrr
Arrivano dalla Cgil e servirebbero a velocizzare un Pnrr che procede, come si è visto, davvero a rilento. “Ci auguriamo che il nuovo ministro per il Pnrr, la Coesione, il Sud e gli Affari europei, Tommaso Foti, dia un segnale di netta discontinuità e inauguri il mandato coinvolgendo immediatamente le forze sociali nella Cabina di Regia Pnrr”. Così il segretario confederale Ferrari: “Il sito istituzionale del governo ha informato che, nei giorni scorsi, si è svolta a Palazzo Chigi la riunione della cabina di regia Pnrr dedicata alla verifica dello stato di attuazione del Piano e del grado di avanzamento degli obiettivi della settima rata. Anche questa volta – ha aggiunto Ferrari - pur essendo previsto dalla legge, non sono state convocate le parti sociali, che non sono coinvolte ormai da un anno. Si sta, di fatto, svuotando il ruolo della cabina di regia”.
Per di più, anche rispetto agli obiettivi raggiunti non tutto è oro ciò che brilla. “Oltretutto – ha proseguito il dirigente sindacale - molte riforme previste dal Pnrr, pur formalmente varate, risultano sostanzialmente inattuate, o comunque condizionate dalle politiche di austerità e di riduzione degli investimenti pubblici portate avanti dall’esecutivo. È necessario dare risposte su temi cruciali come: salute e sicurezza; appalti; contrattazione e salari; creazione di lavoro di qualità, soprattutto per giovani e donne; politiche industriali e un nuovo modello di sviluppo che sia ambientalmente e socialmente sostenibile”.