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Nel corso degli ultimi dieci anni sono ben 37 i miliardi di euro sottratti alla sanità del nostro Paese. Mancati investimenti, blocco del tour over, taglio di posti letto e di presidi ospedalieri, mancata sostituzioni di macchinari divenuti obsoleti, tetto alla spesa del personale bloccata a quella del 2014 meno l’1,4%, e potremmo continuare, hanno reso il Ssn fragile ed esposto ad ogni intemperie a cominciare dalla pandemia.
Le risorse che l’Italia potrebbe utilizzare per l’emergenza sanitaria ammontano a 37 miliardi. Sono quelle del Mes, un prestito, certo, ma a tasso molto molto basso, disponibili subito e vincolati, si possono utilizzare solo per tutelare e migliorare la salute di cittadini e cittadine.
Nella Legge di Bilancio all’attenzione del Parlamento, il capitolo di spesa dedicato a questo settore ammonta a 121 miliardi e 370 milioni di euro. Sono circa 3,5 miliardi in più rispetto a quelli programmati prima dell’arrivo del coronavirus, ma secondo la Cgil l’incremento non è sufficiente a coprire le spese autorizzate, soprattutto per dare stabilità alle assunzioni di personale.
Infine, la quarta cifra, quella che probabilmente lascia davvero l’amaro in bocca, tanto più se letta insieme alle dichiarazioni che affermano la non intenzione di attivare le risorse del Mes. Dalle anticipazioni sembrerebbe che il capitolo sanità del Piano nazionale di rilancio e resilienza, quello per l’utilizzo dei fondi del Nex Generation Ue, è l’ultimo e vi sarebbero destinati solo 9 miliardi, 4,8 per assistenza di prossimità e telemedicina, 4,2 per innovazione ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria
Ad ottobre Cgil Cisl e Uil hanno redatto un Documento “Finanziamenti ordinari e straordinari per la ripresa e il rilancio del Welfare sanitario e socio sanitario”, in cui oltre ad indicare quali dovrebbero essere i capitoli di riforma per rilanciare il Ssn, si chiede con forza “l’utilizzo delle risorse messe a disposizione dal Mes, perché quei 37 miliari, che corrispondono esattamente ai tagli effettuati alla sanità pubblica negli ultimi dieci anni, sono un’occasione velocemente attuabile e irripetibile per ammodernare e rafforzare il Sistema sanitario italiano”.
Certo è che di soldi ne servono davvero tanti e al momento quelli destinati alla salute dei cittadini e delle cittadine, benché siano aumentati rispetto agli scorsi anni, sono ancora troppo pochi. I miliardi appostati in Legge di Bilancio, ad esempio, sono insufficienti e soprattutto devono essere resi strutturali. “Parzialmente positivo", è la valutazione di Rossana Dettori, segretaria nazionale della Confederazione di Corso d’Italia, l’aumento del Fabbisogno Sanitario Nazionale 2021 ma "occorre fare uno sforzo maggiore per rendere strutturali negli anni il Fondo e le misure per l’assunzione e la stabilizzazione del personale e per il rinnovo dei contratti di lavoro". Certamente positivo è ‘l’ulteriore stanziamento di 2 miliardi per l’edilizia sanitaria innovazione tecnologica, ma ben più rilevante e urgente – sottolinea la dirigente sindacale – è avviare la discussione sul Piano nazionale per la ripresa e la resilienza per l’utilizzo dei fondi di Next Generation Eu e Mes”.
Quello che invece manca totalmente nella manovra sotto esame delle Camere è un riferimento, anche minimo, al grande tema della non autosufficienza, una questione rilevantissima, basti pensare che l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito come nuove epidemie proprio la cronicità, la non autosufficienza e il disagio mentale. Ebbene il governo sembra non essersene accorto nonostante proprio il Covid abbia messo in evidenza che quelle siano le fragilità più colpite dal virus. “Insomma - chiosa Dettori - una Legge di Bilancio con alcune note positive ma nel complesso timida e insufficiente”.
Ed allora in sede parlamentare, suggerisce la Cgil, alcune correzioni dovrebbero essere fatte. Innanzitutto occorre render stabile l’aumento del Fondo Sanitario e magari implementarlo come chiesto dall’emendamento presentato dalla Confederazione. Inoltre, chiede Corso d’Italia, le risorse destinate per l’indennità di esclusività per la dirigenza medica (che deve essere estesa a tutta la dirigenza sanitaria), cosi come l’indennità di funzione per infermiere e infermieri (che bisogna prevedere anche per tutte le professioni sanitarie e socio assistenziali) devo essere parte integrante del rinnovo contrattuale.
Infine, sarebbe bene esplicitare che il personale, sia quello impiegato nel territorio che negli ospedali, reclutato per affrontare la pandemia deve essere assunto in maniera definitiva e quindi occorre prevedere e destinare le risorse necessarie alla stabilizzazione di tutto il personale precario.