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Bene che si sia deciso di destinare il 40% delle “risorse territorializzabili del Pnrr alle otto regioni del Mezzogiorno” ma, secondo la Cgil, se il metro di valutazione dell’efficacia degli interventi deve essere - come è giusto che sia – la riduzione delle diseguaglianze sociali e dei divari territoriali, allora c’è un problema. Infatti, secondo Corso d’Italia: “non ci sono indicazioni puntuali sul riparto di questi 82 miliardi per missione e per componente che possano consentire di qualificare questo investimento: quali saranno i principali progetti finanziati, su quali settori, con quali effetti?”
Certo è che il Covid ha soltanto approfondito le differenze territoriali e sociali già profondamente presenti ben prima che il coronavirus si affacciasse anche da noi. Basti pensare che secondo i dati ufficiali dell’Istat e dell’Agenas chi nasceva al Sud aveva già prima del 2019 ben due anni in meno di aspettativa di vita rispetto ad un coevo nato al Nord. Figuriamoci oggi. E allora, se è un bene che nel Pnrr non vi sia un capitolo specifico sul Sud, in questo modo il Mezzogiorno fa parte della tensione che l’intero documento dedica allo sviluppo del Paese “A maggior ragione, però, sarebbe necessario avere indicazioni analitiche sul riparto degli investimenti tra Nord e Sud del Paese”.
E lo stesso vale, forse vale ancor di più, per il fondo ReactEU, quello che stanzia risorse aggiuntive proprio per la coesione. La Cgil ricorda che mentre nella versione dello scorso 12 gennaio del Piano, il riparto di questo fondo era esplicitato, questa volta non c’è nessuna indicazione sull’impiego e la destinazione di questi 13,5 miliardi. “È ancora valido – si domandano a Corso d’Italia – il riparto precedente?”.
Ovviamente sullo sviluppo dell’area del Paese con gli indicatori più bassi incideranno certamente risorse, investimenti e progetti messi in campo, ma anche le riforme che accompagnano il Pnrr, è lo stesso Piano ad indicarle: quelle utili a migliorare la pubblica amministrazione che consentiranno di “mettere a terra” più rapidamente i progetti. Poi, assai importante per i cittadini delle aree svantaggiate, è la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per i principali servizi sociali.
Infine, la Cgil ritiene che anche il fondo di 600 milioni previsto per la razionalizzazione delle procedure sul credito di imposta e per le altre agevolazioni alle imprese collocate nelle Zone economiche speciali del Sud, così come le procedure per le agevolazioni alle imprese collocate nel Mezzogiorno: "Va collegato con la riforma del riordino normativo di tutte le incentivazioni alle imprese, che richiede un apposito provvedimento legislativo”.