Mentono sapendo di mentire o sono inconsapevoli di quel che fanno. La premier Meloni, il ministro dell’Economia Giorgetti e il suo viceministro Leo, per non parlare di parlamentari e dirigenti di FdI cui è affidato il compito di diffondere la verità ufficiale, continuano a ripetere che la manovra di quest’anno taglia le tasse a lavoratori e lavoratrici, che loro si occupano di chi lavora e altri – leggi il sindacato – no. Peccato che tutto questo non sia vero. Le tasse a lavoratori e lavoratrici e ai pensionati non vengono abbassate affatto e, anzi, rispetto allo scorso anno ci perdono. Basta prendere la legge di bilancio, le tabelle allegate e simulare ciò che accadrà dal 1° gennaio in poi. È quel che ha fatto la Cgil nazionale e il Consorzio Caaf Cgil .

Finanziaria: la simulazione

Sono stati presi tutti i redditi compresi tra 8.500 e 45 mila euro da lavoro dipendente, quelli cioè che nel 2020 hanno beneficiato del taglio del cuneo contributivo (7 o 6 per cento) e nel 2025 saranno interessati da una delle due misure previste dalla manovra: il bonus con percentuale che decresce al crescere del reddito (fino a 20 mila euro), e l’ulteriore detrazione fissa (pari a 1.000 euro per i redditi da 20 mila a 32 mila euro) e variabile (da 32 mila a 40 mila euro) con decalage che riduce progressivamente i benefici fino a zero.

A rimetterci sono i redditi bassi

Il risultato di questa simulazione toglie il velo dalle menzogne del governo. A conti fatti, correttamente risulta che tutti i redditi sotto i 35 mila euro previdenziali avranno nel 2025 una riduzione del netto in busta paga rispetto al 2024 (tranne il reddito di 25.500 euro che registra un modestissimo incremento). Inoltre, paradosso dei paradossi, le maggiori perdite si concentrano su tre redditi: 15.500, 16 mila e 16.500 euro, proprio i più bassi.

Come mai? Anche questo è presto detto: in assenza del cuneo contributivo, a parità di imponibile previdenziale annuo, l’imponibile fiscale annuo risulta essere inferiore ai 15 mila euro per cui la detrazione per lavoro dipendente è inferiore di circa 1/3 rispetto a quella riconosciuta nell’anno d’imposta 2024, mentre il bonus previsto per il 2025 per questi tre redditi non compensa il minor importo della detrazione per redditi di lavoro dello stesso anno. Altro che riduzione delle tasse.

Chi ci perde e quanto

I numeri non mentono. Con il passaggio dalla decontribuzione alla fiscalizzazione dei benefici, la stragrande maggioranza dei lavoratori e delle lavoratrici – quelli con redditi fino a 25 mila euro e poi quelli dai 26 mila ai 35 mila – non solo non vedrà 1 euro in più in busta paga, ma ci perderà pure: fino a 200 euro annui sotto i 35 mila, e con punte di perdita anche di oltre 1.000 euro in alcune fasce. 

Chi ci guadagna

Qualcuno a cui un po’ le tasse effettivamente verranno abbassate c’è. Sono i lavoratori e le lavoratrici dipendenti che hanno redditi dai 35.500 euro in su. Come? Chi appartiene a questo primo scaglione riceverà 79 euro al mese in più dello scorso anno, e di scaglione in scaglione questa cifra diminuirà fino ad azzerarsi per quelli che guadagnano 44 mila euro l’anno. Ovviamente, per tutti, stiamo parlando di lordo.

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Menzogna delle menzogne

Meloni e i suoi continuano a raccontare che la riduzione del cuneo fiscale e quindi della riduzione delle tasse degli scorsi anni è merito di questo governo. Anche in questo caso mentono sapendo di mentire. A introdurre quella riduzione fu il Governo Draghi accogliendo una richiesta dei sindacati. Meloni, con la legge di bilancio del 2022 e poi del 2023, non ha fatto altro che confermare quella misura, dimenticandosi però di restituire il drenaggio fiscale, e così la riduzione del cuneo, i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, se la sono pagata da soli.

Ripristinare la realtà è doveroso

A rimettere le cose in chiaro ci pensa il segretario nazionale della Cgil Christian Ferrari: “Il cosiddetto cuneo fiscale, che vale – tutto compreso – circa 17 miliardi, viene venduto per il terzo anno di fila come nuovo sostegno ai lavoratori. In realtà, oltre alla conferma dell’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef, c’è semplicemente la fiscalizzazione della vecchia decontribuzione, che avevamo conquistato e allargato negli anni scorsi, dal Governo Draghi in poi”. Prima menzogna svelata.

Chi paga?

I soliti, spiega ancora Ferrari: “Il tutto è interamente finanziato da lavoratori e pensionati i quali, nel 2024, pagheranno circa 17 miliardi in più di Irpef, a causa soprattutto del drenaggio fiscale che non viene restituito. Questo vuol dire che, con i rinnovi contrattuali e la rivalutazione delle pensioni, è cresciuto il reddito nominale, ma con esso anche la pressione fiscale, decurtando il reddito effettivo delle persone”. Seconda menzogna svelata.

E allora la considerazione non può che essere una. “Il meno tasse per tutti non vale, evidentemente, per chi vive di salario o di pensione, che continua a garantire sempre più gettito Irpef, mentre tutti gli altri pagano sempre meno", aggiunge il dirigente Cgil: “Si tratta, in sostanza, di una grande partita di giro a saldo zero, con il governo che con una mano dà, e con l'altra si riprende tutto. La nostra richiesta è che si ponga innanzitutto rimedio a queste distorsioni. Comunque, non è così che si affronta una questione salariale, che nel nostro Paese è ormai grande come una casa”.

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Questione salariale? Al governo non interessa

Salario minimo no, risorse per rinnovare i contratti pubblici dignitosamente no. Disinteresse nei confronti di lavoratori e lavoratrici, sì. E questa è la terza menzogna svelata. La conclusione di Ferrari è netta. “E che il Governo non voglia neppure affrontare la questione salariale lo dimostra lo stanziamento di fondi per rinnovare i contratti del pubblico impiego (oltre tre milioni di lavoratrici e lavoratori), sufficienti a coprire appena un terzo dell’inflazione cumulata, e la scelta grave di un accordo separato nel rinnovo del Ccnl delle Funzioni centrali, che programma una riduzione pesantissima dei salari reali delle lavoratrici e dei lavoratori interessati. In questo modo si manda un pessimo segnale anche per il settore privato, dove milioni di lavoratori attendono il rinnovo contrattuale”.

Che sciopero generale sia

Davvero Meloni pensa che lavoratrici e lavoratori non sappiano distinguere le menzogne dalla verità? Davvero pensa che non sappiano far di conto e con la busta paga di gennaio non si accorgano che pesa meno di quella di dicembre? Scoprirà il prossimo 29 novembre che quando incroceranno le braccia, lasceranno i propri posti di lavoro per scendere in piazza e scioperare, lo faranno perché sono stanchi di menzogne e prese in giro.

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