È vero l’Italia ha un debito pubblico elevato; è vero il Governo Meloni pochissimi mesi fa ha sottoscritto le nuove norme europee che riportano il Paese all’austerità; è vero le risorse a disposizione sono poche visto che nonostante le magnificenze raccontate la crescita del Pil ricorda i prefissi telefonici. Tutto vero, ribadiamo, ma nonostante questo la manovra è frutto di scelte. È forse la legge che più di altre racconta quale sia la filosofia di fondo che chi siede – pro tempore – a Palazzo Chigi vuole affermare. Se ancora non si fosse capito quella di Meloni, sostenuta da ministre e ministri, è quella che – non dicendolo esplicitamente – va ridotto tutto ciò che ha il sapore di pubblico, spostando tutto quel che si riesce sul privato e sul mercato. Lo stato leggero, dunque che ha molto il sapore del neo liberismo che pensavamo esserci messi alle spalle.

Strada sbagliata per il Paese

L’analisi la compie la Confederazione di Corso d’Italia che dice: “Con una crescita del Pil dello ‘zero virgola’, diciannove mesi consecutivi di calo della produzione industriale, la povertà in aumento, l’economia sommersa in espansione, un lavoro sempre più precario, è stata varata una manovra di bilancio che non solo non risolverà alcun problema, ma peggiorerà ulteriormente la situazione”. E già perché tagli su tagli, al sociale ma non solo, anche agli investimenti, e in assenza di una politica industriale sarà l’intero Paese a fermarsi e a pagarne lo scotto.

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Il disprezzo di Parlamento e forze sociali

La manovra è arrivata alla Camera in grandissimo ritardo rispetto alle tabelle di marcia stabilite per legge, ma si sa l’Esecutivo in carica tende a piegare le norme a suo piacimento. Ma cosa assai più grave, per la prima volta da quando abbiamo memoria, non è stato previsto nessun incontro, figuriamoci confronto, con le parti sociali. Il commento della Cgil è netto: “Tutto è stato deciso in maniera arrogante e autoreferenziale, senza neppure confrontarsi con le forze sociali: scelta che non ha precedenti. Di fronte a decisioni che non solo danneggiano le persone che rappresentiamo, ma porteranno a sbattere tutto il Paese, non possiamo restare a guardare. Andremo avanti con ogni iniziativa utile per determinare un cambiamento delle politiche economiche e sociali”.

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Tagli non solo al welfare

Lo dicevamo la manovra, pur nel rispetto dei vicoli europei, si sarebbe potuta scrivere in maniera diversa, è frutto di scelte. Invece che tagliare tutto ciò che è pubblico a cominciare dal welfare, si può decidere di andare a prendere le risorse là dove ci sono, grandi patrimoni, evasione, extra profitti ecc, e si può decidere di allocarne diversamente altre. Un esempio, spostare una quota di quanto previsto per le spese militari sulla sanità. Lo afferma, in una nota, la Cgil nazionale che illustra come la manovra sia: “Un vero e proprio festival dei tagli al welfare universalistico, agli investimenti e ai servizi pubblici che – avverte la Confederazione – si scaricherà per intero sulle fasce popolari, già brutalmente impoverite da un’inflazione da profitti che, tra le altre cose, ha determinato, negli ultimi 4 anni, la drammatica riduzione del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, mentre gli utili netti in molti settori sono decollati”. Infine una vera e propria beffa, ricordate le pensioni minime, questa la promessa elettorale, sarebbero arrivate a 1000 euro. Ebbene no! L’aumento c’è ma ridotto rispetto agli impegni presi, raggiungerà la fantastica cifra di 3 euro (tre, non è un errore) al mese.

Pubblico è brutto

Questa deve essere la convinzione di Meloni, Zangrillo e Giorgetti, e così con un sol colpo si tagliano ai ministeri 7,7 miliardi in tre anni, dal 2025 al 2027, solo il prossimo vedrà meno 2,64 miliardi e altrettanti per gli enti locali dal 2025 al 2029, oltre quanto già disposto dalla precedente legge di bilancio. Siccome non si può non pagare luce e gas, come si risparmierà? Innanzitutto si scopre che surrettiziamente è stato reintrodotto il blocco del tour over nella pubblica amministrazione con un risparmio di spesa di 571 milioni di euro all’anno dal 2026. Con buona pace della promessa di un piano di assunzione straordinario per ringiovanire la pubblica amministrazione e renderla adeguata alle nuove necessità che la digitalizzazione porta con sé. E in barba al fatto che – come ricordato durante la manifestazione delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici lo scorso 19 ottobre – ne mancheranno da qui al 2030, 1 milione e 200mila addetti.

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L’istruzione

Diritto garantito dalla Costituzione ma che con i tagli previsti dalla manovra sarà difficilissimo rispettare. Come si traduce il taglio lineare a Ministero? In taglio agli organici. Il conto è presto fatto, si eliminano 5.660 posti per insegnati e 2.174 posti per personale amministrativo e ausiliario. Come si farà a garantire il tempo pieno nelle regioni meridionali? Come si farà a garantire le attività di sostegno ai ragazzi e alle ragazze, soprattutto a quelli più fragile? E tutte le attività legate al Pnrr che si scaricano sulle segreterie delle scuole come saranno evase? E quale sarà il destino degli oltre 250mila precari? Per non parlare delle risorse per il rinnovo del contratto che non sono proprio menzionate. Non foss’altro che per questo, ma c’è molto altro per cui protestare, il prossimo 31 ottobre il personale della scuola sarà in piazza, chiamato dalla Flc Cgil, per rivendicare un contratto giusto e un lavoro stabile.

La sanità

Meloni ha girato un video per raccontare quante risorse, a suo dire mai così tante, sono state destinate alla sanità. Falso! Il ministro Schillaci più volte aveva annunciato che ci sarebbero stati almeno tre miliardi aggiuntivi rispetto allo scorso anno e invece saranno al massimo 1miliardo e 300miliano ma di questi una parte sono già “spesi” per impegni presi precedentemente, quindi se tutto va bene arriveranno 900 milioni, così non si coprono nemmeno i costi dell’inflazione. Di quei 900 milioni, 50 andranno a finanziare le indennità aggiuntive per medici e infermieri che operano nei pronto soccorso, 50 per le indennità di specificità dei medici e 50 per il personale sanitario, un incremento di ben 17 euro al mese per i medici e 7 euro al mese per il personale del comparto. Lordi eh, beninteso. Per il rinnovo del contratto risorse solo per un terzo della perdita del potere d’acquisto, nulla per i restanti 2/3 così come nulla per  superare i limiti alla contrattazione di secondo livello tranne uno 0,22% sul monte salari 2021. Nulla per il piano straordinario di assunzioni, mentre ci sono 184,5 milioni di euro per il taglio delle liste d’attesa, peccato che andranno quasi tutti ai privati visto che il Governo ha incrementato ulteriormente il limite di spesa verso la sanità privata.

Il lavoro pubblico

Il Governo è davvero sordo a qualunque richiesta, anche in questo caso i tagli la fan da padroni, innanzitutto quelli al personale, portato avanti di nascosto. Lo dicevamo si reintroduce il blocco parziale del tuor over, su 4 in quiescenza solo 3 verranno sostituiti. E poi attraverso le risicatissime risorse per il rinnovo dei contratti si conferma il taglio del potere di acquisto delle buste paga dei dipendenti pubblici dei 2/3. E tagli al personale sono anche quelli che scaturiranno dalla mancata stabilizzazione dei precari. Infine, con gli incentivi a rimanere al lavoro fino a 70 anni, in realtà si taglia la possibilità di rinnovare la pubblica amministrazione attraverso le assunzioni di giovani.

Tagli alla sicurezza

Altra retorica meloniana, la centralità dei lavoratori e delle lavoratrici che garantiscono sicurezza. Falso! Sono previsti 1,5 miliardi di tagli al ministero dell’Interno, tagli lineari che costituiscono una mazzata e incideranno negativamente su tanti fronti a iniziare dalle assunzioni, per arrivare all’acquisto di mezzi, apparecchiature, politiche alloggiative, formazione, fino all’acquisto di beni di copisteria. Altro che investimenti in sicurezza.

Cambiare direzione

La strada da intraprendere è diversa, la via la indica la Cgil che sostiene che le risorse per evitare i tagli si dovevano prendere dove si sono prodotte, ci sono alcuni settori che hanno fatto profitti stratosferici e poi: “E’ da una seria lotta all’evasione fiscale, che andavano recuperate le risorse necessarie a rispettare i parametri del nuovo Patto di Stabilità, cui l’Esecutivo italiano ha purtroppo dato via libera nel Consiglio europeo”. “Si è scelto deliberatamente di non farlo, preferendo – aggiunge la Cgil – ridurre ulteriormente i dipendenti pubblici (a partire da insegnanti e personale scolastico), tagliare ancora una volta le risorse agli enti locali, rinunciare alle indispensabili assunzioni nella sanità, prevedere interventi peggiorativi in materia previdenziale, privarsi della stessa possibilità di mettere in campo politiche industriali in grado di invertire un declino produttivo sempre più evidente”. Non rimane che mobilitarsi in tutte le forme che la Costituzione e le norme prevedono, per far sentire la voce del lavoro.

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