PHOTO
Se ancora ce ne fosse bisogno, la conferma è arrivata: il governo ha deciso di affossare Comuni e Regioni, scaricando su di loro l’eventuale aumento delle tasse attraverso le imposte locali. L’obiettivo sembra chiaro: tutto ciò che è pubblico va ristretto ai minimi termini. La legge di bilancio non mente, tagli su tagli previsti fino al 2027 e alla fine i servizi delle nostre città saranno ridotti al lumicino, non saranno messe in sicurezza strade ed edifici pubblici né abbattute le barriere architettoniche. E mentre non si fa in tempo a contare i danni di un’alluvione, Meloni riduce pure gli stanziamenti per la messa in sicurezza del territorio.
I tagli di quest’anno si sommano a quelli del 2024
È l’Anci in Parlamento a ricordare come già la legge finanziaria dello scorso anno aveva inflitto ai Comuni un taglio di 1 miliardo e di ulteriori 300 milioni per il periodo 2024-2028, eppure la spesa degli enti locali incide solo per il 6,5% della spesa pubblica. Davvero poco se si pensa che in capo ai sindaci c’è il welfare locale a cominciare dagli asili nido per i quali devono reclutare e poi pagare il personale. Non solo, sempre in capo ai primi cittadini c’è, ad esempio, il pagamento delle utenze dei locali dove bimbe e bimbi vengono ospitati. E ancora a loro compete occuparsi dei più fragili delle proprie città tanto più dopo che Meloni e Calderone hanno abolito con un tratto di penna il reddito di cittadinanza.
I numeri della disfatta
Proviamo a far di conto: con la legge di bilancio dello scorso anno tagli per 1miliardo e 300 milioni, con quella all’attenzione del Parlamento in queste ore è prevista una riduzione della spesa corrente dal 2025 al 2027 di 3 miliardi e 710 milioni. Avete letto bene, 3 miliardi e 710 milioni in meno per pagare gli stipendi dei dipendenti comunali e regionali, le utenze e le spese di funzionamento degli uffici. Ma non solo: anche per pagare la manutenzione delle strade o del verde pubblico e per erogare servizi di welfare locale. Un esempio di tagli? Nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie viene assicurato il servizio di assistenza a bimbi e bimbe con difficoltà da assistenti dedicate che di solito i Comuni appaltano a cooperative specializzate e se mancano le risorse il servizio verrà tagliato e i piccoli rimarranno senza assistenza.
Sindaci preoccupati
“I tagli alla spesa corrente sono quelli che più preoccupano chi amministra le città oggi”, lo afferma Lorenzo Radice, sindaco di Legnano e presidente di Ali Lombardia, che spiega: “Si tratta di quelle risorse con cui i Comuni pagano stipendi, manutenzioni, servizi di ogni genere ai cittadini, che oggi vengono ulteriormente tagliate o che vien chiesto di accantonare per futuri investimenti, in un periodo storico in cui i costi sono aumentati per l’inflazione, per i rinnovi dei contratti di lavoro e per la crescita drammatica dei bisogni sociali, primi tra tutti quelli per i minori e per l’assistenza educativa scolastica dei bambini con disabilità”.
Chi paga i tagli
“Tagliano non a noi, ma ai nostri cittadini, una molteplicità di fondi che i Comuni usano per finanziare progetti di opere tipo abbattimento barriere architettoniche, efficientamento delle scuole, impianti sportivi e stabili comunali, opere per l’assetto idrogeologico, per la mobilità e così via”, incalza Radice. Si fa sentire anche la sindaca di Vizzolo Predabissi (Milano) Luisa Salvatori: “I servizi sociali impattano fortemente nei bilanci dei piccoli Comuni che devono utilizzare i fondi sul titolo 1. Significa che per noi questi servizi valgono il 50% del bilancio. Sono difficoltà insormontabili per i cittadini di ogni età che necessitano di aiuto. Per i sindaci dei piccoli comuni manovre come questa sono fonte di grande preoccupazione”.
E non è finita qui
Non solo tagli alla spesa corrente, il governo ha deciso di falcidiare anche le risorse per gli investimenti, ben 1 miliardo e 450 milioni e sapete da dove si comincia a tagliare? Da quelle per la messa in sicurezza dei territori a rischio idrogeologico: meno 200 milioni solo nel prossimo anno. Domanda: chi va a dirlo alle popolazioni dell’Emilia Romagna o delle Marche o della Toscana e Liguria ecc.? E poi, sempre solo nel 2025, verranno tagliati 115 milioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche e la messa in sicurezza di scuole strade ed edifici pubblici.
Al peggio non c’è mai fine
Il ministro Fitto è in Europa ma continua a fare danni in Italia insieme al ministro dell’Economia Giorgetti visto che per l’ennesima volta sono riusciti a “rimodulare” anche gli investimenti del Pnrr. Spiega una nota della Cgil: “Anche il Piano nazionale complementare (Pnc) al Piano nazionale di ripresa e resilienza, subisce con il ddl di bilancio una serie rilevante di interventi in termini di definanziamenti e di riprogrammazioni delle misure previste. Appare chiaro che il Pnc sta diventando per il governo Meloni un tesoretto da depredare ogni qualvolta si rende necessario. I tagli sono pari a circa 958 milioni di euro”.
E tagli anche al personale
Certo nessuno verrà licenziato ma il numero di dipendenti di Comuni e Regioni si può ridurre in diversi modi. Meloni evidentemente è nostalgica e con Giorgetti ha riesumato il blocco del tour over di berlusconiana e tremontiana memoria. E, in epoca di sottodimensionamento del personale pubblico, soprattutto negli enti locali, ha deciso di fissare l’asticella al 75% del ricambio. Risultato? Meno 159.608.552 euro a decorrere dal 2025 ogni anno.
Affossare gli enti locali non è inevitabile
Il punto è sempre lo spesso, si tratta di priorità e di scelte. Per rispettare gli impegni che Meloni ha preso a Bruxelles basterebbe andare a prendere i soldi la dove sono: profitti, extraprofitti, grandi patrimoni, evasione. Ma la premier preferisce tagliare servizi, welfare, sanità, messa in sicurezza del territorio, abbattimento delle barriere architettoniche e manutenzione di scuole e strade. L’appuntamento, allora, è nelle piazze e nelle strade delle città il prossimo 29 novembre quando si incroceranno le braccia per lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil per dire che un’altra manovra è possibile, un altro modello sociale e di sviluppo è necessario.