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Ma quali successi del governo in campo fiscale! Gli incassi record ottenuti nel 2024 dall’Agenzia delle entrate dalla lotta all’evasione, 33,4 miliardi di euro per l’esattezza, non sono da attribuire ad attività straordinarie messe in campo dall’esecutivo.
Invece sono “in gran parte riconducibili a mera attività di controllo automatizzato di liquidazione, non già ad attività di controllo sostanziale, cioè di effettiva individuazione di maggiori basi imponibili rispetto a quelle dichiarate”. Quindi, nessun rafforzamento degli strumenti contro l’evasione e nessuna azione mirata per far emergere il nero.
Documento di finanza pubblica
Ad affermarlo la Corte dei Conti nell’audizione sul documento di finanza pubblica 2025 alle commissioni riunite Bilancio del Senato e della Camera. Che aggiunge: “Per tale ragione una replica del risultato finanziario del 2024 negli anni successivi potrebbe incontrare crescenti difficoltà, in assenza di un forte incremento dell’attività di controllo sostanziale che interessi tutte le aree ove notoriamente si addensano i fenomeni evasivi”.


I trionfalismi di Meloni
Poche battute, frutto di un lungo lavoro di analisi e approfondimento, che contraddicono le affermazioni trionfalistiche della premier Meloni: solo due mesi fa in un video su X la presidente del Consiglio festeggiava il recupero di evasione più alto di sempre, “una somma mai raggiunta dalla nostra nazione”, e attribuiva gli 8 miliardi in più incassati dal fisco nel 2024 rispetto al 2022 anche alle norme introdotte dal suo governo “contro le attività ‘apri e chiudi’ degli extracomunitari”. E respingeva le accuse di favorire gli evasori e nascondere condoni immaginari.
Nessuna caccia all’evasore
Affermazioni smentite, appunto, dall’organo statale che esercita il controllo di legittimità sugli atti del governo e sulla gestione del bilancio: non c’è stata nessuna caccia all’evasore e nessun aumento della base imponibile. Anzi. I dettagli che forniscono i giudici contabili non lasciano spazio a dubbi.
“Dei 26,3 miliardi di euro, 22,8 sono riferibili ad attività ordinarie (del fisco, ndr) – scrivono nell’audizione -. Come precisato nella relazione, 12,6 sono stati versati dai contribuenti a seguito di un atto dell’Agenzia delle entrate. Non viene precisato, tuttavia, quale sia la diversa natura degli atti che hanno dato luogo a tale introito”.
Controlli automatici
In ogni caso “si può rilevare come l’83 per cento degli introiti attribuiti ad azione diretta dell’Agenzia non derivi da una concreta azione di contrasto dell’evasione sostanziale, ma si ricolleghi ad errori od omissioni nei versamenti conseguenti alle dichiarazioni presentate individuati con modalità automatica”. Quindi 10,5 miliardi su 12,6. Mentre il 75 per cento degli incassi da cartelle: 4,3 su 5,7 miliardi.
Replicare il risultato finanziario del 2024 negli anni successivi potrebbe essere molto difficile, affermano i giudici della Corte, “in assenza di un forte incremento dell’attività di controllo sostanziale che interessi tutte le aree ove notoriamente si addensano i fenomeni evasivi”.
Strumenti utili
C’è poi il tema della tax compliance, cioè l'adempimento spontaneo agli obblighi tributari da parte del contribuente, che ha registrato un miglioramento. Nel settore Iva riflette una tendenza europea che si era già manifestata nel 2022 e che “si ricollega in gran parte all’introduzione negli anni passati in Italia del reverse charge (l’inversione contabile del versamento dell’Iva, ndr), dello split payment (speciale sistema di liquidazione e versamento dell’Iva, ndr), della fatturazione elettronica e al diffondersi dei pagamenti digitali”.


“Pur in presenza di tali importanti strumenti – si legge nell’audizione -, le stime più recenti della Commissione europea indicano un nuovo non trascurabile incremento del gap Iva per il 2023 (14,74 per cento), in una graduatoria che continua a collocare l’Italia tra gli ultimi posti tra i Paesi dell’Unione e sempre a notevole distanza dai livelli di evasione più contenuti che caratterizzano i principali Stati membri”.
Contrastare davvero l’evasione
Secondo la Corte dei Conti, questi dati fanno il paio con quelli dell’evasione Irpef, il cui andamento “nel settore delle attività professionali e delle imprese individuali sembrerebbe continuare ad attestarsi sulla misura, preoccupante, del 65 per cento”.
Le conclusioni sono ovvie: “Alla luce di tali considerazioni, non può che auspicarsi un rinnovato impulso alle attività volte a favorire l’adempimento spontaneo e a contrastare l’evasione fiscale”.