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Mancano pochi giorni agli Stati generali voluti dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte ma il sindacato non ha ancora ricevuto alcun invito ufficiale. Maurizio Landini lo dice chiaro e tondo nel confronto con il direttore de l’Espresso Marco Damilano in occasione dell’edizione 2020 del Festival Sabir: “Circola voce che dovrebbe esserci un coinvolgimento dei sindacati. Al momento mi limito a osservare”. Tra le questioni sotto osservazione c’è sicuramente il Piano Colao. “Qui c’è una prima questione di metodo che va risolta. Quella commissione è stata istituita dal Presidente del consiglio, e quindi sarebbe utile sapere prima di dare un giudizio se quelle proposte sono di Colao e della sua Commissione o del governo. Io non l’ho ancora capito. Noto poi che alcuni componenti hanno deciso di non firmare le proposte quindi si mettano d’accordo loro. Certo è che mi chiedo chi sarà coinvolto in questi Stati generali e di cosa si discuterà. Intanto ricordo, però, che Cgil, Cisl e Uil hanno scritto al Presidente del consiglio venerdì – prima della presentazione del piano Colao - per chiedergli un incontro. È necessaria una discussione strategica: serve una riforma fiscale, una riforma degli ammortizzatori sociali, occorrono investimenti pubblici, investimenti sulla sanità, bisogna lottare contro la precarietà. Detto questo se le proposte di Colao sono quelle del governo ci faremo i conti”.
La situazione economica, come testimoniano le ultime statistiche disponibili a partire da quelle Istat, è difficile: “Sono preoccupato. – ammette il segretario generale della Cgil – La situazione è molto grave perché questa crisi sanitaria sta pesando in modo molto forte sull’economia, quindi un primo tema è come continuiamo a proteggere le persone. Noi abbiamo già chiesto al governo - e anche al Parlamento attraverso miglioramenti al decreto rilancio - una proroga del blocco dei licenziamenti fino a fine anno e una proroga degli ammortizzatori sociali, sugli ammortizzatori sociali proponiamo anche una riforma complessiva e universale che potrebbe utilizzare le risorse europee in modo da evitare che la crisi venga usata per chiudere aziende e licenziare lavoratrici e lavoratori. Finora, però ,non abbiamo avuto risposte e il 17 agosto si conclude il blocco.”
Tamponare l’emergenza tuttavia non è affatto sufficiente perché “non si vive di cassa integrazione” e così il numero uno della Cgil snocciola quella che Marco Damilano definisce un’agenda programmatica. Per Maurizio Landini c’è bisogno di progettare un nuovo modello di sviluppo con scelte di investimento e riforma del Paese. Le risorse a disposizione sono senza precedenti e non ci si può permettere di perdere un’occasione. Innanzitutto, però, bisogna avere chiaro che mercato e imprese da sole non ce la possono fare: “Penso che ci debba essere un ruolo pubblico nell’economia. – chiarisce Landini - Credo che questa crisi abbia confermato e fatto esplodere tutte le fragilità, le diseguaglianze e le contraddizioni che covavano nella nostra società. Ora possono esserci risposte e sbocchi diversi ma per noi diventa importante mettere al centro un’idea di lavoro con diritti e di una società in grado di superare ritardi, limiti ed errori del modello che abbiamo seguito fino ad adesso. Non è scontato e non è facile, ma è possibile così come è possibile cambiare le politiche europee perché anche a Bruxelles si sta aprendo una discussione su come costruire un’Europa sociale, un dibattito che non c’era mai stato seriamente. Il nostro obiettivo deve essere riunificare il mondo del lavoro, combattere la precarietà, affermare una società fondata sulla giustizia sociale”.
Poi Landini scende nel dettaglio: “Il limite del nostro Paese è che in tanti anni non siamo mai stati capaci di fare sistema. Gli altri Paesi sì, noi, invece, siamo bravi e creativi ma non lo facciamo. Questo è il primo problema perché fare sistema significa avere una visione e individuare obiettivi comuni. Intanto sulle risorse europee – dice - vanno utilizzate: per una riforma degli ammortizzatori sociali che siano universali, per la sanità pubblica (il Mes), per progettare (il Recovery Fund)”. Ed è proprio nella progettazione che il ruolo dello Stato diventa determinate: “Quando si parla del ruolo pubblico – spiega il leader della Cgil - c’è bisogno di ripensare anche a un luogo centrale che indirizzi gli investimenti verso i settori strategici”. Qui fioccano gli esempi: la mobilità che vuole dire non solo auto ma anche come si muovono merci e persone e come si costruiscono le città; l’innovazione tecnologica e digitale - per Landini “ci vuole una rete unica che arrivi in tutta Italia e non ha più senso avere due aziende in concorrenza per poi sapere che metà paese non è in rete”; le infrastrutture materiali e sociali; il settore energetico dove ci sono i nodi delle energie alternative e della transizione energetica da sciogliere; scuola, cultura e formazione permanente; e il siderurgico.”
Sono i giorni tesissimi della trattativa ArcelorMittal che ha annunciato – di nuovo – migliaia di esuberi. Per Maurizio Landini è una vicenda emblematica: “Siamo di fronte al rischio che il Paese perda non solo migliaia posti di lavoro ma addirittura l’industria siderurgica, senza la quale si farà fatica a stare al passo con il resto del mondo perché l’acciaio è decisivo per qualsiasi produzione. Ecco quindi un doppio problema: la perdita di posti di lavoro e la regressione a un ruolo subalterno rispetto ad altri Paesi. Una sfida che si può risolvere ancora una volta solo facendo sistema.”
Ma oltre agli investimenti, oltre a risolvere le vertenze aperte e le crisi, altri temi vanno affrontati come la riforma fiscale. “Il nostro Paese ha più di cento miliardi di evasione l’anno, lavoro nero e caporalato sono piaghe da debellare, anche per recuperare risorse e abbassare le tasse. La teoria di non far pagare le tasse a tutti è cavolata. La nostra teoria: abbassare le tasse a chi le ha pagate sempre e farle pagare a chi non le ha pagate mai. Ecco, questo anche è saper fare sistema”.
Maurizio Landini parla di una nuova stagione dei diritti, di un nuovo statuto che cancelli moderne forme di schiavitù perché significa rimettere al centro il lavoro. La scelta insomma – ed è un monito rivolto al governo tanto quanto a Confindustria - è tra rappresentare il lavoro oppure semplicemente profitto e mercato. “Nelle dichiarazioni del presidente di Confindustria Bonomi vedo alcune contraddizioni. Si dice contrario ai finanziamenti a pioggia ma ha chiesto di tagliare l’Irap a tutte le imprese. Sbagliato. Anche un lavoratore in cassa integrazione ha continuato a pagare le tasse, perché non dovrebbe farlo un’impresa che ha aumentato il fatturato? Se poi sul fronte salute e sicurezza Confindustria vuole tutelare chi non applica il protocollo di marzo sta commettendo un grave errore perché aver affermato tutti insieme che la sicurezza sul lavoro viene prima di ogni altra cosa è stato importantissimo. Sulla riduzione del cuneo fiscale siamo pronti a discutere. Tra l’altro noi chiediamo che gli aumenti contrattuali siano detassati. Ma se tutto questo è fatto e detto per non avere più contratti nazionali di lavoro e lasciare mano libera all’impresa è roba vecchia. Penso che sia arrivato il momento che impresa e lavoro si riconoscano pari dignità e assieme affrontino problemi nuovi. Da solo uno non ce la”. A proposito dei contratti Maurizio Landini cita l’ultimo accordo raggiunto proprio oggi dopo 14 anni: “Oggi è stato firmato un contratto molto importante, sanità privata da 12 anni senza rinnovo e finalmente si afferma che ci sono stessi diritti per chi lavora nel pubblico e nel privato. Ma da qui a fine anno scadranno i contratti per 9 milioni e mezzo di lavoratori. C’è da chiedersi come verranno rinnovati quei contratti. Non solo a livello salariale ma anche dal punto di vista dei diritti: è dirimente. Tornando agli Stati generali mi chiedo: il tema della detassazione degli aumenti sarà su quel tavolo? Me lo auguro”.
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