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L'evasione fiscale in Italia, secondo il Report 2019 dell’Istat sull’economia non osservata, nel 2017 ammonta a 109,1 miliardi di euro, di cui 98,3 di mancate entrate tributarie e 11,4 di mancate entrate contributive. Per l’Istituto di statistica l'insieme dell'economia sommersa vale - sempre nel 2017 - circa 192 miliardi: ben il 46,1% (97 miliardi) è costituito dalla sotto-dichiarazione dei redditi, il 37,7% (79 miliardi) deriva dall’impiego del lavoro irregolare., mentre a 16 miliardi ammontano i frutti di altre attività illecite. E ancora, ma stavolta ci riferiamo al 2016, sono mancati all’appello 8,1 miliardi di Ires, 37,1 miliardi di Iva, 5,5 miliardi di Irap e 4,9 miliardi di Imu.
Sempre secondo l’ultimo Report sull’economia sommersa i settori più “interessati” al fenomeno della sotto-dichiarazione sono commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (13,2%), costruzioni (11,9%) e servizi professionali (11,6%). Il fenomeno risulta meno rilevante nelle attività connesse alla produzione di beni alimentari e di consumo (9,2% del totale del settore), nella produzione di beni di investimento (2,4%) ed è marginale nella produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,5%).
L’impiego di lavoro irregolare, invece, ha un peso particolarmente rilevante, pari al 22,7% del valore aggiunto, negli altri servizi per la persona, dove è forte l’incidenza del lavoro domestico, mentre il suo contributo risulta molto limitato nei tre comparti dell’industria in senso stretto (tra l’1,1% e il 3%) e negli altri servizi alle imprese (1,7%). Nel settore primario il valore aggiunto sommerso è generato solo dall’impiego di lavoro irregolare, che rappresenta il 16,9% del totale prodotto dal settore.
Indicativa della realtà italiana è la definizione che l’Istat dà dell’utilizzo del lavoro irregolare. “Il ricorso al lavoro non regolare da parte di imprese e famiglie è una caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano", spiega l'Istituto: "Sono definite non regolari le posizioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative. Nel 2017 sono 3 milioni e 700 mila le unità di lavoro a tempo pieno (Ula) in condizione di non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (2 milioni e 696 mila unità)”.
Recuperare l’evasione è possibile? Secondo Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle entrate, ascoltato in audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei deputati lo scorso 14 settembre, “dei 987 miliardi del 'magazzino' dell'Agenzia (ex Equitalia), 405 (pari al 41%) sono riferiti a soggetti falliti, deceduti, nullatenenti o irreperibili, mentre 17 miliardi sono oggetto di rateazione. Inoltre, 440 miliardi sono già stati oggetti di tentativi di recupero non andati a buon fine, 50 miliardi sono stati sgravati perché illegittimi. I rimanenti 74 miliardi di euro sono comprensivi anche di debiti per i quali, in ragione delle norme a favore dei contribuenti, sono inibite, o limitate, per l'agente della riscossione le azioni di recupero”.
Probabilmente, la riforma fiscale di cui prioritariamente si sente la necessità è quella di una seria lotta all’evasione fiscale. La piattaforma sul fisco di Cgil, Cisl e Uil suggerisce e propone alcune misure: dall’incrocio tra le diverse banche dati, per finire al rafforzamento dell’organico delle istituzioni preposte al controllo e alle verifiche.