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L’allarme l’hanno lanciato in molti, dal professor Andriano Giannola, economista di fama e presidente della Svimez, a Vincenzo De Luca presidente della Campania seguito dai colleghi delle altre regioni meridionali, fino ad arrivare all’Alleanza degli Istituti meridionalisti. Nell’assegnazione delle risorse che dall’Europa arriveranno all’Italia e nella scelta dei progetti prioritari da realizzare. il Sud potrebbe essere, nuovamente, penalizzato rispetto ai territori del Nord. Eppure, ricorda appunto Giannola, se all’Italia arriveranno ben 209 miliardi, un quarto delle risorse stanziate, è proprio perché nel nostro Paese vi sono ben 9 regioni (quelle meridionali appunto) sotto media per il Pil pro capite e sopra media per tasso di disoccupazione.
Uno degli obiettivi principali del piano Nex Generation Eu è, infatti, quello di ridurre i divari territoriali e di promuovere coesione. Ed allora le risorse dovrebbero essere utilizzate proprio in quei territori che più si allontano dai valori medi di sviluppo economico e sociale. Ma cosa è successo per creare tanta preoccupazione? Nella Bozza – perché di bozza si tratta – del Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza, quello che appunto deve essere realizzato con i fondi della Nex Generation Eu, discusso in Consiglio dei Ministri, si fa esplicito riferimento al 34% delle risorse per il Sud. Ma questo parametro è una conquista ottenuta dalle regioni meridionali e voluta fortemente dal ministro Provenzano per destinare le spese ordinarie del Bilancio dello Stato visto che la popolazione meridionale è – appunto – il 34% di quella nazionale ma negli scorsi anni le risorse in conto capitale destinate a quei territori erano di molto inferiori acuendo così le diseguaglianze di sviluppo dalle regionali. Ma le risorse europee, ricordano Giannola e gli altri meridionalisti, non sono pensate per le spese ordinarie ma proprio per ridurre le differenze.
Recita il Manifesto dell’Alleanza degli Istituti Meridionalisti: “…. L’Europa destina il 70% dei suoi fondi per colmare i ritardi. E allora? È tempo che il Mezzogiorno si ribelli democraticamente! Alzi la voce con la sua gente visto che il Parlamento ed il Governo italiani tacciono e avallano il riparto aritmetico! ".
“In realtà, afferma Giuseppe Massafra segretario confederale della Cgil, quali siano gli investimenti reali e i progetti da finanziare al Sud non si sa, e la preoccupazione che monta rischia di essere motivata. Il nodo vero è che politiche di coesione porteranno in Italia una pluralità di risorse e strumenti finanziari: il fondo ReactEU, il Pnrr, il nuovo ciclo programmatico 2021-2027, il Fondo nazionale di Coesione". "E la versa sfida politica dei prossimi 10 anni - aggiunge il dirigente della Cgil - è sostenere una strategia capace di integrare modalità, strumentazione e tempistica dei diversi dispositivi finanziari che stanno per fornire al Paese le risorse necessarie per la riduzione dei divari territoriali e la crescita economica e sociale del Sud",
Preoccupazione e allarme, dicevamo. Proprio in queste ore si sono riuniti, convocati da Vincenzo De Luca, 6 governatori meridionali e hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio Conte, chiedendo un incontro: "E' doveroso osservare, per quanto riferito ai criteri di ripartizione territoriale delle risorse,, che le prime ipotesi circolate si pongono in evidente contrasto con i criteri utilizzati in sede Ue per l'assegnazione delle risorse tra i paesi membri, nonchè con i generali principi di coesione sociale perseguiti dal Trattato di funzionamento della Ue e della nostra Carta Costituzionale".
La conclusione di Giuseppe Massafra è pragmatica: “Chiediamo al Governo di dare attuazione a quanto previsto nel Piano Sud, aggiornandolo e usando al meglio le tante risorse europee che stanno arrivando, perchè questa occasione non si ripresenterà. E diciamo anche al Governo che occorre far ripartire il Mezzogiorno con un protagonismo diverso di tutti gli attori coinvolti, a partire dal mondo del lavoro e da chi lo rappresenta".