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La navigazione e il trasporto delle merci su imbarcazioni di vario genere ha radici lontane nella storia. Nel corso dei secoli lo sviluppo della tecnologia e le esigenze legate alla divisione internazionale del lavoro e al conseguente spostamento di merci dai vari angoli della Terra hanno determinato una crescita continua delle dimensioni delle navi. Se si escludono le primissime zattere, la vera prima grande navigazione dei mari comincia con gli Egizi, i Fenici, e poi con i Greci e i Romani. È impressionante mettere a confronto i tipi di imbarcazioni usate per il trasporto merci e persone nel loro sviluppo nella storia. Le dimensioni e le forme sono rimaste costanti per secoli, fino alla storia moderna, poi c'è stato il salto. I Fenici, grandi navigatori (XXI-IV Secolo a.C.), usavano barche che per i tempi sembravano gigantesche ed erano azionate solo dalla pura forza degli uomini, i rematori, aiutati parzialmente dal vento catturato da pochi metri di vele.. La lunghezza dello scafo di una nave fenicia tipica si aggirava intorno ai 20 metri.
Facendo un salto di secoli arriviamo all’epoca moderna con i galeoni e i velieri che hanno collegato i due Mondi. Anche se erano passati tanti anni dai Fenici e tante barche avevano preso il largo alla fine del XV Secolo le dimensioni delle navi non erano cresciute troppo. La caravella Santa Maria di Cristoforo Colombo (1492), aveva una lunghezza dello scafo 27 metri
Con un altro grande salto dalla storia moderna passiamo alla storia contemporanea. Una delle navi più famose nell’immaginario collettivo mondiale è sicuramente la meganave da crociera Titanic. Naufragato il 15 aprile 1912, aveva una lunghezza dello scafo di 250 metri. Il salto con la storia antica si era quindi realizzato solo tre anni prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Da allora le navi, sia quelle da crociera (vedi lo scandalo delle Grandi navi a Venezia) sia soprattutto quella del trasporto merci sono continuamente cresciute in lunghezza dello scafo, stazza, larghezza. Il gigantismo navale crea una serie infinita di problemi. Riprendiamo qui una intervista dell’Huffingoton Post al professor Luca Lanini, docente di Logistica e Supply Chain Management della facoltà di Economia e Giurisprudenza di Piacenza e Cremona, sulla necessità di ripensare il gigantismo navale. Un recente studio dell’International Transport Forum ricorda che nel lungo periodo i benefici derivanti da navi sempre più grandi rischiano di essere addirittura inferiori ai rischi: i risparmi di costi per container con le mega navi Ulcs sono minimi (non oltre il 20%) mentre la metà dei risparmi sui costi delle nuove imbarcazioni arriva dall’efficienza dei motori di nuova generazione, non tanto dalle economie di scala. A questo si aggiunge un effetto “oligopolio” legato alla concentrazione di mercato in pochi operatori con tutti i rischi di una riduzione della concorrenza. Ultimo elemento critico, l’eccessivo costo di adeguamento infrastrutturale di porti e canali per il passaggio delle meganavi e per le operazioni di banchina (basti pensare al solo pescaggio, 16 metri di fondale per le Ulcs, disponibile in pochissimi porti in assenza di adeguamenti).
La portacontainer Ever Given, protagonista della semiparalisi del traffico mondiale di merci (il 12% passa da Suez) è lunga 400 metri (quattro campi di calcio). E’ una nave portacontainer della classe Golden. Si tratta di una delle tredici realizzate secondo il progetto Imabari 20000 sviluppato dalla Imabari Shipbuilding. A pieno carico, vanta una stazza lorda di 220.940 tonnellate.
E come se non bastasse, siamo anche in una “tempesta perfetta” sui noli. Una tempesta perfetta che era stata usata come metafora anche da Sergio Bologna per descrivere la crisi delle compagnie marittime. Ora il fatto congiunturale del blocco di Suez in questa fine marzo 2021 – spiega ancora Luca Lanini - non deve distogliere l’attenzione dal ben più vasto e impattante fenomeno dell’aumento spropositato del costo dei Noli. Il commercio marittimo è sotto quella che il Financial Times ha definito la “tempesta perfetta”, ossia la sotto capacità di rispondere alla domanda con un prezzo dei noli che è cresciuto del 400% in media ed anche dell’800% in alcuni mesi. In pratica sono “spariti” i contenitori, non si riesce a farli tornare indietro nei luoghi di produzione una volta arrivati a destino. Giacciono accumulati ai porti, nelle aziende spesso chiuse dalla crisi economica del post-covid, su navi che sono state fermate per il calo del commercio. La mancanza di container “là dove servono” e gli effetti potenti sul costo del trasporto ha acceso una “spia” allarmante sulla capacità di autoregolamentazione del mercato, in un contesto dove il connubio fra logistica e commercio è sempre più stretto e interdipendente.