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La vera emergenza meridionale, quella che è determinata dagli altri divari rispetto al Nord ma che contemporaneamente contribuisce a determinarli, è quella demografica. Nascono troppi pochi bambini: l’aspettativa di vita è di due anni inferiore rispetto al settentrione e esistono fortissimi movimenti migratori che portano i giovani meridionali altrove.
Ma la distanza tra le due Italie non nasce oggi, arriva da assai lontano. Senza voler scomodare l’unificazione e Garibaldi, basti scattare la fotografia di quel che era subito dopo la seconda guerra mondiale. I sassi di Matera, grotte e abitazioni dei cittadini del luogo, non erano certo colpa del conflitto, ma semplicemente i luoghi in cui si viveva. E potremmo continuare con gli esempi. La Cassa per il Mezzogiorno, l’intervento straordinario per il quale fu fondata e le partecipazioni statali riuscirono a ridurre il divario Nord-Sud di non poco. Poi è ricominciato il distanziamento. Dal 2008 il Mezzogiorno si è allontanato ulteriormente e progressivamente dal resto del Paese.
Con la crisi economica, tra il 2008 e il 2014 il Pil del Mezzogiorno è crollato del –12,6% contro il –7,2 nel Centro Nord, i consumi sono diminuiti del 12,4% al Sud del 3,8 al Centro Nord. Nel quadriennio successivo, quello del tentativo di ripresa, il Pil è cresciuto del 2,5% esattamente la metà di quel che è cresciuto nel resto del Paese.
Per non parlare delle donne, sono loro le vere vittime della pandemia. L’occupazione femminile è scesa sotto quota 40%: è sempre la Svimez a stimare che tra marzo e maggio dello scorso anno i posti di lavoro al femminile persi siano il doppio di quelli conquistati dalle donne negli undici anni precedenti: 171 mila contro 89mila
Secondo Eurostat le regioni del Mezzogiorno sono al 15esimo posto per disoccupazione. La Calabria è quella che registra la peggiore percentuale con più di una persona su cinque senza lavoro con un tasso di disoccupazione del 20,1 %. Seguono la Campania con il 18% e la Sicilia con il 17,9%.
Ma se l’Italia vuole ripartire non può che cominciare riducendo le distanze tra le sue due parti. Serve una agenda stringente e dettagliata, impegni concreti, investimenti ordinari e straordinari. Bene aver confermato il 34% della spesa ordinaria da destinare al Sud e bene anche che il 40% del Piano di rilancio e resilienza sia dedicato al Mezzogiorno, ma come e per fare cosa?
Rispondere a queste domande e offrire una vera e propria agenda di “cosa da fare” al governo è lo scopo dell’iniziativa “Il Futuro del Mezzogiorno è oggi” organizzata dalla Cgil. Sarà introdotta da una relazione di Giuseppe Massafra, segretario confederale, spetterà poi al professor Francesco Prota: insegna economia politica all’Università di Bari e ragionerà sull’evoluzione dei divari territoriali e le possibili vie dello sviluppo. La discussione sarà arricchita dai contributi di 4 segretari generali di Filcams, Fiom, Filt e Fp, Maria Grazia Gabrielli, Francesca Re David, Stefano Malorgio e Serena Sorrentino.
Il confronto sarà concluso da una dialogo tra il segretario generale della Cgil Maurizio Landini e la ministra per il Sud e la coesione Mara Carfagna. Diretta streaming a partire dalle 10 su Collettiva.