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Valorizzare il lavoro pubblico. Questa la vera scommessa di Nex Generation Eu secondo i partecipanti e le partecipanti all’iniziativa organizzata dalla Fp Cgil, che si è tenuta a Roma il 22 giugno scorso e ha chiamato al confronto i sindacati di Italia, Francia, Spagna, Portogallo. Dal piano europeo, tradotto nei diversi Paesi, arriva certamente una spinta potente all'innovazione e alla digitalizzazione dei servizi pubblici. Ma, hanno sottolineato tutti i sindacalisti e le sindacaliste presenti, questa spinta può nascondere insidie e problemi.
La prima, più grave, è quella della privatizzazione di parti rilevanti dello Stato. Si costruiscono le infrastrutture, dai nidi alle case della salute, e l’erogazione dei servizi si esternalizza. “Il Pnrr - ricorda Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil - stanzia risorse per la costruzione di luoghi fisici, se non si prevedono gli stanziamenti per assumere personale il rischio di privatizzazione è altissimo”.
A lanciare questo vero e proprio allarme è stata Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil e padrona di casa dell’iniziativa, che introducendo i lavori ha sottolineato: “Le riforme previste dal Pnrr, pur coerenti con l’impianto di riprogrammazione, scontino la mancanza di investimenti straordinari e ordinari che dovrebbero accompagnare queste riforme”, a partire dal “mancato potenziamento dell’occupazione nei servizi pubblici”, dove le poche assunzioni previste sono a termine.
Il Pnrr, infatti, si concentra sulle infrastrutture ma non investe sulla occupazione, aprendo la strada alle esternalizzazioni e nel frattempo il precariato aumenta esponenzialmente. La dirigente sindacale ha indicato l’unica via da percorrere: “Un piano straordinario di assunzioni nel settore pubblico, la formazione dei dipendenti, per aggiornare il profilo delle competenze, che permetta al Paese di non perdere la sfida dettata dal Pnrr, difendendo, anzi allargando, il perimetro pubblico contro il tentativo, neanche tanto velato, di esternalizzare e privatizzare pezzi dello Stato. La sintesi è - ha affermato Sorrentino - cogliere la sfida dell’innovazione come un’occasione di miglioramento dei servizi pubblici ma soprattutto di valorizzazione dei dipendenti, a partire da carriere e opportunità offerte dal nuovo contratto”.
Scacchetti prosegue il ragionamento sottolineando: “Stiamo ancora scontando gli effetti delle politiche neoliberiste degli ultimi 15 anni, che oggettivamente hanno non solo ridotto il perimetro pubblico, ma hanno svalorizzato e tolto ruolo al lavoro pubblico. Una delle conseguenze è la difficoltà a reclutare lavoratori e lavoratrici che gli ultimi concorsi banditi ci rimandano: dipende anche da questo. Scarsa considerazione sociale, scarsa possibilità di carriera, retribuzione basse che alimentano l’dea del poco valore di dipendenti pubblici. E la digitalizzazione dei servizi – aggiunge la segretaria – può essere un’opportunità ma anche un rischio se diventa un ulteriore strumento di allontanamento dei cittadini da chi materialmente eroga i servizi”.
Le preoccupazioni delle sindacaliste italiane non sono dissimili da quelle degli interlocutori stranieri. Secondo Natacha Pommet, segretaria generale della Cgt services publics della Francia, “lo sviluppo dei servizi digitali si accompagna alla soppressione del servizio fisico mettendo in serio pericolo l’universalità dei diritti”. Manca poi una adeguata formazione per le lavoratrici e i lavoratori coinvolti, forte è ancora il digital divide nel Paese transalpino, che insieme al binomio standardizzazione delle risposte e sviluppo digitale sta conducendo “la Francia verso una riduzione della spesa dove si riducono i servizi pubblici e gli aiuti agli utenti, perdendo di vista la qualità della offerta dei servizi”. Da sottolineare come, infine, come la Cgt sia promotrice di una campagna chiamata 10% che sta a significare una rivendicazione pari di aumento salariale, di aumento dell’organico e di diminuzione dell’orario di lavoro.
Quel che accade in Spagna l’ha illustrato Juana Olmeda, segretaria generale di Ccoo Fsc. “I servizi pubblici sono essenziali e bisogna garantire la modalità, sia in presenza sia colmando il gap digitale. C’è una parte della popolazione – ha sostenuto Olmeda – che non ha accesso a internet, ci sono gruppi a rischio esclusione sociale, come gli anziani”. C’è poi un tema sottolineato dalla Olmeda che riguarda il gap di genere, che investe soprattutto le donne per quanto riguarda il lavoro agile e il tema della conciliazione. Anche in Spagna il timore fondato è che “la digitalizzazione si trasformi in una forma di risparmio per le pubbliche amministrazioni”, per questo bisogna porre limiti alle esternalizzazioni. “Il servizio pubblico è fondamentale per sostenere lo Stato di diritto e va garantita la dignità del lavoro pubblico”, ha affermato la dirigente sindacale di Ccoo Fsc.
Dal canto suo anche Julio Lacuerda, segretario Generale di Ugt Fesp dalla Spagna, ha sottolineato come il Next generation Eu sia “un processo molto complesso in un periodo molto ridotto, che può determinare processi di esternalizzazione: per questo la digitalizzazione non deve essere un pretesto per alimentare le privatizzazioni. Non dobbiamo permettere ai soggetti privati di interferire con gli interessi pubblici ma garantire il ruolo esclusivo del pubblico”. Da qui il bisogno di investire sul tema della formazione e della creazione di nuovi posti di lavoro, tenendo conto dei profili professionali richiesti dalla evoluzione tecnologica. Così come anche il sindacato deve cogliere questa opportunità: “Dobbiamo trovare una strategia congiunta che non si opponga alla digitalizzazione ma che ne contrasti gli effetti negativi”, ha specificato Lacuerda.
Il Portogallo sconta un grosso deficit in termini di mancanza di personale e bassi stipendi nel pubblico, che si accompagna a gravi problemi di gestione e organizzazione dei servizi. José Abraão, segretario generale del Sintap, ha fatto sapere: “Se non ci sarà un miglioramento qualitativo del lavoro pubblico, soprattutto a livello salariale, mancheranno molto presto lavoratrici e lavoratori in grado di offrire servizi ai cittadini, che determinerà una crescita del settore privato, soprattutto in sanità”. Il tema salariale diventa dirimente, con stipendi molto bassi: 900 euro netti il salario di un tecnico specializzato. Da qui il bisogno di agire sul versante della motivazione e del riconoscimento dei lavoratori pubblici e delle funzioni che svolgono. “Ci vuole un grosso cambiamento, creare le condizioni perché le generazioni più giovani possano realizzarsi nel loro Paese”, ha sostenuto Abraão. Anche Josè Correira, segretario del sindacato portoghese Stal, in un video intervento ha sottolineato l’esigenza di “investire maggiori risorse, puntare sulla dignità del lavoro pubblico e sulle competenze per una amministrazione pubblica di qualità. Serve per questo un aumento salariale consistente, insieme a un potenziamento delle carriere e a un intervento sui profili professionali”.
Collegato via Zoom Julien Morcrette, segretario nazionale della Cfdt Interco di Francia, ha messo in evidenza i rischi della digitalizzazione: “Siamo andati verso una digitalizzazione ad oltranza, con una marcia forzata che esclude un gran numero di cittadini dai servizi pubblici – ha affermato Morcrette -. In Francia è urgente non considerare la digitalizzazione come l’alfa e l’omega della qualità dei servizi pubblici. Si deve puntare ad un servizio multimodale e non esclusivamente digitale. Le persone hanno bisogno di un servizio pubblico incarnato, soprattutto dopo il periodo della pandemia”. Ed è per questo che, dice Morcrette, “non bisogna fare economia sul servizio pubblico umano se vogliamo avere servizi pubblici di qualità”.
“C’è una matrice politica forte a livello europeo che vuole mettere il servizio pubblico spalle al muro. Dobbiamo uscire da questa situazione”, ha detto da una prospettiva europea Pablo Sánchez Centellas, segretariato di Epsu, ovvero la Federazione Europea dei sindacati dei servizi pubblici, nel corso dell’ultimo intervento della mattinata. “Perché sì il Next Generation Eu mobilita grandi risorse ma il timore fondato è che serva alla costruzione di infrastrutture, da affidare a privati, e non alle persone. Non vediamo infatti che alle risorse investite si accompagni un eguale investimento nel fattore umano, non sembra essere la priorità”, ha concluso.
Scacchetti infine consegna a Collettiva una riflessione preoccupata: “C'è il rischio che si riaffermi una visione in cui lo sviluppo è privato, è industria, è un’economia in cui il mercato decide tutto mentre il soddisfacimento dei diritti, da quello alla salute a quello all’istruzione, risulti residuale e legato a quante risorse si hanno. L’esperienza della pandemia, invece, ci insegna che occorre ribaltare impostazione”. “Il Pnrr, conclude Scacchetti, dovrebbe servire ad affermare che il welfare e i bisogni sociali come motore di una nuova qualità dello sviluppo”.