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È certamente una buona notizia quella arriva dalla regione dei due mari, la Puglia. Il dialogo tra istituzione e organizzazioni sindacali è attivato proficuamente e i risultati si vedono. La norma regionale appena varata prevede: “L'amministrazione regionale titolare di interventi costituirà il Tavolo regionale territoriale e di settore finalizzato e continuo, nel quale sia dato conto delle ricadute sociali, economiche e occupazionali degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari”. Insomma la traduzione in pugliese del Protocollo sulla governance del Pnnr, approvato lo scorso 23 dicembre.
Positivo è ovviamente il giudizio di Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, che vede nel Pnrr l’occasione da non perdere per rilanciare il territorio e costruire un futuro diverso. Già, perché la lettura dei dati sull’economia e l’occupazione allarmano davvero molto il dirigente sindacale: “Dobbiamo scongiurare che con gli investimenti del Pnrr si verifichi quanto sta già avvenendo, e cioè una crescita senza buona occupazione o addirittura perdita di posti di lavoro”. È l’allarme lanciato in questi giorni dalla Cgil Puglia. “I dati raccontano di un disagio sociale diffuso al quale bisogna dare risposte”, ha affermato il segretario generale.
“In Puglia - ha sostenuto in dirigente sindacale - vi sono tantissime crisi aziendali, si vive una condizione di precarietà che trascina con sé povertà salariale e desertificazione demografica a causa dell’emigrazione. La politica la smetta con i teatrini e si confronti sulle cose da fare: diciamo alla Regione Puglia che serve un’idea di sviluppo, una visione strategica, e soprattutto una regia e una coerenza d’insieme degli interventi, partendo dalla centralità del lavoro. Per questo rilanciamo la proposta di un Patto per il lavoro come luogo di confronto e assieme strumento operativo. Una cornice dentro la quale definire gli obiettivi verso cui orientare le progettualità e le risorse del Pnrr e dei Fondi strutturali, per sostenere la creazione di buona occupazione. Chiediamo alla Regione di farsene promotrice”.
Al momento le risorse già assegnate al territorio sono 3,8 miliardi per i primi bandi che riguardano sanità, asili nidi e scuole, infrastrutture e reti digitali. Cifra consistente, ma ci sono delle criticità. Il segretario generale ha spiegato: “I bandi che sono stati emanati soprattutto dai ministeri, non tengono conto, ovviamente, delle visioni territoriali, e sono assolutamente disomogenei rispetto alle politiche di sviluppo che pure ci eravamo dati”.
E di una visione complessiva per lo sviluppo della Puglia c’è assolutamente bisogno, per evitare che le tantissime risorse in arrivo, non solo quelle del Pnrr, non affrontino e non risolvano i problemi reali della società. Che poi sono quelli indicati dalle missioni trasversali proprio dal Piano: divari di genere, tra le generazioni, crescita della povertà soprattutto giovanile e occupazione di bassa qualità.
Qualche dato per capire meglio il contesto, numeri che fanno davvero preoccupare. La precarietà è il primo male. I rapporti di lavoro attivati in Puglia nel primo semestre 2021, ultimo dato disponibile, sono stati 538mila e di questi 446mila è a tempo determinato. Per dire dell’intermittenza e della precarietà del lavoro, nello stesso periodo i rapporti cessati sono stati 391mila. Di questi oltre 236mila hanno avuto durata di un solo mese, 106mila da 1 a 3 mesi.
Un trend, quello del lavoro precario, che si conferma anche nel 2022: la rilevazione di Unioncamere e Anpal sui fabbisogni occupazionali delle imprese pugliesi nel primo trimestre dell’anno ci dice che nel 53% dei casi si offrono contratti a tempo determinato, solo nel 24% a tempo indeterminato, il resto diviso tra collaborazione, somministrazione, apprendistato. Per quanto riguarda le donne, il tasso di occupazione è del 32,5% mentre quello di inattività arriva al 60,6%. Infine i giovani sono i nuovi poveri della nostra regione. Gli under 29 che lavorano sono solo 140mila.
Se questa è la situazione, un coordinamento attento e una gestione puntuale delle risorse in arrivo è indispensabile. Il contenuto del Protocollo regionale è importante, li sono definiti i compiti dei tavoli in via di insediamento: “La modalità di confronto dovrà essere volta a far sì che le amministrazioni titolari degli interventi riferiscano con regolarità sulla attuazione degli stessi, sulle riforme settoriali e sui progetti di investimento, sulle ricadute economiche e sociali sulle filiere produttive e industriali e riguarderà, in modo preventivo, i profili che hanno una ricaduta diretta o indiretta sulle condizioni di lavoro e sull'occupazione, fermo rimanendo il rispetto delle scadenze già previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza stesso per il raggiungimento degli obiettivi”.
Tra gli obiettivi da raggiungere ci sono ovviamente quelli inerenti alle priorità trasversali: transizione digitale, transizione ecologica, occupazione giovanile e femminile, inclusione sociale con specifico riferimento alle persone fragili, con disabilità e non autosufficienti. E poi due questioni sono messe al centro del documento: da un lato la legalità che deve essere garantita in tutto il percorso di attuazione del Pnrr, e dall’altro la predisposizione di politiche industriali che sappiano valorizzare le imprese locali. Una delle preoccupazioni di Gesmundo infatti è che a beneficiare delle risorse in arrivo non siano le piccole e medie imprese del territorio, ma le grandi multinazionali. Se questo si verificasse non ci creerebbe lavoro di qualità, la migrazione giovanile non si arresterebbe e la qualità dello sviluppo del territorio sarebbe minata.
Il protocollo c’è, quello regionale pure, ora bisogna mettersi al lavoro.