PHOTO
“Sulle banche hanno preso in giro il mondo intero”. La frase è del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, e il soggetto è il governo e la sua maggioranza, che hanno tentato la mossa propagandistica della norma per tassare gli extraprofitti bancari che si è però dimostrata un boomerang. Hanno fatto un passo indietro, come spiega Landini, “e non prenderanno nemmeno un euro, perché hanno dato la possibilità possibilità alle banche, anzichè tassarsi suoi loro profitti, di aumentare il loro capitale sociale e a quel punto non pagare neanche le tasse”.
Per capire meglio, è necessario sapere cosa sono gli extraprofitti e poi come si è mosso il governo. “Nell’economia capitalistica, gli extraprofitti rappresentano un’eccedenza del cosiddetto ‘profitto normale’ – ci spiega Riccardo Sanna, segretario della Fisac Cgil – ossia quando si va oltre il guadagno ottenuto dalla differenza tra ricavi e costi, al netto dell’interesse del capitale investito e della remunerazione dell’imprenditore. Gli extraprofitti si registrano in una situazione di costi stabili ma di ricavi sempre crescenti, con un effetto simile alla rendita. Questo accade in un mercato in regimi monopolistici o per effetti esogeni e, dunque, non è merito dell’impresa”.
Cosa c’entra il rialzo dei tassi?
Alla domanda se rientra in questa definizione il guadagno dovuto all’effetto del rialzo dei tassi, Sanna risponde di sì, precisando però che “è complicato parlare di extraprofitti in un mercato già atipico di per sé, che nasce pubblico e poi entra nella sfera privata, con una concorrenza parziale, dovuta alla progressiva concentrazione in gruppi bancari, e beneficia delle politiche monetarie restrittive delle banche centrali con super ricavi su tassi d’interesse attivi, con ampio scarto su quelli passivi, cioè la remunerazione dei conti correnti della stragrande maggioranza dei comuni risparmiatori.
“In ogni caso, le banche negli ultimi due anni hanno registrato risultati economici e finanziari mai visti, dopo anni di grande crisi e tassi vicino allo zero – prosegue –. Non a caso la tassa, già dalla prima bozza in Consiglio dei ministri dello scorso 8 agosto e poi entrata in Parlamento con il decreto Asset, calcolava l’imponibile sullo scarto tra interessi attivi e passivi. Già con il governo Draghi, che aveva previsto di tassare gli extraprofitti in vista degli enormi guadagni che si sarebbero generati dalla tensione sulle materie prime e sulle catene di fornitura, si riscontrava una grande difficoltà dovuta alle incongruenze legislative e ai conseguenti numerosi ricorsi, anche alle autorithy, da parte delle grandi imprese, comportando una significativa riduzione del gettito (a circa 2,8 mld, rispetto agli 11 previsti).
Il decreto populista
Una cosa analoga è avvenuta con le banche. Il segretario Fisac spiega che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, “per dare il messaggio politico e populista di colpire le banche cattive che guadagnano sulle spalle di poveri cittadini correntisti, ha deciso, e nemmeno tanto in accordo con le altre forze politiche di maggioranza , di lanciare all’improvviso questa super tassa, scatenando una tempesta nelle borse, come anche sugli stessi titoli di Stato”. E’ necessario poi ricordare che la tassa sugli extraprofitti delle banche è però cambiata nel giro di 24 ore, sostanzialmente su indicazione del ministro dell’Economia e, successivamente, anche con un emendamento di maggioranza in commissione Ambiente e Industria, che ne svuotava la portata.
Sanna, per meglio chiarire il percorso della tassa, si addentra nella materia: “Nella versione finale della tassa in decreto Asset, convertito in legge a ottobre, resta la previsione per il 2023 di un’imposta straordinaria pari al 40% sui margini di interesse delle banche operanti in Italia che eccede per almeno il 10% lo stesso margine nell’esercizio antecedente a quello in corso il primo gennaio 2022. Si aggiunge però la novità che prevede, in alternativa al versamento della tassa, la possibilità di una riserva non distribuibile non inferiore a due volte e mezzo l’imposta. Inoltre vengono inseriti nuovi limiti all’ammontare del nuovo tributo".
Lo smascheramento
In sintesi, il governo ha voluto vestire i panni di Robin Hood, ma ha finito con lo smascherarsi da solo: “La propaganda iniziale all’insegna della giustizia e del ‘fare cassa’ – afferma infatti Sanna – è stata rapidamente rimangiata e si è miseramente tradotta nell’obiettivo, pur condivisibile, di rafforzare la patrimonializzazione delle banche, rinunciando anche all’idea di mitigare l’impatto sociale dell’aumento dei tassi sui mutui. L’emendamento di governo ha di fatto smontato anche la possibilità di reperire risorse per la finanza pubblica”.
“La Cgil e la Fisac – conlcude -, sin dallo scorso anno, hanno affermato che una tassazione degli extraprofitti andrebbe estesa a tutti i settori in modo strutturale e progressivo, salvaguardando investimenti e occupazione, e dovrebbe rientrare in una generale riforma della tassazione sul capitale, sui profitti e sulle rendite, che oggi sono tassati meno del lavoro e delle pensioni”.