Il tempo della propaganda è finito, Istat e Ufficio parlamentare di bilancio hanno appena certificato quel che da tempo la Cgil afferma, il Paese è fermo, non è affatto vero che siamo campioni in Europa per crescita, e continuare ad affermarlo significa non affrontare la situazione e sbagliare politiche. Incapacità o volontà precisa? Sta di fatto che le bugie hanno le gambe corte.

L’economia si blocca: Istat conferma crescita zero

Anche il IV trimestre dello scorso anno fa registrare una crescita congiunturale dello 0,0%, esattamente come il III e, quindi, il 2024 si è chiuso con un aumento del Pil pari allo 0,5%. Queste tre righe contengono due notizie, la prima è che per due trimestri di seguito la crescita è stata zero, la seconda è che nell’anno in esame la crescita è stata la metà rispetto a quanto previsto dal governo in atti ufficiali come il Piano Strutturale di Bilancio alla base della legge di bilancio. La terza notizia, implicita, è che non è affatto vero che l’Italia è il Paese che cresce di più in Europa, anzi.

Le previsioni peggiorano: Upb rivede al ribasso il Pil

Questo importante organismo indipendente ha diffuso una nota di aggiornamento sulle stime di crescita del Pil, aggiornamento al ribasso per il 2024, il 2025, il 2026. Quest’anno e il prossimo, secondo l’Upb, se ci attesteremo, rispettivamente, attorno allo 0,8 e 0,9% potremmo dirci fortunati. E ad aggravare il quadro, facendo così aumentare le preoccupazioni, c’è quel che accade in Germania e soprattutto la guerra dei dazi appena scatenata dal neo presidente Usa Trump.

Lavoro e salari: cresce la disoccupazione, aumentano le difficoltà

Ovviamente l’economia che rallenta non può che avere ripercussioni su lavoro e occupazione. Intanto è bene ricordare che siamo a 22 mesi consecutivi di flessione della produzione industriale e lasciamo immaginare cosa potrà accadere se il commercio con gli Usa dovesse essere davvero limitato dai balzelli trumpiani. Ed è sempre Istat a comunicare che anche le magnifiche progressioni dell’occupazione si sono fermate: a dicembre 2024 è tornato ad aumentare il tasso di disoccupazione, attestandosi al 6,2%, e diminuisce il tasso di occupazione fermandosi al 62,3%. Per non parlare della qualità dell’occupazione sempre più caratterizzata da bassi salari e precarietà. E a far da corollario a questo quadro non propriamente allegro ci si mette pure l’esplosione della cassa integrazione che certo non è sintomo di buona salute del Paese, nel 2024 il 20% in più rispetto all’anno precedente.

CHRISTIAN FERRARI CGIL
CHRISTIAN FERRARI CGIL
Christian Ferrari, Cgil (IMAGOECONOMICA)

Ferrari (Cgil): cambiare rotta

Se questa è la situazione economica, le preoccupazioni per l’anno appena cominciato si addensano all’orizzonte. A spiegarne le ragioni è Christian Ferrari, segretario nazionale della Cgil che dice: “Se a questo quadro aggiungiamo l’ultima legge di bilancio che non contiene un solo provvedimento in grado di invertire il declino economico e produttivo in corso, e che anzi lo aggraverà con i tagli lineari alla spesa pubblica e agli investimenti, è facile prevedere cosa ci aspetta nel prossimo futuro”.

Le scelte del governo, e le conseguenze sociali

Mentre il governo ha stanziato risorse per gli aumenti contrattuali dei lavoratori pubblici di uno striminzito 6% a fronte di una inflazione cumulata di circa il 17%, mentre sempre Meloni e i suoi ministri continuano a raccontare che con la manovra ci sono stati aumenti nelle buste paga di lavoratori e lavoratrici dai redditi medio bassi, si scopre – come aveva già detto la Cgil – non solo che così non è ma che chi “guadagna” tra 8.500 e 9.000 euro l’anno ne perderà circa 1.200. E per di più il governo si è impegnato con l’Europa ad un consolidamento fiscale di ben 13 miliardi l’anno per i prossimi 7.

“Tutto questo - spiega Ferrari - avrà conseguenze molto concrete: le crisi aziendali e settoriali si moltiplicheranno anziché risolversi, con pesanti ricadute sui livelli occupazionali. E ciò accade non per un destino cinico e baro, ma a causa di precise scelte del governo. Si è scelto di non andare a prendere i soldi dove sono (profitti, rendite, grandi patrimoni, evasione fiscale), risorse necessarie per mettere in campo una politica economica e industriale all’altezza della sfida cruciale che abbiamo di fronte, la transizione digitale, energetica ed ecologica, e per sostenere la domanda interna, ridistribuendo la ricchezza e aumentando i salari di lavoratrici e lavoratori”.

Pagano i cittadini

Pagheranno i cittadini e le cittadine che avranno ancor meno sanità pubblica, scuola pubblica, trasporti pubblici, e via andando fino ad arrivare ai tagli già inflitti agli enti locali e che inevitabilmente proseguiranno. A peggiorare il quadro, anche i prezzi al consumo che – è sempre l’Istat a dirlo – hanno registrato un aumento. Servono investimenti, che invece il governo si ostina a non prevedere e non riesce nemmeno a far fruttare quelli del Pnrr.

La Spagna cresce, l’Italia no: ecco cosa possiamo imparare

Se l’Italia registra una mancata crescita, c’è chi davvero è cresciuto nel 2024 appena concluso, la Spagna, forse potremmo prendere esempio. Per il segretario confederale: “Una politica diversa non solo è possibile, ma è urgente e indispensabile. Lo dimostra la Spagna, che - con il salario minimo, una riforma del lavoro che ha contrastato la precarietà, misure di protezione sociale, tassazione degli extra profitti, il tetto ai prezzi dei beni energetici, il rilancio dei servizi e degli investimenti pubblici - ha chiuso il 2024 con un Pil in crescita del 3,2%”. “L’Esecutivo italiano - aggiunge Ferrari - non solo va nella direzione opposta, non solo non ascolta il mondo del lavoro, ma appare del tutto disinteressato alla crisi economica e sociale, impegnato com’è a picconare ogni giorno i principi fondamentali e l’equilibrio dei poteri sanciti dalla nostra Costituzione”.

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