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Come in tutte le storie che si rispettano, ogni puntata è degna di nota. Eravamo rimasti al Garante della privacy italiano che “bloccava” Open AI e il suo Chat Gpt. A seguire, qualche sterile polemica su “l’Italietta che non sta al passo con l’innovazione”.
Ma intanto Open AI, azienda statunitense che commercializza Chat Gpt, già il 4 aprile ha fatto una prima riunione, online, con il nostro Garante. Ovviamente ha affermato di essere in piena regola rispetto a quanto contestatole, ma ha garantito collaborazione e ha consegnato alcuni documenti che il Garante visionerà.
Intanto ricordiamo che il 20 marzo si era verificata una perdita di dati da parte di Chat Gpt riguardante le conversazioni degli utenti e le informazioni relative ai pagamenti per gli abbonati.
Ma il punto vero, il punto di diritto, è che manca, secondo il Garante, ogni base giuridica che possa in qualche modo giustificare la conservazione e l’utilizzo dei dati degli utenti (sulla cui trasparenza informativa c’è già da discutere) ai fini dell’addestramento della ‘macchina’. Inoltre l’appello all’art 13 del Gdpr rimandava anche a una mancata informativa sui dati trattati, all’assenza di verifica reale dell’età degli utenti.
Per ora, pare che Open AI si sia impegnata a garantire un rafforzamento della trasparenza informativa sull’utilizzo dei dati personali e anche dei meccanismi che garantiscano i diritti dei minori. E intanto il 5 aprile sul suo sito ha ribadito l’impegno a mantenere la IA sicura e vantaggiosa (ndr: per chi?) e, tra le altre cose, ha indicato come l’utilizzo dei dati sia finalizzato solo a rendere lo strumento più utile alle persone.
La cosa interessante però è che anche la Beuc, la’organizzazione europea dei consumatori, abbia chiesto a tutte le autorità per la privacy una valutazione analoga a quella fatta dall’Autorità italiana.
Parrebbe che anche la Germania sia interessata agli sviluppi dell’iniziativa italiana, tanto che il commissario federale per la protezione dei dati e la libertà di informazione, Kelber, ha affermato che si potrebbe arrivare a conclusioni analoghe, mentre Francia, Irlanda e Spagna potrebbero fare altrettanto rispetto a quanto compiuto dal nostro Garante, esattamente come ha già fatto il Canada, il cui ufficio della commissione Privacy ha aperto una indagine sull’attività di Chat Gpt denunciando “la raccolta, l’utilizzo e la divulgazione dei dati senza consenso”.
Che dire? Il tema esiste, a prescindere dalle diverse posizioni, ma se da un lato è certo che nessuno pensa di bloccare lo sviluppo della tecnologia, dall’altro è parimenti evidente come l’interesse di Open AI sia poter sviluppare e commercializzare un sistema con grandi potenzialità di redditività.
Mai come in questo caso rassicura il fatto che le autorità indipendenti svolgano egregiamente il loro compito, e l’auspicio è che l’azione italiana sia davvero motore per una risposta compatta dell’Europa, in tempo utile per poter reagire tempestivamente ogni qual volta le nuove implementazioni contrasteranno l’ampia regolamentazione che l’Europa stessa sta mettendo in campo (si veda la nostra pubblicazione: Europa digitale. La sfida di un continente).
Cinzia Maiolini, Responsabile Ufficio 4.0 Cgil