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Una giornata intensa per “guardare” la rivoluzione digitale e l’accelerazione determinata dalla pandemia e quella determinata dalle risorse in arrivo dall’Europa: è quella che si è svolta nei giorni scorsi a Bari per ragionare su come questa vera a propria rivoluzione incide e sempre più inciderà sul lavoro di chi opera nelle amministrazioni pubbliche e sui cittadini, le cittadine e le imprese che con quelle amministrazioni interagiscono.
Nelle comunicazioni iniziali Nicola Di Ceglie, segretario generale della Slc pugliese, ha ricordato come “la pandemia sia servita a dare un’accelerazione al Paese. I lavoratori si sono dimostrati pronti a raccogliere la sfida, lavorando in modalità cosiddetta agile, termine che oscura i problemi legati alle competenze e ai divari territoriali rispetto alle infrastrutture. Il sindacato è pronto a raccogliere la sfida della digitalizzazione dei servizi. Ad esempio stiamo discutendo con Poste di come implementare e far diventare l’azienda volano per avvicinare i cittadini alle nuove tecnologie”.
Per Domenico Ficco, segretario generale della Fp Cgil regionale, “con il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico firmato a marzo abbiamo condiviso il processo di innovazione che deve vedere protagonista la pubblica amministrazione, partendo dal presupposto che non si poteva prescindere dalla centralità del mondo del lavoro. Innoviamo, al netto degli investimenti in digitalizzazione, se coinvolgiamo lavoratrici e lavoratori. Servono formazione e aggiornamento continuo partendo dalla consapevolezza che esiste anche un digital divide anagrafico. Occorre allora un piano straordinario di assunzione nella pubblica amministrazione per far entrare nuove generazioni”.
Nel corso della tavola rotonda Giulio Blandamura, direttore dell’Inps Puglia, ha affermato che “la pandemia ha spinto tutta la società italiana a una maggiore connettività, ma permane una scarsa diffusione della cultura del digitale. Bisogna lavorare su informazione, formazione del capitale umano e, soprattutto, sull'integrazione delle banche dati”.
Un ruolo che può svolgere in questo scenario un’azienda come Poste Italiane, ha sostenuto Fabio Adami, responsabile dei rapporti commerciali con gli enti locali, “è quello di standardizzare la forma dell’erogazione dei servizi delle amministrazioni territoriali, spesso diverse da luogo a luogo. È una delle opportunità che ci offre la sfida della digitalizzazione e lavoriamo per questo, avendo presente la soddisfazione finale dell’utente”.
A proposito dei ritardi e dell’accelerazione obbligata vissuta in fase di lockdown ha parlato Riccardo Saccone, segretario nazionale Slc Cgil, che ha ricordato come “in Cgil siamo partigiani di un’idea, e cioè che paghiamo la mancanza in questo paese di un’azienda guida nella costruzione di infrastrutture, che faciliti questa rivoluzione digitale. O riusciamo a sfruttare Pnrr per dotare il paese di una infrastruttura nazionale, tutto il paese, anche quelle aree più marginali rispetto ai grandi centri dove vive il 45% delle persone, o continueremo negli anni a fare convegni dove ci interrogheremo sulle prospettive del digitale”.
Guida che poteva essere Telecom spa, “anche se in Puglia abbiamo azzerato quest’anno il digital divide, e tutti possono godere della banda larga”, ha affermato Andra Fabiano, che di Tim è Vice president Stategy&Transformation. “Certo – ha aggiunto – c’è altro su cui lavorare: servizi e applicazioni che facilitano e permettono di sfruttare al meglio la rete, un grande investimento sulla formazione. È importante anche lavorare sulla mentalità di chi usufruisce dei servizi, dalle imprese ai cittadini alla pubblica amministrazione. E serve un approccio integrato tra queste tre dimensioni. Serve insomma uno sviluppo complessivo delle competenze digitali per il Paese: di chi decide, di chi lavora, di chi utilizza la rete come utente”.
"Non torniamo indietro" è l’appello lanciato da Laura di Raimondo, direttore Assotelecomunicazioni-Asstel. “Abbiamo fatto durante il lockdown una sorta di esperimento: le infrastrutture esistenti hanno tenuto soprattutto grazie alle persone che ci lavorano, e assieme abbiamo visto quali sono le carenze. Tocca colmare i divari, che sono territoriali soprattutto, e qui le risorse vanno spese bene. Poi c’è il divario generazionale per un paese che ha natalità quasi azzerata e invecchia velocemente. Per questo le competenze sono fondamentali”.
Come è cambiato anche per il sindacato il paradigma rispetto alla fase pre-pandemia l’ha spiegato il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo: “Ci si interrogava sulle grandi trasformazioni che la cosiddetta Industria 4.0 avrebbe prodotto sul mondo del lavoro. E anche rispetto alla discussione su come governare l’algoritmo senza bloccare i processi di innovazione, perché la tecnologia non è neutra, va governata. La pandemia ha amplificato le difficoltà rispetto al tema e ha ulteriormente accelerato il processo digitale. Un segmento della trasformazione del mondo del lavoro e della produzione si è sempre confrontato con questi temi, ma rispetto a come questo impatta sulla società entrano in ballo le paure connesse a ogni cambiamento, ai limiti culturali, perché una rivoluzione digitale è anche una rivoluzione culturale, ma deve garantire centralità del lavoro e buona occupazione”.
Anche per Loredana Capone, presidente del Consiglio regionale della Puglia, il tema della rivoluzione digitale è soprattutto culturale, “investe gli amministratori come gli imprenditori e i cittadini. Ma va ricordato che scelte legate alla transizione digitale nelle pubbliche amministrazioni, nelle imprese, nelle case dei cittadini, possono generare inclusione o esclusione, crescita o marginalizzazione. Non possiamo sbagliare”.