PHOTO
Ormai lo sanno anche i muri: l’Italia ha ricevuto la fetta di torta più consistente dei fondi di Next Generation Eu non perché più brava di altri, ma perché messa peggio. Peggio soprattutto perché da noi sono assai accentuati divari territoriali, di genere e di generazioni. Il Pnrr – anche questa è cosa nota – avrebbe dovuto proprio ridurre quei divari e per questo ci sono stati assegnati tanti soldi. C’è una infrastruttura immateriale che se “costruita” contribuirebbe a ridurre tutti e tre quei divari.
Asili nido e scuole dell’infanzia – se realizzati in maniera coerente e razionale – avvicinerebbero le regioni del Sud a quelle del Nord, creerebbero posti di lavoro per le donne e liberebbero tempo per altre, che così a loro volta potrebbero trovare occupazione, sosterebbero i cittadini e le cittadine del futuro. Queste rischiano di rimanere solo promesse, belle certo ma irrealizzabili o quasi.
La denuncia
“A tre anni dall’avvio del Pnrr e a 15 mesi dalla scadenza, lo scenario dello stato di attuazione della Missione 4 e in particolare del Piano asili nido e scuole dell’infanzia è allarmante: si registrano ritardi nell’esecuzione dei lavori di un terzo dei progetti e finora è stato speso solo il 17% dei fondi”.
È quanto denunciano Daniela Barbaresi e Christian Ferrari, segretari confederali della Cgil, presentando il report “Pnrr M4, Missione infanzia: lo stato di attuazione” a cura dell’Area Stato Sociale e Diritti e Area Svilluppo del sindacato di Corso d’Italia, stilato elaborando i dati della piattaforma di monitoraggio ReGiS predisposta dal Mef.


Promesse tradite
La Missione 4 originaria prevedeva la costruzione di 264.480 nuovi posti per un investimento complessivo di 4,6 miliardi di euro: 3 miliardi per nuovi progetti e 1,6 miliardi per i progetti in essere (ossia già finanziati con risorse nazionali). Arrivano Meloni e Fitto e decidono che meglio rimodulare e tagliarne oltre 100mila.
Ciò che è più grave in assoluto è che si sta “giocando” con la vita dei bimbi e delle bimbe del nostro Paese, quelli che entreranno nel mondo della scuola avendo meno opportunità rispetto ai pari età di altri paesi o più semplicemente rispetto a quanti hanno la ventura di nascere in Puglia, Campania o Sicilia ecc., rispetto a quanti e quante nascono dalla Toscana in su. È ormai acquisito, infatti, che essere accolti in asilo nido è fondamentale per la “carriera scolastica”, e non solo, futura. E nonostante il taglio siamo in grande ritardo.
Sempre ultimi in Europa
Si tagliano 100mila nuovi posti pur essendo l’Italia ben lontana dal raggiungere l’obiettivo del 33% di bimbi e bimbe al nido fissato per il 2010: siamo al 30%. E come faremo a raggiungere il nuovo obiettivo europeo del 45% entro il 2030? È verosimile ipotizzare che questo governo nemmeno se lo ponga come obiettivo e trucca pure le carte: entro il 2027 dovremmo arrivare al 33 e forse ci riusciremo ma con un trucco, appunto. In alcune regioni – lo prevede il Piano strutturale di bilancio – l’asticella si potrà fermare al 15% perché compensata da altre.
E allora proprio dove ci sarebbe più bisogno di posti, le regioni meridionali, ci si accontenterà di meno della metà, per decisione governativa. E Meloni sembra anche aver dimenticato che l’unico livello essenziale delle prestazioni definito è proprio quello del numero di posti in asilo nido: il 33% in ogni singola regione. E se il buon giorno si vede dal mattino questo è ciò che potrebbe accadere con l’autonomia differenziata.
Ritardi su ritardi
I numeri non mentono, secondo l’analisi della Confederazione a dicembre 2024, risultano finanziati 2.265 progetti per 3,6 miliardi di euro complessivi. Va precisato che ci troviamo già di fronte a un obiettivo depotenziato: inizialmente erano infatti previsti 4,6 miliardi di risorse Pnrr oggi ridotte a 3,2 miliardi. Per il resto si tratta di altri fondi statali, regionali e comunali. Ma, sempre a pochi mesi dalla scadenza del Pnrr, risultano effettuati pagamenti per 767 milioni di euro, pari a solo un quinto dei finanziamenti (21,2% dei fondi disponibili).
Se poi si cercano gli asili pronti ad aprire le porte si scopre che appena il 3,7% delle opere risulta completato e collaudato, mentre 868 progetti presentano ritardi. Per quanto riguarda la fase esecutiva delle opere, risultano in corso i lavori per 1.602 strutture (pari al 57,2% delle opere previste), ma ci sono ritardi evidenti e diffusi nell’esecuzione dei lavori che riguardano un terzo dei progetti.
In particolare, ci sono ritardi nell’avvio dei lavori di esecuzione di 385 strutture (13,8%), a cui si aggiungono altre 629 opere con ritardi nella fine dei lavori (22,5%). Completati i lavori dei cantieri soltanto per 175 asili nido e/o scuole infanzia (6,3%).


Giungo 2026 è vicinissimo
“In questo scenario – commentano Barbaresi e Ferrari – risulta davvero difficile ipotizzare il rispetto della scadenza di giugno 2026 per tutti i lavori previsti. Ancor più preoccupante appare il dato se pensiamo che i maggiori ritardi si evidenziano nelle regioni che più son lontane dall’obiettivo del 33% dei posti da garantire entro il 2027. Uno scenario assolutamente da scongiurare così come da scongiurare è un’ulteriore rimodulazione che si traduca in tagli a questi obiettivi”.
“È intollerabile – aggiungono Barbaresi e Ferrari – che la riduzione dei numeri originariamente previsti e, adesso, il miraggio di completare le opere nelle scadenze previste, rischi di consumarsi ancora una volta sul diritto delle bambine e dei bambini del nostro Paese a un percorso gratuito e educativo e di qualità fin dai primissimi mesi di vita. La Cgil continuerà a concentrare tutta la sua attenzione perché questa fondamentale occasione non vada nuovamente sprecata”.


Mancano le risorse
Come si fa ad accogliere i bimbi e le bimbe nei nidi, in quelli finiti almeno, se non vi sono le risorse per pagare le utenze? E chi li accoglierà se non si prevede un piano di assunzioni? E già perché è bene ricordare che nella legge di bilancio non solo non sono previsti i fondi per assumere personale, secondo la Cgil per raggiungere gli obiettivi prefissati servirebbero 200 mila assunzioni entro il 2030, ma sono state tagliate anche le risorse agli enti locali che son quelli che le utenze dovrebbero pagare.
Diritti negati, diritti da riconquistare
Ha sottolinearlo è Barbaresi che conclude la sua riflessione dicendo: “Gli asili nido si configurano come diritti dei bambini e delle bambine e per questo devono essere garantiti a tutte e tutti e gratuiti, oltre al fatto che il potenziamento dell’offerta di nidi andrebbe a creare opportunità di lavoro con profili professionali di qualità".
Gli stessi cantieri per la realizzazione delle opere “devono rappresentare occasioni di lavoro di qualità ed è fondamentale l’azione negoziale, a partire dalla contrattazione di anticipo, per un lavoro sicuro, dignitoso e tutelato, impedire la frantumazione nella catena di appalti e subappalti, oltre a rivendicare l’allargamento dei servizi di welfare. Anche per queste ragioni l’8 e 9 giugno è necessario votare 5 sì ai referendum per il lavoro e la cittadinanza”.