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I tentativi di esclusione della cinese Huawei dalle gare per il G5 è il tema dominante della grande partita tecnologica che anima il mondo delle telecomunicazioni e attorno alla quale stanno girando alleanze internazionali e finanziarie con effetti su di una geopolitica in rapida evoluzione. La tecnologia di telefonia mobile e cellulare di quinta generazione ha un tale potenziale da fare gola a tutti e tutti pone sul piede di guerra. A guidare il contrasto all’espansione della Cina ci sono i naturali rivali, gli Sati Uniti, assillati anche dalla possibile acquisizione di dati sensibili che Huawei, già accusata dagli americani di spionaggio, potrebbe condividere con il governo cinese. Il presidente Donald Trump ha già preso misure protezionistiche nei confronti del colosso asiatico e la sua posizione ha motivato ulteriormente l’ostilità della Gran Bretagna proprio nei confronti Huawei.
Pechino, dal canto suo, nel mirino di molti anche per la gestione della pandemia, affila tutte le armi in suo possesso, tentando di approfittare delle debolezze sul fronte interno di Washington e Londra e nel contempo le strategie difensive da loro adottate. Anche la Francia sta ponendo degli argini a Huawei con misure che difendano gli interessi nazionali, supportata da una politica europea che lascia ampio margine di decisione agli Stati membri. Il governo italiano è ancora in bilico nelle decisioni, a causa soprattutto della sua compagine che non esprime unanimità in merito, ma a prendere posizione è stata invece Tim, che la scorsa settimana ha escluso il colosso cinese dall’elenco dei potenziali fornitori per la gara per la rete 5G in Italia e in Brasile.
Se però si va oltre le scelte industriali, il punto rimane focalizzato sulle potenzialità della tecnologia di telefonia mobile e cellulare di quinta generazione. Secondo il segretario confederale della Cgil, Emilio Miceli, si tratta di uno strumento di “sviluppo e di avanzamento delle tecnologie, centrale nella modernizzazione del Paese, perché consente di superare tutti i punti di latenza della rete, di aumentare il traffico dei dati e delle immagini e di accrescere la capacità computazionale”. Se davvero l’Italia, come tutti sostengono, vuole fare un salto in avanti, “non c’è alcun dubbio che noi quel passo lo dobbiamo fare”.
Saranno però fondamentali le modalità di gestione di questo passo avanti, affinché il 5G non vada ad accentuare il divario tecnologico tra le diverse aree del Paese, ma anzi lo riduca. A questo proposito Miceli è chiaro nel dire che “questa sarà una battaglia da fare: il problema del gap tra le diverse aree del Paese ce l’avremo, perché è sempre successo che gli investimenti si fanno nelle aree a maggiore successo di mercato, e, guardandoci attorno, vediamo infatti che è un problema inerente le autostrade, l’alta velocità, il sistema elettrico. Il divario lo scontiamo in tutti i terreni che riguardano ogni genere di innovazioni di sistema, ma "si tratta però di una sfida alla quale l’Italia non si può sottrarre, perché “chi avrà il 5G farà passi avanti – conclude il segretario confederale della Cgil - , mentre chi non l’avrà attenderà ancora del tempo e pagherà lo scotto in termini di ammodernamento del Paese”.