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Pubblico è peggio, o deve essere residuale. Questo sembra essere uno dei principi ispiratori della manovra di bilancio 2023. In puro stile neoliberista si prevedono tagli alle scuole, al sistema dei trasporti locali, agli sportelli dell’Agenzia delle entrate, non si adeguano i salari dei dipendenti di Anpal e di Inl. E si prevede la riduzione del finanziamento per la sanità. D’altra parte, riducendo le tasse a chi possiede maggiori risorse e non recuperando i fiumi di denaro dispersi dall’evasione fiscale, che altro fare?
Già, la sanità. Due anni di pandemia, peraltro non finita visto che Agenas e Istat raccontano che l’impatto dell’attuale ondata Covid è tale che l’occupazione dei posti letto ordinari degli ospedali è triplicata rispetto a ottobre dello scorso anno, non hanno insegnato nulla. A fronte di una costante penuria di personale. Le immagini rimandano di nuovo alle file delle ambulanze di fronte ai pronto soccorso delle città, incapaci di rispondere alle domande di assistenza aumentate a causa del Covid e dell’influenza. Solo nei pronto soccorso mancano 5 mila medici e 12 mila infermieri, altri 10 mila medici servono per coprire i vuoti di organico nei reparti ospedalieri per non parlare di quelli di medicina generale, al momento ne servirebbero 5 mila, e il prossimo anno saranno di più visti i pensionamenti annunciati. E i medici allora sono in piazza.
La mobilitazione dei sanitari
L’appuntamento è per oggi 15 dicembre alle 14 in Piazza Santi Apostoli a Roma. Si troveranno medici, veterinari e sanitari chiamati dagli intersindacali medici per difendere il Servizio Sanitario pubblico e la salute dei cittadini e delle cittadine. Spiega Andrea Filippi, segretario della Fp Cgil medici: “Sono anni che si taglia la sanità, le condizioni di lavoro degli operatori sono sotto gli occhi di tutti. Questa legge di bilancio – aggiunge Filippi - definanzia ulteriormente il Fsn e non si mettono risorse per assumere, al contrario si favorisce la disaffezione al lavoro pubblico favorendo la libera professione con la flat tax. Non scordiamo in tal senso che il contratto dei medici e dirigenti sanitari del 19/21 è scaduto e bloccato in qualche stanza del ministero dell'Economia, mentre dilaga il fenomeno dei medici mercenari che lavorano a gettone, è indecente. Noi sindacati uniti siamo in piazza per salvare il Ssn pubblico e universale, vogliamo le assunzioni, il contratto e migliori condizioni di lavoro. Scendiamo in piazza per la salute delle cittadine e dei cittadini. È solo l'inizio, il nostro obiettivo è una grande mobilitazione di tutti gli operatori sanitari insieme alla cittadinanza”.
Cosa prevede la manovra
Poco, o meglio praticamente nulla. Perché se è vero che in legge di Bilancio sono previsti 2 miliardi aggiuntivi per il Fondo Sanitario, questi sono appena sufficienti per coprire l’aumento delle spese per la bolletta energetica, mentre vengono tagliati 500 milioni per l’abbattimento delle liste di attesa. Per quanto riguarda il personale non c’è il superamento del tetto di spesa e quindi per le Regioni sarà assai complicato aumentare le dotazioni organiche. E non sono previste nemmeno le risorse per il rinnovo dei contratti. Ancora, i 200 milioni per incrementare l’indennità di pronto soccorso non arriveranno nemmeno nel 2023, chissà se nel 2024. Non solo, ma quel che invece c’è, è la previsione della riduzione costante della spesa per la sanità per i prossimi anni, passando dal 6,4% del 2023 al 6.1% del Pil nel 2025, un valore inferiore anche rispetto al periodo pre-pandemia (nel 2019 si attestava al 6,4%). Sarebbe bene che governo e maggioranza ricordassero che, a detta dell’Organizzazione mondiale della sanità, se la spesa sanitaria di un paese scende sotto al 6,5% è a rischio la salute pubblica.
L’attuazione del Pnrr
Una volta costruite le case e gli ospedali di comunità previsti dalla Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza non si saprà come farli funzionare. Non sono previste risorse per l’assunzione di personale, e allora o rimarranno chiusi o sottrarranno medici, infermieri e specialisti sanitari agli ospedali mandandoli definitivamente in crisi, oppure saranno appaltati al privato. Con buona pace della legge del 1978 e dell’articolo 32 della Costituzione.
La posizione della Cgil
“Con manovra si sta di fatto programmando la riduzione del perimetro del Servizio sanitario nazionale, la progressiva privatizzazione della sanità e la crescita delle diseguaglianze”. Lo afferma Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil. “La situazione è talmente grave – aggiunge – che anche Regioni assai virtuose rischiano il default per l’aumento delle spese a causa di inflazione e aumento dell’energia”.
Senza dimenticare che per dare attuazione a tutto ciò che è previsto per realizzare la sanità di territorio, l’aumento dell’assistenza domiciliare e la nuova legge sulla non autosufficienza ci sarebbe bisogno di investimenti consistenti. Per questo la segretaria confederale sottolinea: “Il rischio è che venga messo in discussione il diritto universale alla salute dei cittadini e delle cittadine, costretti a scegliere se curarsi pagando o rinunciare alle cure. Si materializza così il peggiore attacco alla dignità delle persone e ali loro salari, e che si assista a un ulteriore aggravamento delle diseguaglianze tra le persone e tra i territori”.
Che fare? Intanto partecipare in tanti alla mobilitazione voluta da Cgil e Uil e che sta riempiendo le piazza delle diverse regioni in sciopero. E poi l’appello di Barbaresi: “Questo è il momento in cui davvero c'è la necessità di uno scatto forte da parte di tutti. Serve un’azione comune delle forze sociali, delle istituzioni e degli enti locali, dei cittadini e delle cittadine affinché si metta in sicurezza la sanità pubblica, contro la privatizzazione strisciante – ma già in atto – del sistema”.