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Il recente schema di decreto legge “recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” presenta alcuni aspetti critici che vanno sottolineati. L’articolo 3 del suddetto decreto legge, anzitutto, apre spazi eccessivi alla partecipazione di soggetti privati alle procedure di reclutamento nella pubblica amministrazione. Questo sia nella fase di predisposizione di forme di preselezione sia, per giunta, nella predisposizione delle stesse prove di concorso.
Lo stesso articolo 3, inoltre, concede alle pubbliche amministrazioni un’enorme discrezionalità nel confezionare i bandi di concorso, specie sotto il profilo della valutazione delle esperienze lavorative pregresse e delle cosiddette competenze. A tal punto da presentare il rischio di selezioni alquanto aleatorie e parziali, quindi pienamente attaccabili in sede giurisdizionale. L’articolo 10 del decreto legge consente di attribuire incarichi di consulenza anche ai lavoratori in quiescenza, in assoluto contrasto con i prefigurati obiettivi di ringiovanire la dotazione di personale delle pubbliche amministrazioni.
Estremamente preoccupante è il comma 3 dell’articolo 11. Questo, in sostanza, prende atto del fallimento delle procedure concorsuali destinate al reclutamento di personale per il rafforzamento delle amministrazioni del Sud, per la gestione delle politiche di coesione. Sicché, la disposizione prevede che le risorse non impegnate per il citato reclutamento di personale (stante lo scarsissimo numero d'idonei, rispetto ai posti messi a bando) verranno distribuite alle amministrazioni interessate, affinché queste possano stipulare contratti di collaborazione “con soggetti in possesso di professionalità tecnica analoga a quella del personale non reclutato”.
È evidente che così si concede alle singole amministrazioni un’enorme discrezionalità nel gestire l’attribuzione degli incarichi, fomentando peraltro la crescita di forme di lavoro precario meno tutelate rispetto al rapporto di lavoro a tempo determinato. E il rischio di pratiche clientelari è esaltato dalla circostanza che molte amministrazioni del Sud sono in piena stagione elettorale.
Un altro punto va sottolineato. Tutto il meccanismo assunzionale regolato dal decreto legge 80/2021, e successive integrazioni, consente alle amministrazioni di mettere a carico dei fondi del Pnrr le assunzioni a tempo determinato necessarie per l’attuazione del medesimo.
Tuttavia, molte amministrazioni del Sud lamentano non una carenza assoluta di personale, bensì il fatto di avere ingenti quantità di personale assunto a tempo parziale. Ciò non per ragioni dipendenti dalla volontà dei lavoratori, ma a causa della mancanza di risorse che dovrebbero consentire la trasformazione di questi rapporti da tempo parziale a tempo pieno. Questi lavoratori a tempo parziale, in molti casi, provengono dai bacini del precariato e sono stati stabilizzati, nel corso degli anni, a orario ridotto proprio a causa dell’assenza di risorse sufficienti e adeguate a consentire l’inquadramento a orario pieno.
Molti di questi lavoratori ricoprono qualifiche e sono in possesso di professionalità tecniche funzionali all’attuazione dei progetti del Pnrr: sovente si tratta di ingegneri, architetti e altri tecnici inquadrati nelle categorie C e D del ccnl del comparto delle Funzioni locali. La professionalità di questi lavoratori è comprovata dal fatto che essi, proprio perché sono a tempo parziale, svolgono da anni attività libero professionale.
Tuttavia, la regolazione attuale non permette alle amministrazioni di utilizzare, seppure in via temporanea, i fondi del Pnrr per incrementare l’orario di questo personale già in forza, in modo da rispondere, con efficacia ed efficienza, all’urgenza di dare pronta attuazione agli obiettivi del Piano.
Non v’è dubbio che questo assetto normativo sia profondamente contradditorio e probabilmente anche viziato da irrazionalità intrinseca. Questo anche perché, tra l’altro, il medesimo assetto normativo aggira il diritto di prelazione dei lavoratori a tempo parziale a ottenere la trasformazione del loro rapporto a tempo pieno, prima che l’amministrazione datrice di lavoro effettui nuove assunzioni.
Comunque, si potrebbe approfittare della presenza di un decreto legge, come quello qui in esame, in fase di conversione, per aggiungere una disposizione secondo cui “è consentito alle pubbliche amministrazioni, interessate dall’attuazione del Pnrr, di utilizzare le relative risorse finanziare per incrementare l’orario di lavoro, in via temporanea e nei limiti di quanto necessario all’attuazione dello stesso Pnrr, del proprio personale a tempo parziale, in possesso di professionalità funzionali all’attuazione dei progetti del Piano”.
Alessandro Bellavista è docente di Diritto del lavoro nell’Università di Palermo