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In gioco ci sono il futuro di quasi 50 mila lavoratori e lavoratrici, nonché la digitalizzazione del Paese. Che è questione di democrazia, perché la connessione veloce o è per tutti o è discriminatoria. Questo il cuore dell’attivo unitario che ha visti riunite, chiamate da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, le Rsu di tutte le sedi Tim del Paese, le segreterie nazionali dei sindacati e quelle territoriali.
L'obiettivo dell'iniziativa? Decidere come provare a evitare lo smembramento dell’azienda, la messa in discussione dei livelli occupazionali e il rischio di disperdere professionalità preziose, il pregiudicare la rapida e uniforme digitalizzazione del Paese.
“La rinnovata debolezza della governance del gruppo Tim - si legge nell’ordine del giorno approvato al termine dell’attivo - e il fallimento degli impegni presi dalla Cassa depositi e prestiti e dal governo nell’agosto del 2020 (memorandum Rete unica), oggi fanno emergere prepotentemente l'ipotesi dello smembramento dell'azienda e del gruppo, in nome di non si sa bene quale utilità per Tim, per il Paese e la sua digitalizzazione”.
Tim è un’azienda strategica, prosegue il documento, già "drasticamente ridimensionata da operazioni finanziarie, che non può e non deve essere definitivamente distrutta. L'Italia, se vuole avere un ruolo continentale nel mercato delle telecomunicazioni, non può rinunciare ad avere un 'campione nazionale' a controllo pubblico. Di questo devono farsi carico le istituzioni e tutte le forze politiche. Abbiamo davanti un mese per evitare uno scempio che rischia di produrre migliaia di esuberi".
Un mese: questo il tempo che, secondo i sindacati, si ha di fronte per evitare lo spezzatino aziendale e la rinuncia definitiva all’idea di un soggetto forte a controllo pubblico, motore dell’innovazione tecnologica dell’Italia. Un mese è un tempo assai breve, per questo occorre agire subito. E gli strumenti dell’azione sindacale sono quelli della mobilitazione. Ecco allora che l’assemblea si è chiusa con la decisione di una pluralità d'iniziative:
- organizzare nelle prossime due settimane assemblee in tutti i settori dell’azienda e delle sue società controllate per informare capillarmente le migliaia di lavoratrici e lavoratori (oltre 42 mila) su quanto sta avvenendo, e costruire con loro, partendo dal documento unitario del 25 gennaio, una fortissima mobilitazione unitaria;
- impegnare le segreterie nazionali e territoriali a costruire contemporaneamente momenti di confronto pubblico con rappresentanti delle istituzioni e delle forze politiche sul destino di Tim e del suo gruppo, sul futuro dell’intero settore delle telecomunicazioni e della digitalizzazione del Paese;
- impegnare le segreterie Nazionali a confrontarsi da subito con l'attuale dirigenza di Tim sul costruendo piano industriale, coinvolgendo costantemente le Rsu e, con esse, i lavoratori e le lavoratrici;
- affidare alle segreterie nazionali un primo pacchetto di sciopero di otto ore, con il blocco delle prestazioni straordinarie, e l’indizione di manifestazioni che si potranno svolgere, compatibilmente con l'emergenza sanitaria, da proclamare alla prima data consentita dalla legge, là dove non emerga con chiarezza, già nei prossimi giorni, l’impegno dell’amministratore delegato a non prevedere lo scorporo di settori aziendali (lo “spezzatino”) nel prossimo piano industriale del 2 marzo.
E le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil non hanno perso tempo. Hanno subito fatto partire una lettera, il cui destinatario è Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, con la richiesta di un incontro urgente con la dirigenza del gruppo. Ora si attende, si spera tempestiva risposta.