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Il 22 dicembre del 1992 le Nazioni Unite decisero di dedicare alla lotta contro la povertà il 17 ottobre di ogni anno. Ricorrenza che oggi cade nel pieno della seconda ondata della pandemia da Covid-19. E il virus, certo, non guarda in faccia nessuno, colpisce ricchi e meno facoltosi. Ma gli effetti del contagio certo non si distribuiscono in maniera uniforme. "La pandemia e la recessione globale possono causare la caduta in estrema povertà di oltre l'1,4% della popolazione mondiale". Questo il parere del presidente della Banca mondiale David Malpass. Secondo l’istituzione internazionale il numero di uomini e donne che a causa del coronavirus cadrà in povertà assoluta (chi guadagna meno di 1,90 dollari al giorno) oscilla tra i 70 e 100 milioni. Che ovviamente si aggiungono a quanti in povertà già c’erano.
Anche Gita Gopinath del Fondo monetario internazionale sostiene che: "Le perdite a causa del Covid già rappresentano una forte battuta d’arresto negli standard di vita rispetto a quanto previsto prima della pandemia”, sottolineando come il virus causerà quest’anno il primo aumento della povertà estrema degli ultimi 20 anni. “Quasi 90 milioni di persone scivoleranno sotto la soglia degli 1,90 dollari al giorno di reddito”. Ed è proprio il Fmi ha rendere evidente il legame tra mancanza di lavoro e povertà. Nell’ultimo Autlook annuale si attesta che nel secondo trimestre di quest’anno le ore di lavoro perse rispetto agli ultimi tre mesi del 2019 “equivalgono alla perdita di 400 milioni di posti a tempo pieno”.
Ancora, nel suo ultimo rapporto Più tardi sarà troppo tardi, Oxfam denuncia che 55 milioni di persone, in 7 paesi, sono sull’orlo della carestia per l’effetto combinato di conflitti, disuguaglianze estreme e pandemia. E l’allarme si fa ancora più grande perché i paesi più ricchi concentrano le risorse al loro interno per fronteggiare la crisi economica che segue quella sanitaria, il risultato è che stanno riducendo di un terzo gli aiuti destinati ai paesi poveri.
E in Italia le cose sono altrettanto preoccupanti. A leggere l’ultimo rapporto sullo Sviluppo sostenibile dell’Istat che analizza i dati del 2018 si scopre che la popolazione a rischio povertà o esclusione sociale è pari a circa 16 milioni e 400mila persone (27,3%) e il 6,5% delle famiglie era in povertà assoluta già prima del coronavirus. Mentre secondo un recente rapporto di Banca di Italia diffuso lo scorso 26 giugno la conseguenza del lockdwon è che “la quota di popolazione che non ha sufficienti risorse finanziare liquide per poter restare alla soglia di povertà per 3 mesi in assenza di altre entrate raggiunge il 55%”. È bene ricordare che grazie alle richieste dei sindacati e alle mobilitazioni dei lavoratori il governo ha esteso fino e fine anno blocco dei licenziamenti e prolungamento degli ammortizzatori sociali altrimenti la situazione sarebbe probabilmente peggiore, e vista la ripresa della pandemia Cgil Cisl e Uil chiedono di prolungare questi provvedimenti. E Maurizio Landini, segretario generale della confederazione di Corso d'Italia, chiede al governo l'apertura immediata di un confronto, la proroga del blocco dei licenziamenti e l'estensione degli ammortizzatori sociali.
L’Alleanza contro la povertà, cartello di 36 organizzazioni tra le quali la Cgil, ha avanzato otto proposte al governo per sostenere chi in povertà già è caduto. Ricordiamo che le famiglie beneficiarie del Reddito di cittadinanza sono quasi 1 milione e 400 e la prima delle 8 proposte è proprio quella di incrementare il sostegno economico soprattutto per i nuclei con figli; di includere nello strumento anche coloro che sono caduti recentemente in povertà e hanno usufruito del Reddito di emergenza e di estenderne la platea dei beneficiari includendo gli stranieri con la riduzione degli anni di residenza richiesti per l’accesso alla misura da 10 a 2.
“Per invertire questa grave battuta d'arresto al progresso dello sviluppo e alla riduzione della povertà, i paesi dovranno prepararsi per un'economia diversa dopo Covid, consentendo al capitale, al lavoro, alle competenze e all'innovazione di entrare in nuove imprese e settori". Lo afferma il presidente della Banca mondiale David Malpass, e – forse - dovrebbe servire da monito a quanti si apprestano a scrivere legge di Bilancio e Recovery Plan.