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Lo dicono i numeri, lo confermano le varianti: il coronavirus non ha affatto abbandonato il mondo, né la pandemia può dirsi in fase calante. Il tasso di contagiosità stabile attorno al 15 per cento, l’indice Rt tornato, e non di poco sopra l’1, e ancora, una media giornaliera di decessi ben oltre il centinaio, 160 mila da inizio diffusione del virus, e l’occupazione dei reparti ospedalieri dedicati in lenta ma costante risalita. E se questo è quel che accade in Italia, certo non va meglio in altri paesi d’Europa. Per non parlare di quel che accade in terre lontane, con condizioni sociali e sanitarie molto diverse da noi e dove la copertura vaccinale non arriva nemmeno al 10 per cento della popolazione.
Oggi, 7 aprile, è la giornata mondiale del diritto alla salute. Diritto in troppe parti del pianeta negato, come lo è nelle tante periferie del Vecchio continente. Ed è per questo che la Campagna europea Right2cure no Profit on Pandemic torna a chiedere la sospensione dei brevetti sui vaccini, su tamponi e kit diagnostici, sui farmaci specifici che cominciano ad essere diffusi, ma solo in Occidente. E questo è uno dei problemi, forse il problema: nelle aree povere del mondo, lì dove risiede una popolazione scarsamente vaccinata, si producono e riproducono varianti di Sars Covid-2. Ma è mai possibile che i paesi ricchi siano così miopi che per non “disturbare” le multinazionali del farmaco e le “sacre leggi del commercio”, oltre a consegnare un numero considerevole di uomini e donne al virus, mettano a rischio sé stessi rallentando la ripresa dalla pandemia?
Per questo il comitato italiano della Campagna, di cui la Cgil fa parte, sostiene che “con una nuova variante Sars-CoV-2, la Xe, che si aggira per l'Europa e altre che rischiano di svilupparsi e diffondersi nei paesi più poveri e meno attrezzati, e con la tragica guerra in Ucraina, potremmo trovarci davanti a un terreno privilegiato per la ripresa e diffusione della pandemia, a oggi tutt’altro che debellata”.
Anche per questo “si chiede al Wto, nella prossima riunione prevista per giugno dopo il rinvio dello scorso dicembre, di non accettare la proposta cosiddetta di compromesso presentata dall’Ue a Stati Uniti, India e Sudafrica, perché non solo prevede unicamente la sospensione dei brevetti sui vaccini e non di quelli sulla diagnostica e sui farmaci per il Covid, rinviati a tempi infiniti, ma anche perché non mette in discussione una serie di norme di protezione su vaccini e medicinali (segreti commerciali, dati scientifici e design industriale) come invece previsto dalla proposta originale di India e Sud Africa”.
E proprio perché la pandemia non è affatto debellata che occorre anche da noi mantenere comportamenti prudenti, la copertura vaccinale, che pure in Italia è elevata, se contribuisce a render meno grave l’infezione, non ne limita a sufficienza la diffusione. Per questa ragione, a conclusione di un incontro tra i ministeri del Lavoro, della Salute, dello Sviluppo economico e le parti sociali per la valutazione del protocollo condiviso del 6 aprile 2020 per l’adozione delle misure anti contagio in azienda, la Cgil dice: “Siamo soddisfatti della conferma della validità dei Protocolli Covid, esigenza condivisa da tutte le organizzazioni sindacali, da Istituzioni e Inail in quanto si tratta di strumenti importanti ed efficaci per rendere i luoghi di lavoro ambienti sani e sicuri anche in questa fase pandemica, ancora incerta negli esiti”.
“Come Cgil – si sottolinea nella nota – abbiamo posto l'esigenza, oltre che della prosecuzione del lavoro dei comitati aziendali e territoriali e della valenza dei protocolli sulla sicurezza siglati per specifici settori, anche della risoluzione delle problematiche relative ai lavoratori ‘fragili’ e a quelle dei congedi per i genitori con figli minori, che ancora non hanno visto una risoluzione soprattutto dal punto di vista della copertura, cosa che rischia di lasciare molti lavoratori e lavoratrici senza alcuna retribuzione”. La Confederazione aggiunge che “sono stati previsti due ulteriori incontri per una eventuale revisione e attualizzazione del protocollo stesso, alla fine di aprile e alla fine di giugno, secondo le tempistiche stabilite dal governo per la scadenza di alcuni provvedimenti di carattere emergenziale e per il conseguente alleggerimento di alcune restrizioni”. “Anche su questo – conclude la Cgil – abbiamo ribadito la nostra posizione sulla necessità di non abbassare la guardia per poter finalmente cominciare a vedere l'uscita dalla fase pandemica che ha messo fortemente in crisi la vita di lavoratori, cittadini e aziende”. Infine, il sindacato guidato da Maurizio Landini, ha lanciato un appello ai deputati e alle deputate:" affinché vengano tutelati i lavoratori e le lavoratrici del settore privato e del settore pubblico in condizione di fragilità".
Ma torniamo ai vaccini. Uno delle questioni, prevedibili in realtà, che grida davvero allo scandalo, come sottolinea il comitato italiano della Campagna europea Right2cure no Profit on Pandemic, è quanto emerso dall'inchiesta ‘Follow the doses’ sulle donazioni dei vaccini da parte dei paesi europei, Italia compresa, alle popolazioni delle aree più svantaggiate: "Gran parte dei vaccini donati all’Africa sono scaduti o stanno per scadere, quindi sono inutilizzabili e per di più devono essere smaltiti, con pesanti costi aggiuntivi”. “Inoltre – conclude il comitato – per i contratti capestro stipulati dalla Commissione Ue su mandato dei nostri governi, dobbiamo chiedere il permesso a Big Pharma per fare le donazioni: non solo abbiamo finanziato la ricerca e la produzione, acquistato i vaccini, pagandoli una seconda volta, ma ora non li possiamo neanche donare liberamente ai diseredati della terra”.