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L’università continua a fare cassa, in maniera illegittima, sugli studenti. In un contesto in cui il diritto allo studio latita. È questo che, indirettamente, ci dice una sentenza storica del Consiglio di Stato che dà ragione all’Udu Torino, ribaltando la sentenza di primo grado e condannando l’ateneo a restituire oltre 39 milioni di euro agli studenti. A questa cifra ammontano le risorse illegittimamente richieste attraverso la contribuzione studentesca del 2018.
Ma cerchiamo di capire bene l’intera questione. L’articolo 5 del Dpr 306/1997 prevede che gli atenei possano, al massimo, domandare una contribuzione studentesca – cioè tasse – pari al 20% del Fondo di finanziamento ordinario. In altre parole, se lo Stato dà 100, gli atenei non possono chiedere più di 20 agli studenti. L’ateneo piemontese nel 2018 ha invece chiesto 94 milioni di euro ai propri studenti, mentre secondo quei parametri si sarebbe dovuto fermare a 55.
“Si tratta di una palese violazione dei limiti legali. Una cifra mostruosa che fa capire la gravità della sentenza che farà sicuramente storia. Finora solo l’Università di Pavia era stata condannata per ben quattro esercizi finanziari, ma per importi inferiori”, attacca Pasquale Scordo, coordinatore dell’Udu Torino
Scordo spiega che la sentenza dimostra come “per anni moltissime delle università italiane abbiano richiesto una tassazione studentesca fuorilegge, nell’assurda pretesa di scaricare sugli studenti il sottofinanziamento statale dell’Università pubblica italiana”. L’iniziativa dell’Udu, continua, “non ha come intento quello di danneggiare il nostro ateneo, bensì di garantire la tutela del diritto, motivo per cui chiediamo al Rettore Geuna di abbassare le tasse, riportare l’istituzione accademica nella legalità e prevedere immediatamente i rimborsi a favore degli studenti non solo per il 2018”.
Una battaglia legale che l’associazione studentesca sta portando avanti da tempo, visto che, sottolinea Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Unione degli universitari, “abbiamo stimato in 18 gli atenei che presentavano nel bilancio preventivo una contribuzione studentesca fuorilegge”.
E lo fanno ricorrendo a un escamotage: scorporano dal gettito totale i contributi versati da studenti fuoricorso e internazionali, “ma la sentenza di oggi ribadisce come lo scorporo sia illegittimo. Tali pratiche sono inaccettabili dal momento che, come affermato dal Consiglio di Stato, violano la differenza essenziale con gli atenei privati. Infatti, gli atenei statali dovrebbero basare il proprio finanziamento principalmente sulla fiscalità generale, potendo richiedere agli studenti soltanto un contributo a titolo di compartecipazione”, attacca Piredda.
Facendo così, continua Piredda, “hanno snaturato la loro funzione e posto una illegittima barriera economica all’accesso al diritto costituzionale di studiare”. E poi un appello ai Rettori: “Fermatevi! State dalla parte degli studenti e difendete il sistema universitario, anziché contribuire a smantellarlo e a renderlo sempre più iniquo”
Risultati di questa battaglia per studi superiori accessibili a tutti se ne sono avuti. Ad esempio l’innalzamento della no tax area fino a 22.000 euro Isee, e un piccolo aumento del Fondo di finanziamento ordinario. Tuttavia, conclude la coordinatrice Udu, “con la ministra Bernini entrambe queste dinamiche si sono fermate. Chiediamo quindi alla ministra di ritornare urgentemente sul tema, aumentando la fascia di esonero alla contribuzione studentesca a rafforzando il finanziamento pubblico. Noi crediamo che le università pubbliche dovrebbero essere sostanzialmente gratuite, similmente a quanto accade in Germania o in Francia”.