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La Corte suprema degli Stati Uniti potrebbe revocare il diritto all’aborto in vigore dal 1973 grazie proprio a una storica sentenza della stessa Corte, la Roe vs Wade, che stabilì che lo Stato non ha diritto d'intervenire nella decisione di una donna sulla sua gravidanza.
La notizia apre uno scenario inquietante nel mondo occidentale, confermando vecchi timori delle associazioni internazionali impegnate in difesa dei diritti civili che da anni sostengono l’esistenza di una rete sovranista di destra che utilizza l’aggressione ai diritti delle donne e delle comunità Lgbtq a sostegno di una politica ultraconservatrice, ma anche come strumento per polarizzare il proprio elettorato.
Non è un caso, infatti, che l'intervento della Corte suprema, disegnata nella sua attuale composizione dall'ex presidente Donald Trump, col quale si punta a revocare il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, emerga a pochi mesi dalle elezioni statunitensi di midterm che potrebbero cambiare gli equilibri politici del Congresso a favore dei repubblicani.
Esiste un fil noir che unisce gli Stati Uniti di Trump con il Brasile di Bolsonaro, la Russia di Putin, l’Ungheria di Orban, la Polonia dell’ex premier Jaroslaw Kaczynski, leader del partito conservatore Diritto e giustizia, dove proprio la Corte costituzionale nel gennaio scorso ha dichiarato l’aborto incostituzionale. Una rete ricca di bianchi potenti che finanzia in tutto il mondo partiti sovranisti e associazioni antiabortiste e pro famiglia “tradizionale”.
Le stesse che nel nostro Paese periodicamente pubblicano squallidi manifesti contro l'aborto e le donne e le loro scelte personalissime, che dichiarano che gli omosessuali vanno curati e che, attraverso la promozione di teorie psichiatriche mai condivise dalla comunità scientifica, usano la minaccia della sottrazione dei figli contro le donne che vogliono separarsi o che denunciano i mariti per violenza.
Nel 2019 in Italia quel fil noir ha preso la forma del Congresso mondiale delle famiglie di Verona, al quale sfilarono con grande eco mediatica sia il leader della Lega Matteo Salvini sia la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. A conferma dell’esistenza della rete, la genesi stessa del Congresso mondiale delle famiglie che prese le mosse negli anni Novanta dalla sinergia tra Alan Carlson, un americano ultracattolico al tempo alla guida di un potente gruppo conservatore che si oppone ad aborto, divorzio e omosessualità, con un sociologo e demografo russo Anatoli Antonov, preoccupato per le conseguenze in chiave economica del calo demografico. Dio, patria e famiglia, in sintesi.
In Italia il tema è rimasto per ora confinato a livello regionale, dove governi a trazione FdI/Lega (Umbria, Marche, Piemonte, Veneto, Abruzzo, Basilicata) hanno condotto in questi anni politiche di contrasto alla contraccezione e all’aborto, anche finanziando con denaro pubblico le associazioni antiabortiste e ultracattoliche e favorendo la chiusura dei consultori pubblici. Ma alle prossime elezioni anche il nostro Paese rischia di trovarsi come gli Stati Uniti, che nel bel mezzo del 2022 si sono svegliati un mattino col rischio di fare un salto indietro di quasi cinquant’anni nel campo dei diritti civili e della libertà delle donne e di tutto il Paese.