Ancora una volta, l’ennesima e purtroppo non sarà l’ultima, l’estrema destra al governo nel nostro Paese ha messo in atto un’azione mirata contro i diritti e sui corpi delle persone. La Commissione Cultura della Camera ha infatti approvato una risoluzione di maggioranza tesa a prevenire “l’introduzione della cultura gender nelle scuole”.

Se la considerassimo un’azione di mera propaganda, cosa che non sarebbe per nulla insolita per questo governo, la cosa apparirebbe abbastanza trascurabile: d’altra parte, la stessa presidente del Consiglio, paladina della “battaglia antigender”, intervistata tempo fa sul punto, alla domanda su cosa fossero le teorie gender fu costretta a rispondere che lei stessa doveva ancora capirlo. Un’operazione di comprensione peraltro impossibile, considerato che si tratta di un discorso d’odio introdotto dall’estrema destra americana e poi diffuso dai movimenti reazionari e integralisti di diversi Paesi ma privo di qualunque riscontro nella realtà: una parola d’ordine, insomma, tesa a solleticare la rabbia e la pancia dell’elettorato più radicalizzato.

Ma al di là di una battaglia che dunque è meramente ideologica, questa presa di posizione ci dice chiaramente alcune cose assai preoccupanti, anche – ma non solo – perché si collega e vorrebbe fare da apripista alla proposta depositata alla Camera a prima firma Ravetto che vorrebbe introdurre nelle norme sull’offerta formativa nell’ambito dell’autonomia scolastica, il divieto di diffusione – appunto – delle “teorie sul gender”.

Innanzitutto svela la compattezza sul tema di una maggioranza che nella narrazione pubblica avrebbe al suo interno delle posizioni meno reazionarie sulla questione, ma poi si muove all’unisono quando si tratta di mandare segnali precisi a quei fenomeni di radicalizzazione a cui accennavamo.

Ci dice poi che, dietro l’appello antigender, si nasconde una pervicace volontà di non consentire percorsi scolastici di educazione sessuale, affettiva e al rispetto delle differenze: la battaglia contro la violenza di genere e omolesbobitransfobica la si intende contrastare solo con strumenti penali e repressivi (la propaganda, ancora), ma non sia mai che si pongano in essere provvedimenti che affrontino in chiave di prevenzione il tema della cultura patriarcale, misogina e omolesbobitransfobica da cui derivano i fenomeni di violenza ai quali continuiamo ad assistere.

L’ultimo obiettivo, non in ordine di importanza ed espressamente sottolineato nella proposta di legge Ravetto, è quello di proseguire la feroce battaglia contro le carriere alias nelle scuole, nel tentativo di inchiodare le ragazze e i ragazzi al loro destino biologico e privarli di uno strumento che – dati alla mano – dà loro la possibilità di una vita scolastica e sociale serena e riduce di molto il rischio suicidiario indotto dalla mancata accoglienza.

Insomma, si tratta di parole d’ordine integraliste e reazionarie che nascondono degli obiettivi ancora più meschini e violenti.

Nei mesi scorsi la nostra organizzazione ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il mondo associativo attivo sulle tematiche della discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere; non c’è alcun dubbio che continuerà ad essere al fianco di chi si batte per una scuola accogliente per tutte e tutti, per percorsi educativi che insegnino il valore del rispetto e della valorizzazione delle differenze. E seguirà con attenzione l’iter parlamentare della proposta di legge Ravetto,il cui fine ultimo è con tutta evidenza quello di amplificare ancora di più un’impostazione discriminatoria.

Sandro Gallittu è responsabile dell'Ufficio Nuovi diritti della Cgil nazionale