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Oggi, 10 dicembre, è la Giornata mondiale per i diritti umani. Ed è stata preceduta, nei giorni scorsi, da due buone notizie. Il rilascio di Patrick Zaki dalle carceri egiziane dopo quasi due anni di detenzione arbitraria e l’arresto a Parigi del saudita Khalid Alotaibi, uno degli accusati dell’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi il 3 ottobre 2018. Omicidio per il quale, secondo le denunce delle organizzazioni umanitarie e delle associazioni di giornalisti ma anche secondo documenti dell’intelligence statunitense, sarebbe stato disposto e voluto dal principe ereditario saudita Mohammad bin Salman. Ovvero lo stesso omaggiato nei giorni scorsi (e questa, invece, non è una buona notizia) dal presidente francese Emmanuel Macron, dopo l’ennesima vendita di armamenti: l’Arabia Saudita ne è il primo acquirente al mondo.
Alla soddisfazione per i due avvenimenti deve però accompagnarsi la consapevolezza (e la denuncia) che sono ancora migliaia i casi di arresti e detenzioni arbitrarie sia in Egitto, sia in Arabia Saudita, entrambi paesi dove la tortura è di casa, così come l’oppressione delle donne. In Egitto il 2020 si è chiuso con un aumento del 300 per cento nel numero di condanne a morte, mentre il 2021 si è aperto con l’approvazione da parte del governo di un progetto di legge in base a cui le donne per sposarsi debbano avere il consenso di un “guardiano” maschio, che firmerà un contratto di matrimonio. Anche in Arabia Saudita la pena capitale è utilizzata senza remore: da gennaio 2021 a luglio vi sono state 40 condanne a morte, più dell’intero anno precedente. In quel paese in carcere finiscono soprattutto difensori dei diritti umani e loro parenti, giornalisti, attiviste per i diritti delle donne, oppositori, membri della minoranza sciita e, dal 2020, anche coloro che criticano la politica delle autorità rispetto alla pandemia di coronavirus.
Di questi casi e di tanti altri casi di violazioni tratta il 19° Rapporto sui diritti globali – Stato dell’impunità nel mondo 2021 che viene presentato oggi alla stampa, alle ore 11.30, presso la Sala Santi, nella sede della Cgil nazionale, in Corso d’Italia 27, Roma. Intervergono Monica Di Sisto, vicepresidente Fairwatch, Pier Antonio Panzeri, presidente Fight Impunity, Gianni Tognoni, segretario generale tribunale permanente dei Popoli-Fondazione Basso, Kurosh Danesh, responsabile nazionale del dipartimento immigrazione della Cgil, Sergio Segio, curatore del Rapporto, direttore Associazione società informazione.
La novità di quest’anno è una sezione del volume espressamente dedicata a un “Osservatorio sulle impunità”, dove in 13 focus-paese vengono riassunti e documentati casi di violazioni e impunità avvenuti in Egitto, Arabia Saudita, Siria, Iran, Turchia, Afghanistan, Russia, Colombia, Cile, Messico, Myanmar, Cina. La nuova sezione, che inaugura un lavoro sistematico e continuativo di indagine sul fenomeno, attraverso la raccolta ed elaborazione di informazioni, si propone anche di costruire sinergie a livello internazionale con altre Ong, centri studi e gruppi di ricerca.
Ai consueti capitoli del Rapporto, dedicati ai diritti sociali, a quelli economici, a quelli ambientali e a quello riservato al quadro internazionale e geopolitico, quest’anno se ne affianca uno nuovo, espressamente rivolto ai diritti umani e alle impunità. Tra gli altri approfondimenti ve ne sono dedicati alla guerra nello Yemen e al ruolo dell’Unione europea, alla lotta contro l’impunità nella Repubblica democratica del Congo, alle violazioni dei diritti umani in Mozambico, ai diritti dei popoli e diritto internazionale, al controllo sociale e ai dispostivi pandemici in Cina, alla libertà di stampa in Ungheria e negli altri paesi di Visegrád, all’Intelligenza artificiale e alle guerre del futuro, alle carceri in Europa durante la pandemia e agli abusi carcerari in Medio Oriente e in Nord Africa.
La disamina dei diritti globali, condensata nelle 424 pagine del 19° Rapporto, si svolge nel secondo anno della pandemia, che mostra ancor più vulnerate le diverse sfere di questi diritti, come riassume Pier Antonio Panzeri, presidente di Fight Impunity nella sua prefazione: “La pandemia da Covid-19 è stata usata, in diversi paesi, per determinare una ulteriore stretta verso oppositori politici, difensori dei diritti umani, Ong, accentuando negli Stati l’importanza assunta dalle politiche di chiusura, in nome della sicurezza, spesso utilizzata come pretesto”.
Più in generale, la crisi legata alla pandemia, scrive il segretario generale della Cgil Maurizio Landini nella sua prefazione, mostra “tutte le debolezze di un modello di sviluppo globale che ormai non risponde più alle esigenze delle persone e del pianeta stesso. La pandemia e le sue cause sistemiche, quindi, pongono con ancora maggiore urgenza la necessità di una riflessione sullo sviluppo e un cambiamento deciso dei paradigmi che lo presiedono”.
Proprio alla necessità di quel cambiamento è dedicato il titolo del 19° Rapporto: “Un altro mondo è possibile”. Possibile, urgente e necessario, ribadisce nell’introduzione Sergio Segio, il curatore del volume, che intende essere un piccolo ma rigoroso contributo di analisi e informazione in tale direzione: “Anno dopo anno cerchiamo di analizzare ciò che succede a livello globale dall’angolatura visiva di quelli di sotto. Con lo sforzo di fare scaturire dal ragionamento e dalla denuncia proposte costruttive, nella prospettiva della giustizia ambientale, economica e sociale, della democrazia integrale e dello Stato di diritto. In una parola, dei diritti globali. Una scelta che è, a un tempo, politica, culturale ed etica”.
Il Rapporto sui diritti globali è realizzato dalla Associazione Società INformazione Onlus, con la partecipazione della Cgil nazionale, è promosso da Fight Impunity Association Against Impunity and for Transitional Justice e vede l’adesione delle maggiori associazioni, italiane e non solo, impegnate a vario titolo sui grandi temi trattati nel Rapporto.