Ricorre oggi la Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro, un tema quanto mai attuale non solo per continuare a far sì che l’interruzione volontaria di gravidanza sia sicura per le donne che vi ricorrono ma anche, e soprattutto, che resti nel nostro Paese un diritto garantito dalla legge. Una norma, la 194 del 1978, sotto attacco crescente da parte delle forze politiche di maggioranza.

Medici del mondo: iniziative che ostacolano diritto

Il tema è stato affrontato nella ricerca “Aborto a ostacoli. Come le politiche di deterrenza minacciano l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza” di Medici del Mondo, rete internazionale impegnata a garantire l’accesso alla salute. Presentato alla Camera dei deputati, lo studio denuncia come la politica stia istituzionalizzando le barriere all’accesso all’aborto, trasformandole in vere e proprie politiche di deterrenza, e come queste abbiano una forte ripercussione sulla salute mentale delle persone che vogliono abortire.

Sia a livello nazionale che regionale, la cronaca ci ha riportato tante, troppe, iniziative che di fatto ostacolano un diritto e non garantisco l’accesso a un servizio sanitario che dovrebbe essere sicuro e tutelato.

“La ricerca evidenzia quanto ancora siamo lontani dalle raccomandazioni dell’OMS e da quanto previsto dalla nostra Costituzione in merito al diritto alla salute che dovrebbe essere garantito dai Livelli essenziali di assistenza. E ciò a causa di una chiara volontà politica che può avere conseguenze sulla salute mentale delle persone che vogliono abortire – spiega Elisa Visconti, direttrice di Medici del mondo Italia – Come organizzazione medico sanitaria, chiediamo al ministero della Salute di adeguare la normativa e le procedure in materia di Ivg recependo integralmente le raccomandazioni dell’OMS del 2022 e di garantire un sistema sanitario davvero capace di garantire il diritto all’aborto. L’interruzione volontaria di gravidanza deve essere considerata esclusivamente come un atto medico, privo di connotazioni ideologiche, volto a garantire la tutela della salute psicofisica della persona gestante”.

Barbaresi e Ghiglione: difendere diritti delle donne

“Alla luce degli orientamenti e delle scelte di questo Governo e delle azioni che alcune Amministrazioni stanno mettendo in campo limitando la libera scelta delle donne sull’accesso a un aborto libero e sicuro, quest’anno – spiegano Daniela Barbaresi e Lara Ghiglione, segretarie confederali Cgil – abbiamo voluto dare un segnale più fortemente politico inviando, dai territori, ai e alle presidenti di Regione e agli assessori alla Salute-Sanità, una lettera per rivendicare politiche che permettano alle donne di interrompere una gravidanza in modo sicuro e sereno. A partire dal non autorizzare spazi alle associazioni antiabortiste”. “Dobbiamo – sottolineano – continuare a difendere le conquiste e i diritti delle donne”.

I numeri parlano chiaro

lo scorso anno, con il primo report “Aborto farmacologico in Italia: tra ritardi, opposizioni e linee guida internazionali”, Medici del Mondo aveva già documentato come numerose barriere rendano l’Ivg nel nostro Paese una corsa a ostacoli e contro il tempo: dalla difficoltà a reperire le informazioni sull’iter da seguire, passando per la mancanza di consultori e gli elevati tassi di obiezione di coscienza, fino alla mancata o parziale applicazione delle linee di indirizzo rispetto all’aborto.

Chi vuole interrompere la gravidanza si trova quindi davanti ad una lunga serie di ostacoli pratici, ed anche economici, considerati i costi di doversi muovere in città o addirittura regioni diverse per poter abortire. In questo scenario la lotta all’aborto si è fatta sempre più pesante attraverso vere e proprie politiche di deterrenza.

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Basta guardare i numeri per capire quali siano le difficoltà pratiche che si incontrano, prima ancora di entrare nel vortice della colpevolizzazione rispetto ad una scelta che è un diritto.

In Italia gli obiettori di coscienza, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute, sono il 63,4 per cento dei ginecologi e il 40,5 per cento degli anestesisti a cui si aggiunge il 32,8 per cento del personale non medico.

Il dato regionale mostra ancora di più le difficoltà che una donna può incontrare a seconda di dove vive: in Sicilia si raggiunge l’85% di obiettori, in Abruzzo l’84 mentre in Emilia Romagna sono il 45% e in Valle d’Aosta il 25.

Oltre i numeri, che non contano poco, poi c’è anche l’aspetto legato alla qualità del servizio che viene fornito. Il poco personale che non è obiettore non riesce ad accogliere tutte e, spesso e volentieri, insieme a chi dovrebbe garantire un diritto previsto dalla legge ci si ritrova davanti movimenti e associazioni per la vita pronte a farti cambiare idea in cambio di pannolini in omaggio e ad un ipotetico sostegno alla genitorialità.

La violenza psicologica

“Potevi pensarci prima”, “Queste ragazzine sempre con le gambe aperte” sono solo alcune delle frasi delle testimonianze raccolte da diverse associazioni – e riportate nel report di Medici del Mondo – che parlano di situazioni al limite: atteggiamenti ostili e linguaggio offensivo del personale sanitario, psicologi e psicologhe che chiedono continuamente “sei sicura?”, medici che non si presentano agli appuntamenti appositamente per allungare i tempi, donne costrette ad ascoltare il battito fetale e a firmare, contro la loro volontà, per la sua sepoltura.

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Una vera e propria violenza psicologica, sistemica e costantemente aggravata dai ripetuti tentativi dei gruppi antiabortisti di umanizzare l’embrione e criminalizzare la persona che ha scelto di interrompere la gravidanza, cercando di creare sensi di colpa.

L’ostetrica: di aborto prima si moriva, voglio aiutare le donne

“Io rappresento lo Stato, che è laico” ha scritto, sui suoi profili social, Francesca Catelli un’ostetrica che lavora in un consultorio quando, ad aprile dello scorso anno, Fratelli d’Italia presentò l’emendamento che legittimava a livello nazionale l’entrata delle associazioni pro-life nei consultori. “Ho scelto di fare questo lavoro – spiega Francesca – perché sono una donna che vuole dedicare la sua vita ad aiutare le altre in ogni situazione. La 194 ha tanti buchi, ma è nata perché prima di aborto si moriva”.

“Fare un primo accesso al consultorio permette di ricevere anche aiuti di un certo tipo: informazioni per un eventuale sostegno economico a seconda della situazione, sostegno emotivo, psicologico, fisico. Quindi anche uno spazio per quelle donne che non sono convinte di questa decisione, alcune vengono solo accompagnate ad accogliere una gravidanza che inizialmente ha portato tanti dubbi e difficoltà. Per le donne che scelgono invece l'interruzione dopo è previsto un colloquio per trovare la loro contraccezione ideale e ne potranno usufruire un anno senza doverla pagare”, racconta Francesca ricordando che “l'intero percorso è gratuito, è curato da parte di professionisti e professioniste che hanno studiato e lavorato a lungo per fare questo”. “Un team – aggiunge – non solo di professionisti e professioniste, ma prima di tutto di persone che hanno imparato a mettere da parte la propria vita personale di fronte alle scelte di un'altra persona”.

“Io – conclude Francesca – sono solo un mezzo per aiutare a raggiungere quello che davvero le donne o a volte le coppie desiderano, perché è un loro diritto. Non sono una giudice, avrei fatto un altro lavoro ed un altro percorso di studi. Questo mi rende orgogliosa di essere nata e di vivere in questo paese. Care associazioni pro-life, vi aspetto in prima linea e non mancherà giorno in cui vi farò sentire al posto sbagliato. Ho letto che qualcuno lo ha già suggerito, ma ve lo ripropongo volentieri: se siete a favore della vita potreste andare nel Mediterraneo per esempio, dove sono stati e purtroppo saranno recuperati molti corpi di bambini e bambine di ogni età”.