“Siamo una struttura di prossimità”. Lo dice con orgoglio, una volta di più, Michele Pagliaro, presidente dell’Inca. L’intervista è un passaggio istituzionale, come sempre si programma quando cade una ricorrenza come questa, 80 anni, ma è un’intervista vera, un flusso di coscienza che poi ritroveremo, in maniera più sistematica e strutturata, nella relazione di apertura dei lavori dell’11 febbraio, la data in cui, nel 1945, la Cgil guidata da Giuseppe Di Vittorio diede vita all’Istituto.
I numeri dell’Inca
“Siamo il primo patronato del Paese da quando siamo nati – spiega il presidente –. Siamo un punto di riferimento fondamentale, anche come sistema dei patronati più in generale. Oltre una pratica su due è presentata attraverso gli isitituti di assistenza, in ambito previdenziale questo dato tocca il 65%. L’Inca ha 106 uffici provinciali, 694 zonali, 26 sedi nel mondo. Quotidianamente – dice Michele Pagliaro – incontriamo le persone, i loro problemi, le loro storie. Costruire la tutela che caratterizzerà il futuro di questo Paese, aver chiuso circa 3 milioni di pratiche all’anno negli ultimi anni, andando progressivamente a crescere, anche a causa della crisi economica e degli strappi sempre più evidenti nel tessuto occupazionale. E solo il 25% sono pratiche finanziabili”.
Una storia che si intreccia con quella della Repubblica
Numeri importanti che nascono da una storia legata a doppio filo alla storia della repubblica. Nato proprio nei giorni in cui la Resistenza partigiana liberava il paese dal nazifascismo, l’Inca annovera ben quattro presidenti tra i membri della Costituente, fin dal primo, Aladino Bibolotti cui si deve questa perfetta sintesi della missione del patronato, citata da Pagliaro nella sua relazione: “l’Inca si colloca al fianco del lavoratore, lo guida gratuitamente dalla fabbrica in cui si infortuna, dall’ufficio in cui si ammala, di istituto in istituto, di sportello in sportello, senza chiedergli di che partito è, senza pretendere la tessera sindacale”.
Una missione che si rinnova, oggi, dopo 80 anni, nelle parole del presidente attuale: “Rafforzare la rete di prossimità fisica e anche digitale è uno degli obiettivi principali della nostra azione. Perché abbiamo vissuto sulla pelle dei nostri assistiti gli effetti dell’austerity e abbiamo capito che i diritti non sono per sempre ma vanno conquistati e difesi giorno per giorno”.
Dopo 80 anni è tempo di riformare i patronati
E siamo così all’oggi, all’esigenza manifestata da tempo dall’Inca di una riforma dei patronati, perché se ne renda sempre più efficiente e trasparente l’azione, tagliando fuori tutti quei faccendieri che, infiltrandosi in questa rete di prossimità, recano danni agli utenti e al sistema. Se ne discute da tempo ed è già dal 2022 che l’Inca chiede a gran voce un passo avanti nella regolamentazione dell’assistenza. Poche, ma decisive linee di indirizzo rappresentano le richieste dell’Inca: l’aggiornamento delle prestazioni che ricadono sotto il finanziamento pubblico, l’approvazione del decreto qualità, l’innalzamento dei requisiti per i nuovi patronati, il mandato telematico che dovrà essere ben regolamentato, l’aumento della consistenza del fondo, la semplificazione delle attività ispettive attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla transizione digitale.
La sfida della digitalizzazione
Una riforma che in realtà punta verso l’obiettivo da sempre priorità dei sindacalisti della tutela individuale, quegli operatori dell’Inca che aiutano le persone in Italia e nel mondo, “rimettere al centro la persona. Non ci poniamo in contrapposizione con i processi di digitalizzazione scandisce Pagliaro con chiarezza –, vogliamo solo evitare che ci porti alla spersonalizzazione”, quel rapporto di prossimità, la voce amica dell’operatore che assiste l’utente, l’umanità del patronato, seppur supportata da ogni mezzo fornito dalle nuove tecnologie, resta il valore aggiunto che rende unica questa missione di assistenza.
In questo scenario quello degli 80 anni si delinea come “un traguardo molto importante, dopo aver contribuito all’emancipazione delle persone e dell’intera società. Affrontando i cambiamenti epocali che li hanno accompagnati. Basta guardare oggi alla previdenza, sulla quale forniamo consulenze complesse, su misura, spesso riuscendo a far emergere i diritti inespressi di chi si rivolge a noi, quelli che neanche sa di avere”.
“Siamo una grande rete – dice Michele Pagliaro con orgoglio – e credo che le sfide del futuro, anche quelle più difficili riusciremo a raccoglierle proprio perché abbiamo una rete fatta di persone. Oggi l’utenza, le lavoratrici, i lavoratori, le pensionate e i pensionati, i cittadini, hanno bisogno di capire, hanno bisogno di relazioni umane”.