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Sin dai mesi precedenti alla proposta di legge contro l'omotransfobia – che prende il nome dal relatore Alessandro Zan – la Cgil è stata ripetutamente ascoltata in Parlamento insieme ad altre realtà dell’associazionismo e dell’attivismo e ha sempre mantenuto una posizione chiara: l’Italia deve dotarsi di uno strumento legislativo, impegno più volte sollecitato al nostro Paese anche dall’Unione Europea. Allo stesso tempo abbiamo sottolineato che la proposta in discussione era già in partenza un compromesso: era evidente uno sbilanciamento sull’aspetto penale della questione che poco ci convinceva, alla luce del fatto che l’inasprimento delle pene risponde a logiche giustizialiste che la nostra organizzazione da sempre rifiuta. Come purtroppo dimostrato in altri ambiti, infatti, a un aumento delle pene non corrisponde una riduzione dei fenomeni e risposte di questo tipo rappresentano più una risposta istintuale che un autentico rimedio.
Così avevamo segnalato che sarebbe stata necessaria un’azione più incisiva riguardo all’educazione, al rispetto delle differenze nelle scuole e all’introduzione dell’educazione sessuale e sentimentale; e che, ancora, sarebbe stato utile inserire il provvedimento in un pacchetto composito finalizzato al raggiungimento di diritti concreti: dal riconoscimento dei figli e delle figlie delle famiglie omparentali al matrimonio egualitario, fino alla previsione di percorsi più agevoli e rispettosi di quelli attualmente previsti per le persone in transizione. Ci siamo richiamati alla stagione delle grandi conquiste degli anni ‘70, dal divorzio all’aborto, per dire che il riconoscimento di quei diritti aveva spinto in avanti il sentire collettivo molto più di qualunque leva penale.
Questo insieme di considerazioni ci ha fatto dire che la proposta in discussione rappresentava il punto di caduta al di sotto del quale non sarebbe stato accettabile andare. L’approvazione della proposta nella sua integrità deve quindi essere salutata come una notizia estremamente positiva, nella consapevolezza che il percorso è purtroppo ancora irto di ostacoli considerato da un lato che i rapporti di forza in Senato sono profondamente diversi e dall’altro che continuerà l’ostruzionismo di chi, mentre diceva che in questo momento c’erano ben altre questioni da affrontare, paralizzava il Parlamento con la presentazione di emendamenti con finalità sempre dilatorie e frequentissimamente improntate all’offesa e al dileggio delle persone gay, lesbiche e transgender e delle loro famiglie.
L’auspicio è quindi che la proposta mantenga la sua integrità anche in Senato, mettendosi al riparo dai rischi che nella precedente legislatura avevano condotto al naufragio della proposta Scalfarotto. Sarebbe peraltro un segnale importante se nel contempo venissero depositate proposte di estensione dei diritti che fossero in grado di incidere in profondità sulla cultura del Paese che, se in molte occasioni si è dimostrato più pronto alle novità rispetto a una classe politica timorosa, è oggi in balia di una narrazione mediaticamente preponderante che unisce le spinte sovraniste a quelle integraliste, religiose e non solo.
In attesa degli sviluppi è importante segnalare che nella stessa giornata di ieri (4 novembre, ndr) è stata depositata la sentenza n. 230 della Corte Costituzionale con la quale la Consulta si è espressa relativamente alla legittimità del diniego opposto a due donne che chiedevano la trascrizione della doppia maternità nell’atto di nascita della propria figlia. La Corte ha sì deciso che la questione di legittimità sollevata in relazione alla legge sulle unioni civili non è fondata, ma ha altresì richiamato il legislatore alla necessità di esprimersi sulla questione dell’omogenitorialità tenendo conto sia degli orientamenti diffusi sul tema nel tessuto sociale in questo momento storico, sia dell’interesse superiore del minore. Una decisione che può apparire negativa se ci si ferma al semplice rigetto della questione di legittimità, ma che sembra invece seguire la strada già percorsa dalla Corte prima dell’approvazione della legge sulle unioni civili quando, pronunciandosi sul matrimonio egualitario, aveva rimesso al Parlamento la decisione sul tema sollecitandolo a legiferare. Sarebbe un’ottima notizia se il legislatore raccogliesse quell’invito sintonizzandosi con le istanze di chi vuole ampliare diritti e inclusione, rifiutando invece le posizioni di chiusura di chi vorrebbe continuare ad escludere una parte delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese dal godimento di diritti fondamentali.
Sandro Gallittu, ufficio Nuovi diritti Cgil nazionale