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A Mondragone, dopo quella sanitaria è esplosa la crisi sociale. Una crisi che in molti avevano già previsto. Per tutta la giornata di ieri (25 giugno) ci sono state manifestazioni e scontri tra alcuni residenti italiani e altri bulgari. La miccia è stata accesa dalla scoperta di un focolaio Covid nei palazzoni Cirio, un dormitorio in edilizia popolare nel quale abitano fra le 600 e le 700 persone arrivate dalla Bulgaria per trovare lavoro soprattutto come braccianti nelle coltivazioni del Casertano e del Basso Lazio. Il quartiere è stato isolato lunedì scorso con ordinanza della regione Campania, poi sono esplose le proteste.
Nella notte del 24 giugno si sono vissuti momenti di grande tensione e, verso le 2 del mattino, i vigili del fuoco sono intervenuti per l'incendio di un furgoncino in viale Margherita, a ridosso dei palazzi. Una cinquantina di uomini dell'esercito, richiamati dal governatore De Luca, si sono affiancati ieri alle forze dell'ordine nei controlli delle strade di accesso al complesso. Ieri, tra l’altro, decine di persone, alcune delle quali appartenenti all’estrema destra locale, si sono presentate sotto i palazzi per intonare cori razzisti, vandalizzare auto e chiedere alla polizia di espellere la comunità bulgara dalla città. Alcuni braccianti hanno reagito rispondendo ai manifestanti, talvolta in maniera violenta: uno di loro ha lanciato due sedie sulla folla dal proprio balcone. Sulla questione, ovviamente, stanno speculando anche gli esponenti della destra nazionale.
Il cluster di Mondragone, insomma, ha fatto deflagrare tensioni da tempo annunciate da terzo settore e sindacati, in questo territorio e a livello nazionale. Quello dei Palazzoni Cirio è uno dei potenziali focolai composti da insediamenti di migranti che erano stati denunciati a inizio crisi sanitaria dalla Flai Cgil e da un vasto fronte di associazioni. "Era una bomba sociale che da tempo rischiava di scoppiare e che ieri è scoppiata", fanno sapere dall’associazione Cittadinanza attiva Mondragone. Si tratta infatti di "una situazione che va avanti da anni. Sono persone che vivono alla giornata con quel poco che ricevono lavorando nei campi, se sono bloccati a casa non possono lavorare. Poi però c'è la questione delle attività illegali che si svolgono in quell'area: traffico di sostanze stupefacenti, contrabbando da parte di mondragonesi. C'è anche l'ipotesi che la rivolta sia stata spinta da personaggi locali. È una situazione complessa, difficile da decifrare".
“Teniamo sotto attenzione questa situazione da molti anni – commenta Tammaro Della Corte, della Flai Caserta – fa parte del più ampio fenomeno del lavoro bracciantile nel Casertano. Da troppo tempo queste persone sono costrette a stare stipate dentro quelle case. E nel periodo della raccolta estiva raddoppiano addirittura per venire a lavorare nell’Agro aversano e nel basso Agro pontino. È un assembramento permanente, che in tempi di Covid si fa ancora più pericoloso.”
L’ultima denuncia la Flai Caserta l’ha fatta nel marzo scorso, in pieno lockdown: “Oggi è accaduto tutto quello che sospettavamo potesse accadere. In quelle condizioni bastava un nonnulla, perché piccole tensione tra locali e bulgari ci sono da tempo, ma con l’emergenza sanitaria questi attriti sono esplosi in tutta la loro forza. Bastava un pretesto. E c’è stato”.
“Questa vicenda mette in condizione chi non voleva vedere di dover vedere per forza - commenta Igor Prata segretario generale Flai Cgil Caserta -. Qui lo sfruttamento economico diventa emergenza sociale, nel momento in cui se sei un invisibile non hai neppure tutele sanitarie, non puoi consentirti il lusso di ammalarti. Per tutelare la salute di tutti bisogna applicare la legge contro il caporalato del 2016, fare uscire centinaia di persone dall’oscurità sociale. La tutela di questi cittadini è quella di tutti. E in questo specifico periodo la loro salute è la salute di tutti”.