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Congedi, smart working e bonus baby sitter. Mentre metà del Paese scivola velocemente verso la zona rossa e il conseguente lockdown di almeno 15 giorni, a partire da lunedì (15 marzo), il governo mette in campo strumenti e risorse, 290 milioni di euro, per sostenere le famiglie che si ritroveranno con i figli a casa. Con la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, dai nidi alle superiori, milioni di lavoratrici e lavoratori dovranno fare i conti con il lavoro di cura e intrecciarlo o conciliarlo con i propri impegni professionali. Tutt’altro che semplice. Per adesso ci troviamo a commentare le notizie, non i testi definitivi, anche se queste misure saranno in vigore già a partire da lunedì.
Quai sono gli strumenti
Il provvedimento più atteso è senz’altro quello sui congedi parentali, retribuiti fino al 50% dello stipendio. Potrà usufruirne chi ha figli sotto i 14 anni di età. Per questa misura sono stati stanziati 290 milioni di euro che andranno a coprire anche i congedi richiesti dal primo gennaio scorso, visto che l’ultimo provvedimento scadeva il 31 dicembre 2020 ma, come sappiamo, in molte zone in questi mesi le scuole sono state chiuse e molti genitori si sono ritrovati a dover chiedere congedi utilizzando la normativa ordinaria. Anche i genitori di figli di età compresa tra i 14 e i 16 anni potranno richiedere il congedo, ma in questo caso non sarà retribuito.
In alternativa alla richiesta dei congedi, per chi ha figli sotto i 16 anni di età sarà possibile chiedere il diritto allo smart working.
L’ultimo strumento in campo è il bonus baby sitter, per un valore fino a 100 euro la settimana, riservato alle categorie dei lavoratori autonomi, degli operatori sanitari e delle forze dell’ordine.
Il commento
“Se le notizie di stampa verranno confermate dal testo – ci ha detto Sandro Gallittu, Area Welfare della Cgil nazionale – gli strumenti in campo rispondono alle richieste che avevamo formulato e lo stanziamento di risorse di cui si parla sembrerebbe più significativo del solito. Del resto, abbiamo chiesto che i provvedimenti non abbiano un carattere di temporaneità eccessiva. Proprio per evitare quello che è successo a gennaio e a febbraio, mesi in cui la richiesta dei permessi si è ridotta perché non era prevista la retribuzione al 50%”.
Per la Cgil, almeno finché dura l’emergenza, dovrebbe scattare una sorta di meccanismo automatico tra la decisione di chiudere le scuole in un determinato territorio e la possibilità, per le famiglie, di usufruire di strumenti di sostegno, senza che ci siano dei periodi di tempo scoperti.
Se la cifra che si è letta oggi sui quotidiani, 290 milioni di euro, dovesse essere confermata nel testo, le risorse dovrebbero essere sufficienti a coprire le necessità previste da qui al 30 giugno, che dovrebbe essere la data di scadenza del nuovo provvedimento.
L’altra richiesta pressante della Cgil è che il governo lavori all’estensione di queste misure a tutte le categorie, compresi i lavoratori autonomi e i collaboratori a gestione separata. Al momento non sembra sia così.
Limiti e rischi del provvedimento
Che cosa vi preoccupa rispetto a questi strumenti? Quali sono i limiti maggiori? “Un limite – ci risponde Sandro Gallittu – è senz’altro quello della non cumulabilità dei provvedimenti. Nel caso in cui uno dei due genitori chieda lo smart working, l’altro non può chiedere il congedo o il bonus. Questo, prima di tutto, è un limite culturale, poiché tradisce una visione dello smart working che è quella di una forma di lavoro inferiore. Come se chi ne fruisse potesse lavorare e, al tempo stesso, accudire i figli senza problemi. Una lettura dannosa soprattutto per le donne che più spesso fruiscono di smart working. In questo caso lo strumento diventa un moltiplicatore del gap già esistente tra lavoratrici e lavoratori. Non dissimile da quello che è avvenuto con il part time e ancor più con il part time involontario. Si creano lavoratori di serie A e di serie B, alimentando un problema già forte nel Paese”.
“L’altro limite – continua Sandro Gallittu – è dovuto alle discriminazioni che stanno subendo alcune forme familiari. Sta accadendo, infatti, in molti casi che gli uffici Inps rigettino le domande di permessi e di congedi avanzate dal secondo genitore dello stesso sesso, ancorché sentenze di adozione lo riconoscano pienamente come genitore non solo socialmente ma anche giuridicamente. E accade che a richiesta di chiarimenti sul perché dei rifiuti, gli uffici in questione non rispondano. Questo ci dà lo spunto per chiedere con forza che il Parlamento, quando riordinerà in maniera strutturale la materia, metta in campo un’azione affinché sia chiaro che la normativa deve essere applicata a tutti i tipi di famiglia”.
“Auspichiamo – conclude Gallittu – sempre e ancor di più in questo momento di emergenza che la politica faccia uno sforzo al fine di studiare modalità che incentivino i padri alla fruizione di questi strumenti, per evitare il più possibile che diventino un ulteriore ambito di discriminazione delle donne sul lavoro e di divaricazione di quel gap che già le divide dai colleghi uomini”.