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In estate salutammo la proposta di direttiva contro la violenza sulle donne e la violenza domestica approvata dalla Commissione europea come molto avanzata: introduceva il concetto “Se non c’è consenso è violenza” e indicava i paletti anche per definire violenza e molestie anche mondo del lavoro. Quel testo deve passare, come di consueto, al vaglio del Parlamento europeo e poi i Paesi della Ue avranno due anni di tempo per recepirle e adeguare la propria normativa.
Oggi, nel corso dell’esame parlamentare, si assiste al tentativo, portato avanti soprattutto da alcuni paesi come Polonia e Ungheria, di depotenziare quel testo cassando l’articolo 5 proprio quello che stabilisce che c’è stupro ogni volta che “il sesso è senza consenso”.
E allora le segretarie confederali di Cgil Cisl e Uil Lara Ghiglione, Daniela Fumarola e Ivana Veronese lanciano un vero e proprio allarme: “No all’eliminazione dalla direttiva europea delle norme su stupro e molestie sessuali nel mondo del lavoro”. E aggiungono che proprio mentre aumenta la preoccupazione per il diffondersi della violenza contro le donne si assiste al tentativo di far cassare dalla direttiva l’articolo 5.
La richiesta delle tre dirigenti sindacali è netta: “Le donne di Cgil, Cisl e Uil invitano il governo italiano e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a difendere le norme a tutela delle donne e a promuovere presso tutte le delegazioni e tutti i Paesi un pieno sostegno all’articolo 5 e successivi nell’attuale formulazione della bozza di lavoro, respingendo la proposta al ribasso della presidenza belga”.
Infatti, la mediazione provata dalla presidenza belga nel tentativo di trovare un accordo non va bene perché elimina dall’articolo 4 la definizione “molestie sessuali nei luoghi di lavoro” e cancella completamente l’articolo 5.
“La formulazione originaria – concludono Ghiglione, Fumarola e Veronese - garantisce e protegge di più dalla violenza di genere: non vogliamo cedere a modifiche peggiorative che pagherebbero le donne dentro e fuori i posti di lavoro. Abbiamo bisogno di più tutele, non di minori diritti”.