“Che la pubblica amministrazione in Italia abbia avviato con molto ritardo rispetto agli altri paesi europei il processo di digitalizzazione delle procedure è cosa nota (le diverse banche dati ancora non camminano sullo stesso binario), meno noto è invece che, nonostante l’accelerazione degli ultimi anni, in tema di welfare state, gli italiani fanno molta fatica ad accedere e a farsi riconoscere le diverse misure (indennità, pensioni, sussidi, ecc.) ricorrendo ad una procedura online”. Sono queste le prime considerazioni che emergono da un’indagine promossa dall’Inca e realizzata da Osservatorio Futura con la Fondazione Di Vittorio su “Digitalizzazione della PA e le ricadute sullo Stato Sociale”.
Benvenuti all’Inferno, verrebbe da dire. Perché sembra che uno dei peggiori incubi per la stragrande maggioranza dei cittadini interpellati sia rincorrere le prestazioni, che pure spetterebbero loro, attraverso i percorsi online. Questo il quadro sconfortante emerso dalle risposte di un campione di 6mila intervistati che, nella quasi totalità – il 92% – ha dichiarato – ha ammesso – di “non essere in grado di svolgere pratiche digitali con la pubblica amministrazione”. Solo l’8% è certo di farcela.
I dati eclatanti e forse inaspettati non finiscono qui. Entrando maggiormente nel dettaglio e disaggregando le risposte per fascia di età, infatti, quello che colpisce è la percentuale di persone con una età tra i 35 e i 55 anni, chi per anagrafe ed esperienze ha più occasioni di interloquire con la pubblica amministrazione, che dichiara apertamente la propria incapacità: il 60% del campione.
Tra quanti hanno avviato una pratica digitale, il 56% del campione, solo il 26% dichiara di essere riuscito facilmente a “ottenere quello che voleva”. Il 48% ha ammesso di essere riuscito a ottenere le risposte con grandi difficoltà; il 12% solo dopo avere chiesto aiuto a un parente; l’8% solo dopo avere chiesto aiuto a un patronato; il 6% non è riuscito e si è arreso.
E il quadro generale non migliora quando le domande si fanno più specifiche sui rapporti con Inps e Inail. Se il 47% del campione complessivo dichiara di aver avuto rapporti con l’Inps, soltanto il 16% dichiara di essere riuscito facilmente a ottenere quello che voleva, mentre il 41% sì, ma con grande difficoltà, il 18% ha dovuto chiedere aiuto a un familiare e l’8% si è dovuto rivolgere a un patronato. Il 17% comunque dichiara di non esserci riuscito. Ancora peggio se parliamo di Inail. La percentuale del campione che dichiara di aver avuto un qualche rapporto con l’Istituto scende al 21%, ma soltanto l’11% è riuscito a ottenere quello che voleva; il 38%, sì, ma con grande difficoltà; il 12% solo dopo avere chiesto aiuto a un parente; il 24% solo dopo avere chiesto aiuto a un patronato; il 15% afferma di non esserci riuscito.
Quando al campione vengono sottoposte domande più incalzanti sulle richieste online per il riconoscimento di qualunque prestazione previdenziale e socioassistenziale, il quadro diventa ancor più complicato. Con l’Inps, per esempio, il 32% del campione complessivo non ha mai fatto una pratica attraverso un cellulare o un pc; mentre il 41% lo ha fatto utilizzando un pc e soltanto l’8% con un cellulare, nonostante tutti gli intervistati fossero dotati di smartphone. Colpisce in questo caso il 77% degli intervistati, compresi nella fascia di età tra i 35 e 55 anni, che risponde “non so”.
“I diritti dei cittadini non possono essere condizionati dalle criticità dei processi informatici”
“Da questi risultati – si legge nelle considerazioni finali del documento di sintesi dell’indagine – emerge in modo inequivocabile quanta strada resta ancora da percorrere per considerare acquisito il processo di telematizzazione della P.A; un processo complesso che ha forti ricadute sociali e in modo particolare sulla fruibilità da parte delle cittadine dei cittadini, i cui diritti non possono essere condizionati dalle criticità dei processi informatici, che sono sotto gli occhi di tutti”.
Michele Pagliaro, presidente Inca: “Ci vuole un confronto e un lavoro condiviso tra patronati e PA”
"Riteniamo che sia opportuno un confronto tra i patronati e la pubblica amministrazione generale per potere ipotizzare scenari condivisi – dice Michele Pagliaro, presidente dell’Inca Cgil, nella video intervista a Collettiva sui risultati dell’indagine –. Lo diciamo perché spesso le pubbliche amministrazioni hanno avviato importanti processi di digitalizzazione senza dialogare tra di loro e quindi il nostro obiettivo è un obiettivo di confronto per provare anche a condividere le scelte che si fanno in questa direzione. Sapendo benissimo che la prossimità di cui il sistema dei patronati e in particolare l’Inca si rendono protagonisti oggi più di ieri probabilmente è un valore aggiunto perché la relazione personale contribuisce a rendere migliore la qualità della vita”.
"Siamo convinti – ci ha detto Michele Pagliaro – che in molte prestazioni siamo ritenuti indispensabili anche dalle stesse pubbliche amministrazioni. Recentemente il ministero del Lavoro ci ha chiesto un aiuto per agevolare tutti coloro che avrebbero diritto alle Naspi e che dovranno obbligatoriamente iscriversi nei servizi Siisl (Sistema Informativo per l'Inclusione Sociale e Lavorativa). Credo che questo lavoro condiviso può fare la differenza e migliorare anche il Paese. Sapendo che poi su alcuni ambiti la digitalizzazione da sola non potrà mai risolvere i problemi”.
"La legge che ci regolamenta, la 152 del 2001, è una legge abbastanza datata. Bisognerebbe adeguarla ai nostri tempi – ha detto ancora il presidente dell’Inca – a partire dalla digitalizzazione che può essere un elemento straordinario di innovazione anche per noi. Quindi auspichiamo che la riforma dei patronati possa vedere la luce e continuiamo anche su un’idea della semplificazione del sistema per dare una nuova veste ai servizi di tutela individuale che in questo Paese aiutano anche a sviluppare principi come la solidarietà e le pari opportunità fondamentali per il progresso del Paese”.
L’Inca Cgil risponde offrendo tutela individuale
“Le difficoltà espresse in questa indagine sono lo specchio dei bisogni a cui l’Inca, nel suo ruolo istituzionale, risponde (superando non poche difficoltà) offrendo tutela individuale, previdenziale e socioassistenziale e rendere effettivamente accessibili le prestazioni previste dalla normativa che è continuamente sottoposta a modifiche legislative. Un valido alleato che accorcia le distanze tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino. Il prezioso ruolo di cerniera, che i patronati svolgono, cruciale in questa fase di transizione, è emerso anche dall’indagine, in modo particolare da quel 63% del campione che ha dichiarato di aver conosciuto questi Istituti attraverso canali informali, come il passaparola (solo il 2% attraverso la pubblicità)”.
“La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione – secondo l’Inca – è un processo irreversibile che va governato perché non sono pochi i fattori di criticità e i rischi già emersi e che continuano a emergere, tra tutti anche una progressiva riduzione dei luoghi soprattutto fisici deputati all’intermediazione, al supporto interpretativo, al contatto umano. La gran parte di questi aspetti problematici è riconducibile alle modalità con le quali si è inteso portare avanti il processo di digitalizzazione, segnato da una eccessiva frammentarietà legislativa e dallo scarso coinvolgimento dei corpi intermedi, quali sono i patronati, nella fase di elaborazione e attuazione delle procedure telematiche”.
“Un aspetto – continua il documento – emerso in tutta la sua drammaticità durante la recente crisi pandemica, che ha costretto le istituzioni, compresi gli enti previdenziali, ad accelerare il processo di digitalizzazione e a scaricare sui patronati oneri e impegni di grande entità. Che sia oramai una sfida è un fatto ineludibile. La trasformazione della pubblica amministrazione in chiave digitale rappresenta una delle missioni strategiche delineate anche dal Pnrr, a cui sono state destinate risorse per oltre 6 miliardi di euro, dei quali all’Inps sono andati 180 milioni di euro. Ma è anche una opportunità per sviluppare nuove relazioni con i patronati fondati sul loro coinvolgimento nelle decisioni da prendere, onde evitare che la digitalizzazione si trasformi in una compressione dell’esercizio dei diritti da parte dei cittadini e delle cittadine”.
Per l’Inca è necessario coinvolgere i patronati nella ricerca di soluzioni adeguate
Per l’Inca, “di fronte a queste sfide inedite, è necessario che i patronati possano esprimere le loro posizioni al riguardo nelle sedi opportune, soprattutto per trovare soluzioni adeguate rispondenti ai bisogni reali dei cittadini. Anche il processo di digitalizzazione, quindi, richiama la necessità, più volte espressa dall’Inca, di avviare una riforma dei Patronati con l’obiettivo di innovare e di estendere i servizi offerti al cittadino”.