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Nei giorni scorsi attendevamo che venisse finalmente calendarizzata la discussione in Senato sulla proposta di legge di contrasto all’omolesbobitransfobia, alla misognia e all’abilismo. Una proposta di legge già approvata il 4 novembre dall’altro ramo del Parlamento ma la cui discussione in Senato era slittata a seguito della crisi politica sfociata nel cambio di governo.
Nel corso di questa settimana la commissione Giustizia del Senato, convocata per la calendarizzazione del provvedimento, ha ancora una volta fatto saltare la decisione rinviandola al prossimo mercoledì e accompagnando il rinvio con dichiarazioni circa un presunto carattere “divisivo” della legge e con velate minacce di affidarne la relazione ai più ostinati oppositori della proposta: per esser chiari, il Presidente della Commissione Giustizia, il leghista Ostellari, ha ventilato la possibilità, nel caso in cui le forze politiche che costituivano la precedente maggioranza insistessero per la calendarizzazione, di nominare relatore il Senatore Pillon. Non proprio quel che si dice un tentativo di mediazione.
Mentre si susseguono episodi di violenza anche di recente assurti agli onori delle cronache, dobbiamo ascoltare dichiarazioni di solidarietà provenienti anche dalle parti politiche che più sono pervicacemente a favore del mantenimento dello status quo per non scontentare una parte significativa del proprio elettorato che continua a covare sentimenti omofobi. Dichiarazioni alle quali ovviamente non conseguono comportamenti politici coerenti: intanto il tempo continua a trascorrere senza che nulla avvenga nonostante la mobilitazione e gli appelli che in questi giorni hanno coinvolto anche nomi importanti del mondo artistico e dello spettacolo del nostro paese; e nonostante i ripetuti richiami, da parte delle istituzioni europee, affinché il nostro Paese si doti di una legislazione in linea con i provvedimenti già adottati dal nucleo dei paesi fondatori dell’Unione.
Abbiamo sempre sostenuto che la legge, quando approvata, non costituirà la panacea di tutti i mali perché avrà altrettanta se non maggiore importanza attivare le leve culturali e legislative per la diffusione del rispetto di ogni differenza, per l’inserimento dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole e per il riconoscimento di pieni diritti in linea con quanto previsto dai principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale: tuttavia il passaggio parlamentare e l’approvazione della legge sono necessari, urgenti e non più differibili. L’esistenza, all’interno di una maggioranza di governo divenuta improvvisamente molto composita, di fortissime divergenze sul tema non può più costituire una foglia di fico dietro la quale nascondersi rinviando sine die la discussione: stiamo parlando infatti di un tema squisitamente parlamentare che nulla ha a che vedere con l’accordo di Governo e il Parlamento deve assolutamente recuperare e rivendicare le attribuzioni che gli sono proprie.
L’auspicio è che nella prossima settimana si rompano gli indugi e si consenta l’esame del provvedimento nelle sedi parlamentari: va rispedita categoricamente al mittente l’idea che il contrasto alla violenza e alla discriminazione, da qualunque ragione occasionate, possano considerarsi temi divisivi e non, come sono, temi di civiltà e rispetto della persona.
Sandro Gallittu è responsabile dell'Ufficio Nuovi diritti della Cgil nazionale