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Una sola ora d’aria, all’aperto ma con una grata sopra la testa, per le restanti 23 ore sempre rinchiusa in una cella, con la presenza di topi, scarafaggi e cimici e senza assistenza sanitaria. Queste le condizioni di Ilaria Salis nelle carceri ungheresi confermate dal suo avvocato, Eugenio Losco, e denunciate dopo le immagini diffuse della donna condotta in catene e al guinzaglio all’interno del tribunale di Budapest. L’insegnante di Monza è stata arrestata per avere partecipato a manifestazioni di protesta antifasciste a Budapest ed accusata di un’aggressione a due neonazisti.
“Un regime carcerario paragonabile al nostro 41bis – ci dice Losco –. La signora Salis da 14 mese è chiusa in una cella a non fare nulla tutto il giorno, non ci sono attività e anche la sua richiesta di frequentare la scuola è stata respinta. E’ una dona forte. Al processo l’abbiamo vista sorridente per la gioia di toccare i suoi parenti, perché ai colloqui in carcere, di soli 10 minuti alla volta, è impedito da una barriera divisoria di vetro. C’è da impazzire”.
Il suo caso è assurto all’onore delle cronache dopo la prima udienza del processo, innescando dibattiti e polemiche di matrice politica. Su di esso è intervenuto personalmente anche il capo dello Stato, Sergio Mattarella, esprimendo la sua vicinanza al padre di Salis. Il governo italiano invece, sostenendo di avere fatto quanto in proprio potere, non ha trovato una soluzione per una concittadina detenuta in condizioni inaccettabili, nonostante il buon sangue che corre tra la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il suo omologo ungherese Viktor Orban.
L’avvocato fa il punto sul processo: “A gennaio ci sono state le due udienze preliminari. L’accusa è di avere partecipato a un’aggressione, l’11 febbraio 2023, nonostante le lesioni molto lievi (andavano dai 5 agli 8 giorni di prognosi), e in Ungheria la pena prevista è fino a 24 anni di carcere. A Salis si contestano lesioni potenzialmente mortali in un contesto di associazione criminale (in realtà un’associazione antifascista), in seguito anche al verificarsi di episodi simili verificatisi in Germania tra il 2017 e 2018”.
Durante la richiesta di rinvio a giudizio il pubblico ministero aveva affermato che, se si fosse dichiarata colpevole, le sarebbero stati comminati solamente 11 anni di carcere. “In questi mesi – prosegue Losco – abbiamo chiesto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari in Italia, in virtù di una normativa europea che lo consente per evitare comportamenti discriminatori. Dopo il respingimento della richiesta abbiamo chiesto gli arresti domiciliari a Budapest, ma hanno risposto che sussiste il pericolo di fuga e che la gravità del reato prevede come unica misura il carcere. Il 28 marzo abbiamo impugnato il rigetto e stiamo attendendo. Il 24 maggio invece riprenderà il processo e Salis rischia tra gli 11 e i 24 anni di carcere da scontare in Ungheria”.
Alla domanda se non esistano norme europee che possano impedire la violazione dei diritti umani da parte di uno Stato membro, come le catene e il guinzaglio applicate a Salis, Losco ci ricorda che l’Ungheria è già stata sanzionata più volte e che vi sono raccomandazioni e risoluzioni del parlamento europeo, ma che il paese guidato da Orban non si è mai adeguato. “Noi stiamo depositando il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’Uomo, ma solamente un’eventuale sanzione potrebbe costringere il tribunale ungherese ad adottare diverse modalità. Lo scandalo è che si tratti di un Paese appartenente alla Ue, ma gli interessi economici valgono più che qualsiasi altra cosa. La dimostrazione è che, una volta che l’Ungheria ha dato l’ok per lo sblocco dei fondi per l’Ucraina, la sua situazione di Salis ha avuto un leggero miglioramento”.
L’avvocato ci illustra anche l’esito di un’eventuale elezione di Salis al Parlamento europeo, dopo la sua recentissima candidatura da parte di un partito italiano: “In questo caso godrebbe dell’immunità, come previsto da uno specifico protocollo europeo secondo il quale l’eletto fruisce delle stesse norme di un parlamentare del Paese d’appartenenza. Quindi ci sarebbe l’esclusione da qualsiasi tipo di detenzione e la sospensione dei processi in corso. Non escludo però che l’Ungheria potrebbe forzare la mano e non liberarla”.