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"Istituti patogeni che violano il diritto delle persone migranti”, così sembra essere ben sintetizzata la situazione dei Centri di permanenza per il rimpatrio italiani, come suggerito durante un convegno alla Camera del lavoro di Milano. Una situazione generalizzata che però vede punte di inaccettabilità in alcuni particolari centri. Solamente alla fine dello scorso anno è arrivato il grido d’allarme del Tavolo asilo e immigrazione per il quale da un monitoraggio sui centri si svelava “un sistema che viola ogni diritto”.
Il “Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pratiche inumane o degradanti” nel 2024 ha visitato quattro Centri di permanenza per i rimpatri presenti in Italia: quello di via Corelli a Milano, a Gradisca d’Isonzo, a Ponte Galeria in provincia di Roma e a Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza. “Maltrattamenti fisici e uso eccessivo della forza da parte di agenti di polizia”, “somministrazione di psicofarmaci non prescritti e diluiti in acqua”, “pessime condizioni materiali”, “assenza di un regime di attività”, e “approccio sproporzionato alla sicurezza”, questi i rilievi del Comitato. Criticità pesanti che riguardano anche Centri che non sono stati oggetto delle suddette ispezioni.
Trapani
Il primo caso è quello del Cpr di Milo, a Trapani, dal quale sono giunte solamente pochi giorni fa notizie di una notte di violenza durante la quale, secondo quanto riferiscono le associazioni impegnate sul territorio, “sembra che non ci siano stati interventi a tutela delle persone e della loro incolumità, quantomeno fisica, se non la chiamata alla polizia antisommossa, che non sarebbe intervenuta in loro tutela”.
Solamente due mesi fa la notizia di un ragazzo neodiciottenne, Aziz Tarhouni, salvato da un tentativo di suicidio nel Cpr trapanese dove era trattenuto in detenzione amministrativa dal novembre 2024 per non avere in suo possesso i documenti. Dopo una battaglia legale è stato scarcerato lo scorso 6 marzo. Inoltre i lavoratori del Centro, gestito dalla Cooperativa Badia Grande, non ricevono gli stipendi da diversi mesi.
Via Corelli, Milano
Il 10 marzo 2025 sono stati rinviati a giudizio gli amministratori della Martinina srl, la società che per due anni ha gestito il Cpr di via Corelli a Milano. L’inchiesta della Procura milanese ha rivelato irregolarità nell’esecuzione del contratto d’appalto per la gestione della struttura e ha documentando le condizioni di vita inaccettabili per le persone trattenute nel centro dove era distribuito cibo con i vermi, gli psicofarmaci erano somministrati in modo massiccio e incontrollato.


Una parlamentare europea e un consigliere regionale della Lombardia nello stesso mese di marzo hanno visitato la struttura definendola “un inferno”.
Gradisca d’Isonzo
La notte del 22 gennaio una trentina di migranti sono saliti sul tetto della struttura per protestare contro le condizioni di detenzione e dando luogo a una rivolta con incendi e scontri con le forze dell’ordine. Pochi giorni prima, il 9 di gennaio, un ragazzo tunisino di 19 anni è rimasto ferito gravemente per essere saltato dal tetto durante un tentativo di fuga.
Il 15 marzo del 2025 il canale social “No Cpr” riferisce che due ospiti del Centro di permanenza per il rimpatrio di Gradisca di Isonzo, in provincia di Gorizia, hanno tentato di avvelenarsi bevendo candeggina, sono poi rimasti per ore stesi nel cortile sotto la pioggia.
Ponte Galeria
Per il Cpr romano citiamo due testimonianze. La garante delle persone detenute di Roma Capitale, Valentina Calderone, che ha visitato il centro il 17 marzo scorso ha scritto: “Siamo andati a Ponte Galeria, dove il nuovo ente gestore è alle prese con modifiche di procedure e modalità operative, all’interno di un centro in ristrutturazione, dove oggi erano presenti 40 uomini e 4 donne. Anche qui, in previsione della costruzione di nuovi Cpr e del cambio di destinazione d’uso del centro in Albania, le persone continuano a vivere e a soffrire, come A., che qualche notte fa ha provato per l’ennesima volta a togliersi la vita. Oggi per fortuna lui non era più lì dentro, ma sappiamo con un certo grado di certezza che domani, o dopodomani ancora, toccherà a qualcun altro”.
Una componente della commissione capitolina Politiche sociali e della Salute, durante un’audizione della Asl Roma 3, ha parlato di situazione "mortificante" con "decine di uomini che vagavano in queste enormi gabbie, palesemente sedati da psicofarmaci, con evidenti difficoltà a parlare proprio a causa della sedazione".
Palazzo San Gervasio
Nei primi giorni dello corso febbraio due migranti trattenuti nel Cpr in provincia di Potenza hanno tentato il suicidio. Un mese prima ha avuto inizio il maxi-processo sul Centro: ventisette le persone imputate, tra le quali i rappresentanti dell’ex ente gestore, Engel Italia s.r.l., accusati di “frode nelle pubbliche forniture”, ma anche medici, ispettori e personale carcerario imputati per violenza privata e maltrattamenti, responsabili del servizio di informazione normativa, mediatori e avvocati.
Nell’agosto dello scorso anno il diciannovenne Belmaan Oussama è morto suicida, dopo una serie di tentativi di togliersi la vita.
Macomer
Chiudiamo questa galleria degli orrori andando in Sardegna, dove il Cpr di Macomer, in provincia di Nuoro, è stato oggetto del nuovo report di denuncia dell’associazione Naga e della rete “Mai più lager – No ai Cpr”, un documento frutto di informazioni emerse dalle segnalazioni telefoniche ricevute dal Centralino Sos Cpr e del sopralluogo effettuato lo scorso anno.
Nel documento si parla della presenza di un reparto di isolamento usato per punizioni e per rinchiudere le persone con problemi psichici, dell’uso di sedativi nel cibo e di spray al peperoncino contro le persone trattenute. A questo si aggiunge “la carenza di assistenza legale e il mancato accesso ad altri diritti, in particolar modo a quello di comunicazione con l’esterno”.
L’ultimo episodio estremo riportato dai media è quello di un uomo senegalese che, dopo sei mesi nel Centro di Macomer, lo scorso fine febbraio ha tentato il suicidio durante il trasferimento all’aeroporto per il rimpatrio.