PHOTO
Un lavoratore torna dalle vacanze positivo al covid, e viene licenziato. È successo alla Fca Melfi, o meglio, nell’indotto del complesso lucano del Gruppo Fca. A denunciarlo è stata oggi (17 settembre) la Fiom Cgil Basilicata, specificando che l’operaio era un dipendente della Fca Melfi Business, una delle tante ditte di logistica che lavorano in appalto o subappalto nell’area industriale.
“Il lavoratore, tra l’altro, aveva un contratto metalmeccanico a tempo indeterminato - racconta Giorgia Calamita, responsabile componentistica della Fiom regionale -. L’azienda nella lettera di licenziamento ha scritto nero su bianco che il motivo del suo allontanamento stava proprio nella sua positività al coronavirus, che avrebbe potuto creare un danno d’immagine alla proprietà, oltre che un problema produttivo”. La Fiom chiede quindi all'azienda di ritirare immediatamente il provvedimento: “Il lavoratore - afferma ancora Calamita - non può essere considerato colpevole perché contagiato dal virus durante le vacanze, in una località non dichiarata zona rossa e pertanto senza alcun obbligo di quarantena”. Nei giorni in cui si è appresa la notizia della positività, poi, la Fca Melfi Business si è dimostrata “del tutto inadempiente”, non coinvolgendo né sindacato né i lavoratori “sulle modalità e misure di sicurezza previste dal protocollo da applicare per evitare il contagio degli altri lavoratori”.
Si tratta di un caso particolare, certo, ma che racconta molto della situazione in cui si lavora nel più importante complesso industriale della Basilicata. Come accade in molti altri poli metalmeccanici, infatti, da tempo la filiera degli appalti e dei sub appalti delle aziende di logistica si regge sulla logica della riduzione dei costi di produzione, innescando una competizione al ribasso tra le aziende. Questo, spiega ancora Giorgia Calamita, “crea lavoratori di serie A e di serie B, peggiorando le condizioni di lavoro di tutti, sia in termini di sicurezza sia in termini di salario, e aumentando la precarietà. Senza peraltro garantire la sostenibilità dell'azienda stessa”.
“I lavoratori della logistica - continua - sono metalmeccanici che operano nel settore auto, e che lavorano per Fca. Queste attività prima erano all’interno degli stabilimenti, ma sono state esternalizzate. Oggi quindi ci troviamo di fronte a lavoratori con il contratto metalmeccanico, accanto ad altri con quello delle cooperative, e altri con contratti pirata. Alcun sono costretti a lavorare 7 giorni su 7, senza riposo, senza un calendario, chiamati solo quando serve. Proprio come i braccianti sotto caporale nelle campagne qui intorno”.
Esattamente un anno fa, in effetti, a Melfi scoppiò il caso dei 192 lavoratori della ex Logistica Meridionale, che per non perdere il posto di lavoro furono costretti a licenziarsi per essere riassunti dalla nuova società Servizi Gestione Logistica srl, sub appaltatrice della Bcube, a sua volta appaltatrice della Fca di Melfi. Sul contratto che gli venne presentato allora, c’era scritto che la nuova società Sgl li avrebbe assunti con rapporti di apprendistato, rendendoli così tutti precari. “In quell’occasione - racconta ancora Calamita - riuscimmo a fermare l’operazione. Ma questo nuovo episodio conferma il fatto che i lavoratori della logistica dell'area industriale di Melfi vivono condizioni pessime che ledono la loro dignità”.
Dopo quest’ultima denuncia, il sindacato è riuscito a ottenere che si svolgesse una riunione con i delegati per condividere provvedimenti per la tutela di tutti i lavoratori. Ma per la Fiom resta comunque necessario “aprire una nuova stagione contrattuale nella logistica di Fca Melfi, che coinvolga tutti i lavoratori, perché non si assista più a situazioni così gravi come il licenziamento illegittimo e si possa mettere fine all'arroganza usata da diverse aziende della logistica”.
“Per risparmiare sui costi del lavoro – conclude Calamita -, si violano puntualmente leggi e diritti contrattuali con il solito ricatto della perdita del posto di lavoro. È un argomento ancora più sensibile qui al sud, considerato l'alto tasso di disoccupazione con cui siamo costretti a convivere”.