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Come affrontare il tema delle sostanze, dei consumi e delle dipendenze a scuola?È l'argomento della Summer School organizzata da Forum droghe e Cnca, che prende avvio il 31 agosto 2023 a Roma presso la Città dell’Altra Economia. Lo stimolo a questa riflessione parte dall’esigenza di un profondo cambiamento delle politiche pubbliche sulle droghe, a partire da una nuova rappresentazione sociale del fenomeno e della figura dei consumatori.
L’obiettivo è superare l’approccio penale sul tema superando, anche, finalmente, la logica della tolleranza zero e del consumo zero, dopo che anni di studi e ricerche hanno dimostrato l’impossibilità di un mondo e di una società completamente senza droghe, che, invece, in varie forme, accompagnano da sempre le diverse culture.
Le politiche proibizioniste hanno provocato molti più danni alle persone di quelli provocati dal consumo: basti pensare alla presenza di persone ristrette in carcere a causa della vigente normativa sulle droghe, la L. 309/90.
Tutti gli anni la Cgil porta il proprio contributo, in termini di contenuto, ai lavori della Summer School. Quest'anno, trattandosi di scuola, è stato chiesto il coinvolgimento anche della categoria, la Flc Cgil, che sarà presente e interverrà ai lavori della tre giorni. Il dibattito evidenzierà il ruolo che la scuola può avere su questo tema, il ruolo che la “comunità educante e democratica” (art. 32 nuovo Ccnl Istruzione e Ricerca 2019/21) può svolgere per creare una cultura diversa, sulle droghe sui consumi e sulle dipendenze in genere.
In queste settimane numerosi fatti di cronaca hanno riportato l’attenzione sull’enorme disagio sociale che sta attraversando il nostro Paese e soprattutto sul disorientamentodelle giovani generazioni. Molti episodi vedono coinvolti giovani adolescenti o post-adolescenti, vittime e carnefici allo stesso tempo, spesso di varie estrazioni sociali e familiari. Nei luoghi comuni che sentiamo spesso la scuola viene evocata come “causa” e/o come “soluzione”, ma nessuno che dica davvero cosa si dovrebbe fare per permettere alla comunità scolastica di svolgere a pieno il proprio ruolo incidendo su queste dinamiche.
Gli episodi che accadono sono di varia natura, ma la matrice comune è rappresentata dal disagio espresso da una intera società in pieno calo demografico, in crisi economica, con forti sbilanciamenti territoriali, dove aumentano le disuguaglianze, e che offre sempre meno opportunità soprattutto ai più giovani, incapace di costruire progetti di sistema che guardino al futuro.
La politica risulta incapace di leggere questa fase, le forze sociali e l’associazionismo cercano di stare accanto alle persone e di disegnare soluzioni. Proprio la buona volontà degli insegnanti, del personale docente ed Ata, spesso copre le carenze e le distorsioni di uno Stato che non investe sulla scuola, sull’istruzione e la formazione, sul futuro dei giovani e quando lo fa, lo fa male: contavamo sugli investimenti del Pnrr che potessero dare quella scossa per rimettere in moto il Paese, ma ad oggi arranchiamo.
Affinché la scuola possa dare risposte, a partire dal tema dei consumi di sostanze, dobbiamo inquadrare il compito che dovrebbe assolvere nella società odierna: non più solo realtà dove si apprendono contenuti ma anche luogo di socialità dove si costruisce la personalità, l’identità del futuro cittadino. La comunità scolastica deve prima di tutto costruire una “relazione educativa” in grado di legare tutti i soggetti presenti al suo interno: in primis gli studenti, poi il personale scolastico, con particolare riferimento ai docenti, le famiglie, le istituzioni e il territorio. È attraverso la relazione che possono cambiare i comportamenti, consolidarsi, diventare stabili e cambiare il volto della società. Oggi organici adeguati, strutture efficienti dovrebbero rispondere a questo obiettivo.
Abbiamo assistito in anni passati e soprattutto in varie scuole superiori all’arrivo delle forze dell’ordine, come risposta al fenomeno del consumo e dello spaccio di sostanze. Tali episodi, oltre a suscitare l’attenzione spesso morbosa e strumentale dei media e dell’opinione pubblica, hanno suscitato un acceso dibattito, tra tutti gli attori coinvolti, sull’utilità o meno di una risposta orientata al solo controllo, se non meramente punitiva. La risposta non può che essere una: educare, non punire. Perché sappiamo che non è vero che ogni consumo porta inevitabilmente alla dipendenza (il famoso tunnel che piace tanto a certe narrazioni) e sappiamo invece quanto sono efficaci interventi di informazione con i giovani. Invece, si continuano a proporre, e preferire, interventi che creano stigma, distanza, isolamento.
Raccogliendo le testimonianze e i vissuti dei ragazzi di alcuni istituti è emerso forte il bisogno di essere ascoltati, coinvolti, nonché la necessità di altre modalità educative e d’intervento meno disciplinanti, ma più partecipate, che tengano conto dei loro vissuti, delle loro esperienze, e dei loro desideri.
Da riflessioni nate dall’incontro di più professionalità e punti di vista, è emersa vivida la necessità di ripensare gli approcci e le relazioni all’interno della scuola, volgendo maggiore attenzione all’acquisizione di competenze come l’autonomia e l’autoregolazione da parte dei ragazzi, anche per quanto riguarda i consumi di sostanze, fin dai primi gradi della scuola dell’obbligo, rendendo essi stessi partecipi e protagonisti: autonomia e responsabilità, per la gestione dello spazio scuola come strada verso la consapevolezza.
Molte evidenze scientifiche, infatti, hanno già da tempo dimostrato come metodi educativi volti al solo controllo e basati su disparitàdipotere (chi decide vs chi ubbidisce), abbiano sovente invece incoraggiato quegli stessi comportamenti su cui volevano intervenire.
Esiste un’alternativa educativa alla disciplina e al controllo, molto più utile e rispettosa di tutte le individualità coinvolte nel processo, in grado di intervenire anche in termini preventivi rispetto all’insorgenza di fenomeni come l’abuso di sostanze, le dipendenze, il bullismo e l’isolamento sociale.
Gli spazi scolastici vanno ripensati così da rappresentare una sorta di “palestra” per le abilità di autonomia, autoregolazione e socializzazione, facilitate dalla presenza di professionalità, anche ulteriori rispetto a quelle già esistenti, con specifiche competenze soprattutto negli spazi non presidiati, come ad esempio quelli durante le ricreazioni.
Possono essere previsti diversi momenti d'incontro con i genitori e con gli insegnanti per attività più specifiche volte a migliorare le modalità relazionali e comunicative, nonché a generalizzare ciò che viene co-costruito nei momenti d'incontro libero negli spazi all'aperto. Si sottolinea infatti l'importanza e la necessità del lavoro di rete che dovrebbe svilupparsi tra scuola e famiglia, condividendo il fine ultimo di agire per il benesseredei ragazzi facilitandone il processo di crescita ed apprendimento.
In tal senso, appare necessario sostenere i genitori nell'acquisizione di strumenti utili per promuovere livelli adeguati di autonomia e di autoconsapevolezza nei propri figli. Una progettualità di questo tipo deve poter contare su un approccio integrato che mutua elementi dall'educazione socio-affettiva, dalla psicologia sociale e dalla psicologia di comunità, avvalendosi di strumenti come il “cooperative learning”, il “problem solving” collaborativo nonché “circle time” e “focus group” volti per esempio a migliorare la competenza emotiva.
Utilizzare specifiche professionalità è utile per effettuare un monitoraggio del lavoro e dei cambiamenti osservati attraverso rendicontazione scritta. L’attivazione di uno sportello psicologico scolastico (per insegnanti, genitori, ragazzi) è considerato un obiettivo necessario e condiviso e dobbiamo dire oramai presente nelle scuole. Osservare i ragazzi durante i momenti di socializzazione, relazionarsi con loro, intervenire, se necessario, qualora si verificassero dei conflitti, utilizzando modalità come la mediazione attiva, il problem solving guidato, analisi delle emozioni proprie ed altrui, possono essere attività a cui dedicare un tempo che oggi l’organizzazione scolastica purtroppo non ha.
Si potranno sviluppare forme di “peer educators” (ragazzi formati per l'affiancamento e il sostegno dei compagni) al fine di sostenere lo sviluppo di una maggiore autonomia e consapevolezza nella comunità scolastica.
Insomma, si tratta di scelte e priorità, si tratta di imboccare, davanti ad un bivio, una strada piuttosto che un’altra: pensiamo che umiliazione, voto in condotta, bocciature, non siano la strada migliore! Anche di tutto questo cercheremo di parlare alla summer school del Forum Droghe.