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Come accade dal 2004, si celebra anche quest'anno il 17 maggio la Giornata mondiale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia: in questa data nel 2000 l’Oms ha cancellato l’omosessualità dal novero delle malattie mentali, cosa poi avvenuta, nel 2018, anche riguardo alla transessualità.
La crisi sanitaria prima e la guerra in corso nel nostro continente poi hanno decisamente aumentato le disuguaglianze peggiorando le condizioni di vita dell’intera collettività ma lasciando segni più profondi nelle persone già oggetto di discriminazione. Le crisi e le limitazioni dei diritti fondamentali hanno infatti avuto effetti differenti sulla base delle condizioni di partenza: sono storia recente le notizie provenienti dall’Ucraina sulla difficoltà delle persone trans a lasciare il Paese; le difficoltà ingenerate dalla legislazione sull’emergenza per le famiglie omogenitoriali; le pesantissime limitazioni dei diritti civili in alcuni Stati dell’Unione quali Ungheria o Polonia.
Il nostro Paese è invece reduce dalla bocciatura della legge di contrasto all’omolesbobitransfobia, uno strumento del quale i Paesi occidentali si son dotati da decenni ma che da noi ancora non giunge all’approvazione per effetto delle pulsioni discriminatorie tuttora molto presenti nel nostro parlamento e ben evidenziate dal dibattito spesso surreale che ha accompagnato la discussione della proposta di legge. Una discussione che ha preso di mira in particolar modo le frange più fragili ed esposte della comunità Lgbtqi+: le soggettività trans e non binarie e le figlie e i figli delle famiglie omogenitoriali.
Abbiamo sempre sostenuto che, pur salutando con favore una proposta tesa ad allargare le fattispecie della legge Mancino per il contrasto ai crimini d’odio, il vero strumento in tal senso è rappresentato dall’allargamento dei diritti delle persone che, nel contempo, favorisca un approccio collettivo pienamente inclusivo verso le persone Lgbtqi+. Servirebbe quindi estendere l’istituto matrimoniale a tutte e a tutti, a prescindere dal genere e dall'orientamento sessuale. Occorre una riforma della legge per le adozioni che consentisse accesso pieno e paritario alle persone single e alle coppie dello stesso sesso, tanto più in un momento in cui vi è una forte emergenza umanitaria scaturita dalla guerra in Ucraina.
E il pieno riconoscimento delle due figure genitoriali fin dalla nascita per tutte le figlie e i figli, come ripetutamente raccomandato dall’Unione europea e dalla Corte costituzionale, talmente inascoltate da arrivare al deposito e alla discussione nel nostro parlamento di proposte di legge che quei genitori vorrebbero invece criminalizzarli.
Inoltre, servirebbe la cancellazione degli ultimi residui divieti della legge 40 in modo da consentire l’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita alle donne single e alle coppie dello stesso sesso. E ancora, introdurre nelle scuole una corretta informazione e formazione per il rispetto di tutte le differenze, e il superamento della legge 164/1982 in modo da prevedere la piena autodeterminazione delle persone trans e non binarie.
Oggi come e più di prima serve un cambio di passo che riconosca diritti uguali per il solo fatto di essere persone, a prescindere da orientamento sessuale, identità di genere, genere di appartenenza, etnia di provenienza e fede religiosa, nel pieno rispetto del dettato costituzionale.
Oggi come e più di prima serve un pieno coinvolgimento del nostro sindacato in questa battaglia di civiltà a partire dalla contrattazione nei posti di lavoro, che anticipi e incoraggi i progressi legislativi e da un posizionamento chiaro e deciso a sostegno dei diritti di tutte e tutti.
Sandro Gallittu è responsabile ufficio Nuovi diritti della Cgil nazionale