Il nuovo numero del Notiziario Inca racconta i risultati di una ricerca commissionata all’Osservatorio Futura e alla Fondazione Di Vittorio che indaga sui rischi e le opportunità della digitalizzazione della Pa. Riportiamo qui un estratto dell’intervento firmato dal presidente del patronato della Cgil, Michele Pagliaro.

Ci hanno detto che basta un click. Chi di noi non ha un pc, un notebook, uno – o magari due – smartphone e una connessione internet? Nell’era del digitale, dove tutto è a portata del nostro dito indice, anche tutelare i propri diritti dovrebbe essere più semplice. Finalmente, anche in Italia questo processo si è avviato. La Pubblica amministrazione, per quanto in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, ha dato alle cittadine e ai cittadini la possibilità di richiedere informazioni e prestazioni online. Siamo in grado di richiedere l’indennità di disoccupazione, la pensione, bonus e sussidi, senza mai uscire di casa. Basta un computer e un’identità digitale. Ma è davvero così? E, se così fosse, che senso hanno i patronati?

Ogni giorno, nelle nostre quasi 900 sedi in Italia e all’estero, continuiamo a incontrare lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti, pensionate e pensionati, cittadini italiani e stranieri. Vengono perché hanno bisogno di sentirsi inclusi e assistiti nella tutela e nell’esercizio dei propri diritti. Ci chiedono aiuto per pratiche telematiche che potrebbero essere risolte in pochi click. Questa almeno è la teoria. Le storie che ascoltiamo noi sono però costellate di molte difficoltà e frustrazioni.

Per capire cosa sta succedendo, abbiamo commissionato a Osservatorio Futura e Fondazione Di Vittorio un’indagine demoscopica sul rapporto tra gli utenti e i servizi digitalizzati della Pa. Volevamo andare oltre i riscontri quotidiani che abbiamo presso le nostre sedi, quindi abbiamo chiesto loro un campione che non si limitasse al mondo che ruota attorno a Inca Cgil, ma che fosse sufficientemente rappresentativo della popolazione residente in Italia. Le persone intervistate sono state 6.000. Il quadro che ne è emerso è sconfortante. Gli italiani fanno fatica a farsi riconoscere ciò a cui hanno diritto.

Uno scenario paradossale. La tecnologia dovrebbe semplificare, ma la rivoluzione digitale della Pubblica amministrazione – quantomeno in Italia – rischia di diventare un labirinto virtuale in cui si rischia di perdere di vista tutele e diritti. Uno degli aspetti più allarmanti della ricerca riguarda proprio quella fascia d’età che dovrebbe avere dimestichezza con l’online. Alla domanda “Saresti in grado di fare una pratica digitale con l’amministrazione pubblica?” il 60 per cento delle persone tra i 35 e i 55 anni risponde con un secco “no”. Il 65% di quella stessa fascia ammette di non essere riuscito a ottenere quello che voleva dopo aver tentato una pratica telematica con l’Inps.

Insomma, le magnifiche sorti della rivoluzione digitale rischiano di restare sulla carta, o meglio sullo schermo, mentre persiste un grave problema di fruibilità dei servizi. Una questione che riguarda dunque non solo la sempre più ampia fetta di popolazione anziana, meno avvezza all’uso del pc, ma anche una larga parte di chi con il computer ci lavora probabilmente ogni giorno o ha sempre uno smartphone in mano.

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