La delegazione del Tavolo asilo e immigrazione ha concluso la missione in Albania finalizzata al monitoraggio indipendente del trasferimento e del trattenimento dei migranti nel Cpr di Gjader, dopo i cambiamenti intervenuti con il recente decreto. I risultati impongono chiaramente una revisione del sistema della detenzione amministrativa in quanto “lesivo dei principi fondamentali del diritto e incompatibile con i principi cardine della nostra democrazia”.

Il Tavolo spiega che nella prima settimana di attivazione del nuovo Cpr, insieme a parlamentari italiani ed europei, sono stati effettuati incontri con le autorità sul posto, accedendo ai luoghi di detenzione, raccogliendo testimonianze e verificando le condizioni operative. Due i livelli sui quali si articolano i dati emersi. 

Modello sbagliato e attuazione problematica 

Il Tavolo asilo e immigrazione valuta in modo fortemente critico il modello nel suo impianto generale: “La decisione di trasferire coattivamente persone già sottoposte a trattenimento in Italia in un Cpr delocalizzato fuori dai confini nazionali, rappresenta un’evidente forzatura delle norme europee e costituzionali e implica gravi violazioni in termini di diritto alla difesa, all’asilo, all’unità familiare e alla libertà personale”.

Durante il monitoraggio l’attenzione è stata rivolta a osservare e valutare le prime modalità concrete di attuazione della nuova funzione del centro, che appaiono gravemente problematiche. Nei primissimi giorni di operatività, sono stati registrati diversi episodi drammatici e fortemente indicativi: alcune delle persone trasferite hanno messo in atto azioni di autolesionismo, ci sono state difficoltà nell’accesso all’assistenza legale, non c’è stata una comunicazione chiara preventiva sul trasferimento forzato e “sono state osservate e riportate modalità di trasporto non rispettose della dignità delle persone”. 

Nel report viene citato l’esempio emblematico delle fascette che legavano le mani dei migranti durante il viaggio e lo sbarco in violazione delle disposizioni che disciplinano il trasferimento delle persone private della libertà personale. Un episodio che ha scatenato polemiche anche per le affermazioni in merito rilasciate dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, per il quale  si tratta di “una normalissima prassi che fa parte delle procedure operative che adottano gli operatori in piena autonomia. Questo non significa per me prendere le distanze, anzi lo rivendico e condivido". Sulla stessa linea e pure sarcastico il vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini: “Dove è il problema? Dovevo mettergli in mano un uovo di Pasqua? Va benissimo così". 

Maniere forti e leggi fragili

Il Tavolo asilo fa però notare che a questa prova di forza messa in campo dal governo corrisponde un’accentuata fragilità degli strumenti giuridici e organizzativi che dovrebbero disciplinare il trasferimento e il trattenimento presso il Centro di Gjader. “A conferma di questa prospettiva, poche ore dopo lo sbarco, una persona è stata già ricondotta in Italia in quanto non più legittimamente trattenibile”, ricordano.

“Inoltre – proseguono dal Tavolo - è gravissimo che a oggi non sia nota la motivazione alla base del trasferimento per il gruppo delle 40 persone selezionate. Il richiamo alla pericolosità sociale da parte di esponenti del governo, se confermato, aprirebbe a valutazioni giuridiche che sono al cuore dell’ordinamento italiano. Infatti, nessuna tipologia di pena può essere configurata al di là di quelle espressamente previste dalla legge.

Se effettivamente il trasferimento coatto in Albania fosse una misura punitiva nei confronti di soggetti considerati pericolosi, sarebbe molto grave e del tutto illegittimo, perché la deportazione in un Cpr fuori dal territorio nazionale prenderebbe la forma di una misura afflittiva aggiuntiva rispetto alla pena già scontata secondo l’ordinamento giudiziario italiano”.

Insieme all’azione legale volta a tutelare i diritti delle singole persone coinvolte, il Tavolo asilo e immigrazione annuncia l’intenzione di dare continuità al lavoro di osservazione e denuncia e ritiene necessaria una mobilitazione ampia e trasversale per chiedere la dismissione del protocollo che aggrava il già fallimentare sistema della detenzione amministrativa e che si configura, nei suoi presupposti costitutivi quanto nei suoi effetti, lesivo dei principi fondamentali del diritto e incompatibile con i principi cardine della nostra democrazia.