Oggi, 28 settembre, in occasione della Giornata internazionale dell’aborto libero e sicuro, la Cgil si sta mobilitando, anche sul territorio, per rivendicare un diritto sempre più difficile da esercitare, per via delle decisioni prese anche dal governo attuale e dello stato in cui versa il servizio sanitario nazionale. Lettere aperte stanno arrivando a tutte le Regioni, cahiers de doléances nei quali il sindacato esprime, punto per punto, quali sono gli ostacoli da rimuovere, ma anche proposte affinché quello di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza torni a essere un diritto pienamente esigibile. L’iniziativa è stata decisa per dare un segnale forte al mondo politico. In alcuni territori sono state organizzate anche delle manifestazioni cui è stata invitata la cittadinanza.

Cgil Abruzzo Molise: “In Abruzzo l’83,8% di medici è obiettore, in Molise il 92,3%”

In occasione della giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro, la Cgil Abruzzo Molise ha inviato una lettera al presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, e una al presidente della Regione Molise, Francesco Roberti, per rivendicare politiche sanitarie che permettano alle donne di interrompere una gravidanza in modo sicuro e sereno.

“La piena attuazione della 194 in Abruzzo e in Molise – si legge nel documento –è di fatto un percorso a ostacoli con il suo alto tasso di medici obiettori: parliamo dell’83,8% in Abruzzo e del 92,3% in Molise, che è di fatto al primo posto per tasso di obiezioni, con una media nazionale che si aggira intorno al 64%. All’istituto dell’obiezione si aggiunge anche una certa intolleranza all’utilizzo delle procedure abortive farmacologiche”.

“A preoccupare è anche l’emendamento inserito nell’ultimo decreto Pnrr, votato dal Senato, che apre le porte dei consultori alle associazioni antiabortiste. Una decisione che va contro la Legge 194 e contro l’autonomia e la libertà delle donne”.

Cgil Piemonte: manifestazione a Torino alle ore 15:00 davanti all'Ospedale S.Anna”

“Nella giornata di sabato 28 settembre, in Piemonte – scrive la Cgil regionale –si torna a manifestare a gran voce per un diritto conquistato dalle lotte delle donne e messo oggi fortemente in discussione sia da scelte politiche che dalle criticità in cui versa il servizio sanitario nazionale: l'aborto libero e sicuro”.

“È tempo di porre la massima attenzione su questo tema di libertà usando tutti gli strumenti, anche di comunicazione, a nostra disposizione. Affinché il diritto all’aborto sicuro e libero sia garantito, continueremo a monitorare i dati, l’incidenza del fenomeno dell’obiezione di coscienza, e la presenza e operatività dei consultori e delle strutture sanitarie, a partire dai territori e a far sentire la nostra voce”.

Il sindacato invita tutte le cittadine e i cittadini a prendere parte alla manifestazione territoriale per contestare “l'inquietante operazione anti-abortista che la Regione Piemonte porta ormai avanti dallo scorso anno: appuntamento alle ore 15:00 davanti all'Ospedale S.Anna di Torino”.

Cgil Friuli Venezia Giulia: “Tutelare la libertà di scelta delle donne”

“Il nostro allarme – spiega Daniela Duz, responsabile pari opportunità della segreteria regionale, a nome del Coordinamento e di tutta la Cgil Fvg in una lettera inviata al presidente della Regione Massimiliano Fedriga e all’assessore alla Salute Riccardo Riccardi – è legato soprattutto alla difficile situazione dei consultori. Consultori che sono nettamente al di sotto del target di legge di una struttura ogni 20mila abitanti, in Friuli Venezia Giulia come nelle altre regioni, e che fanno i conti con le criticità di sistema, in primis la carenza di personale e la mancata valorizzazione delle professionalità sanitarie”. Ad aggravare il quadro la forte presenza di obiettori di coscienza tra i medici e il personale infermieristico, “che rende sempre più difficile e talvolta impossibile, a livello nazionale, l’accesso all’aborto libero e sicuro”.

Da qui le richieste rilanciate alla vigilia del 28 settembre, “l’accesso a un aborto libero e sicuro attraverso strutture e personale non obiettore in numero adeguato alle esigenze della popolazione e del territorio, tempistiche certe di pieno rispetto della volontà e della salute delle donne, la garanzia del ricorso alle pratiche di interruzione volontaria della gravidanza più sicure e meno invasive, il rispetto del target minimo di un consultorio ogni 20 mila abitanti, l’assunzione del personale necessario a garantire i servizi di ospedali e consultori”. E, soprattutto, la Cgil chiede alla Regione di vietare l’ingresso nei consultori alle associazioni antiabortiste, consentito invece da altre amministrazioni regionali di centrodestra. 

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Cgil Basilicata: “Cultura punitiva e ostativa nei confronti delle donne e del loro corpo” 

Dal profondo Nord est al Sud la situazione, quando si parla di Legge 194, non cambia. Basta leggere il contenuto della lettera aperta inviata dal Coordinamento Donne della Cgil Basilicata al presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi e all'assessore regionale alla Salute, Cosimo Latronico. A cominciare dalle carenze. Anche tra Potenza e Matera “i consultori familiari risultano in numero nettamente inferiore rispetto a quanto stabilito dalla normativa, che prevede il target di uno ogni 20mila abitanti, e fanno i conti con la generalizzata mancanza di personale, la mancata valorizzazione di tutte le professionalità sanitarie, sociosanitarie e sociali preposte alla tutela della salute delle donne e delle nuove generazioni”.

“L’accesso all’aborto libero e sicuro nel nostro Paese, reso sempre più difficile, addirittura impossibile in molte strutture a causa della forte presenza di personale obiettore, sia negli ospedali che nei consultori, sta diventando sempre più un calvario che lascia trapelare una cultura punitiva e ostativa nei confronti delle donne e del loro corpo".

In Basilicata si registra la quota più massiccia di “migrazione” verso altre regioni: il 34,4% delle donne che vogliono interrompere volontariamente la propria gravidanza vanno altrove. Inoltre, al di sotto della media nazionale, solo il 57% delle strutture ospedaliere e case di cura autorizzate con reparto di ostetricia o ginecologia effettuano l’aborto. Solo 4 su 7. La Basilicata ha una percentuale di consultori inferiore alla previsione di legge con lo 0,9% per 20.000 abitanti. La percentuale di obiettori è ben al di sopra della media nazionale, con il 78,6% di ginecologi obiettori – a livello nazionale sono il 63,4%, il 63,3% di anestesisti obiettori – a livello nazionale sono il 40,5% – e il 57% di obiettori tra il personale non medico – a livello nazionale sono il 32,8% – (i dati sono stati pubblicati nella Relazione Annuale Ministro Salute).

Al centro della profonda critica della Cgil lucana c’è anche “il benestare alla presenza nei consultori delle associazioni ‘anti-scelta’, le cui azioni sono tradizionalmente caratterizzate dall’uso di un linguaggio violento e colpevolizzante nei confronti della donna, nei fatti un attacco all’autodeterminazione delle donne ma, anche, un attacco alla sanità pubblica e all’organizzazione dei consultori, svuotati di personale e funzioni”. 

Cgil Lombardia: “Il diritto all'aborto è a rischio”

Anche la Cgil Lombardia segnala la giornata del 28 settembre sulle proprie pagine social. “Il diritto all'aborto è a rischio. Chiediamo accesso garantito, tempistiche certe, applicazione delle linee guida, più consultori pubblici, assunzioni mirate, spazi sicuri”.

Cgil Puglia: “Su 738 ginecologi, 593, l’80%, sono obiettori”

Anche in Puglia i dati disegnano una situazione drammatica. Su 738 ginecologi in organico, 593 sono obiettori, per una percentuale dell’80%. Solo per citare le principali strutture ospedaliere della regione, al Policlinico di Bari il numero di ginecologi obiettori è del 96%; ai Riuniti di Foggia il 92%; si sale al 100% all’Ospedale di Andria, così come al Miulli, a Casa Sollievo di San Giovanni Rotondo, all’Ospedale Civile di Martina Franca. Sono il 96% al Santissima Annunziata di Taranto, il 73% al Perrino di Brindisi. A livello provinciale tra strutture pubbliche e private l’obiezione interessa il 93% dei ginecologi nel Tarantino, il 90% in provincia di Foggia.

È sulla scorta di questi dati che anche la Cgil Puglia ha inviato una lettera aperta al Presidente della Regione Michele Emiliano per chiedere “la piena esigibilità di un diritto conquistato grazie alle lotte delle donne e oggi fortissimamente messo in discussione, sia da scelte politiche che dalle criticità in cui versa il Sistema sanitario nazionale. La situazione dei presidi ospedalieri della nostra Regione, dove si effettuano le IVG, non garantiscono un’adeguata copertura nel territorio, minando così il pieno rispetto del diritto a una scelta libera e consapevole, da parte delle donne”, afferma la segretaria regionale Filomena Principale. Anche in Puglia i consultori familiari “risultano in numero nettamente inferiore rispetto a quanto stabilito dalla normativa”. 

Cgil Roma e Lazio: “Servono interventi urgenti”

“La situazione attuale dei consultori familiari nel Lazio è allarmante. Il loro numero è significativamente inferiore rispetto agli standard previsti dalla normativa nazionale”, si legge nella lettera indirizzata al Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. “Le interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) – scrive il sindacato – non sono garantite in maniera omogenea nei diversi territori, mettendo seriamente a rischio il diritto delle donne a una scelta libera e consapevole. L’accesso all’aborto libero e sicuro sta diventando sempre più difficile e, in molte strutture, addirittura impossibile a causa dell'elevato numero di personale obiettore sia negli ospedali che nei consultori. Questo sta trasformando un diritto in un percorso a ostacoli, riflesso di una cultura punitiva e ostile nei confronti delle donne e del loro corpo”.

Cgil Napoli e Campania: “Accesso garantito e tempistiche certe”