Basta fare una semplice ricerca nel web digitando la parola “carceri” per trovare, di primo mattino, già almeno un paio di notizie. Una riferisce di una fuga di tre minorenni dal carcere Malaspina di Palermo, la seconda di una rivolta dei detenuti nel carcere San Domenico di Cassino. E’ invece di questo pomeriggio la notizia di un’altra rivolta, nel carcere di Piacenza che ha visto gli agenti della polizia penitenziaria in tenuta antisommossa fronteggiare i disordini. Quindi si passa a tutta una serie di denunce che riguardano i suicidi negli istituti di pena, le condizioni di vita, la mancata cura dei malati. Senza poi considerare lo scontro tra il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e i magistrati, accusati dal guardasigilli di essere i responsabili del sovraffollamento carcerario. Accusa naturalmente rimandata al mittente dai magistrati stessi.

La condanna Cedu sul caso Niort

A supportare, se ce ne fosse bisogno, le testimonianze sullo stato delle carceri nel nostro Paese, la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) che riconosce la responsabilità dello Stato italiano per non aver garantito il diritto alla salute e alle cure mediche di Simone Niort, un ventisettenne con gravi problemi psichiatrici che si trova in carcere da 9 anni, durante i quali avrebbe tentato il suicidio una ventina volte e compiuto atti di autolesionismo.

Errori dell’amministrazione e carenza di strutture specifiche nel carcere sardo dove Niort era recluso non hanno consentito al giovane detenuto di avere accesso a una struttura più adatta a una persona malata.

La notizia è stata resa pubblica dall’associazione Antigone, della quale fa parte la legale che assiste Niort, Antonella Calcaterra, componente del pool di avvocati che ha portato il caso all’attenzione dei giudici: "La Corte ritiene che le autorità nazionali non abbiano dimostrato di aver valutato in modo sufficientemente rigoroso la compatibilità del suo stato di salute con la detenzione - spiega Calcaterra -, accertando la mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario che disponeva il trasferimento del ricorrente in una struttura penitenziaria più adatta alle sue gravi condizioni".

Il carcere aggrava le patologie

Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha fatto sapere che “sebbene non vi sia un obbligo generale di liberare una persona detenuta per motivi di salute, in certe situazioni il rispetto dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta i trattamenti inumani e degradanti, può imporne la liberazione o il trasferimento in una struttura di cura”.

“Ciò si verifica – continua –  in particolare quando lo stato di salute del detenuto è talmente grave da rendere necessarie misure di carattere umanitario, oppure quando la presa in carico non è possibile in un contesto penitenziario ordinario, rendendo necessario il trasferimento del detenuto in un servizio specializzato o in una struttura esterna”.

Il pronunciamento della Cedu non determina automaticamente la messa in libertà della persona, ma “riconosce che c'è una violazione in atto e che di ciò le istituzioni non possono non tenere conto”, spiega Calcaterra. In sovrappiù ci sono anche documenti ai quali non è stato concesso di accedere, motivo per il quale ora “sono necessari i dovuti approfondimenti”. 

In relazione ai problemi di carattere psichiatrico del giovane e alla incompatibilità con il carcere ci sono vari pronunciamenti che parlano di “pericolosità”: “Qui il problema è capire se questa pericolosità è una pericolosità connessa a una patologia che si aggrava sempre più stando in carcere – dice l’avvocata –, perché il carcere peggiora la malattia. È ovvio che Niort non possa essere messo in mezzo a una strada, perché ha bisogno di essere seguito, ed è per questo motivo che è necessario trovare una situazione che sia idonea anche ai suoi bisogni”.

Anm: profili di incostituzionalità nel dl Sicurezza 

Per chiudere, andiamo cercare nuovamente le ultime notizie, quelle del pomeriggio, in tema di carceri. Due quelle di rilievo. Il Dipartimento di amministrazione penitenziaria ha emanato le linee-guida per il diritto agli affetti e alla sessualità che demanda ai direttori degli istituti penitenziari di attrezzarsi per mettere a disposizione spazi dedicati ai colloqui privati tra detenuti e persone con cui abbiano relazioni affettive stabili “Finalmente”, ha dichiarato Gonnnella, auspicando che tutte le carceri si adeguino alla norma, anche perché si tratta d un diritto sancito dalla Corte Costituzionale nel gennaio 2024.

Infine, ritorniamo ai contenziosi tra ministro della Giustizia e magistrati: la Giunta esecutiva centrale dell'Anm ha individuato possibili profili di incostituzionalità per il tanto discusso dl Sicurezza, sottolineando che, anche a dispetto del sovraffollamento carcerario, "si introducono nuovi reati per sanzionare in modo sproporzionato condotte che sono spesso frutto di marginalità sociale e non di scelte di vita”. 

“Basti pensare che la pena per l'occupazione abusiva di immobili coincide con quella prevista per l'omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Inoltre – concludono i magistrati -, incriminare la resistenza passiva nelle carceri e nei Cpr, e dunque la resistenza non violenta e la semplice manifestazione del dissenso, produce effetti criminogeni”.