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Il 7 marzo del 1965 a Selma, in Alabama, 600 manifestanti si riuniscono per attraversare l’Edmund Pettus Bridge e raggiungere Montgomery, in una marcia di protesta contro le resistenze bianche alla registrazione per il voto degli afroamericani. Bloccati dalle truppe dello stato dell’Alabama e dai locali tutori dell’ordine, verranno caricati dalla polizia. Il bilancio sarà di oltre 50 feriti. L’episodio verrà trasmesso per televisione e soprannominato Bloody Sunday. È solo la prima di tre, famosissime, marce.
La seconda si terrà il successivo martedì, ma i 2500 manifestanti torneranno indietro dopo aver attraversato il ponte Edmund Pettus Bridge e perciò la marcia sarà denominata Turnaround Tuesday (martedì dell’inversione di marcia). Anche questa volta lo scopo della marcia era raggiungere Montgomery e il palazzo del governatore, ma nuovamente un’ordinanza di un tribunale proibisce ai manifestanti di completare la manifestazione.
Circa 8000 manifestanti inizieranno la terza marcia, domenica 21 marzo, percorrendo 10 miglia durante la giornata lungo la U.S. Route 80, nota in Alabama come Jefferson Davis Highway. Nei giorni seguenti altri manifestanti si aggiungeranno per strada arrivando a Montgomery il 24 marzo e all’Alabama State Capitol il 25.
Selma cambierà la storia
Le immagini degli scontri, violentissime, e dei feriti faranno il giro del mondo e convinceranno l’allora presidente Lyndon Johnson (subentrato a John Kennedy dopo il suo assassinio nel 1963) a promulgare il 6 agosto del 1965 la legge sul diritto di voto dei neri (Voting rights act), la legge che vietò le discriminazioni elettorali su base razziale e che è considerata oggi uno dei risultati più importanti raggiunti dal movimento per i diritti civili.
Il 25 marzo del 1965, nell’ultima tappa, Martin Luther King tiene uno dei suoi più celebri discorsi.
Domenica scorsa più di ottomila di noi hanno iniziato a marciare da Selma, in Alabama. Abbiamo camminato per valli desolate e attraversato sfiancanti alture. Abbiamo camminato lungo meandri di autostrade e riposato le nostre membra su sentieri rocciosi. Alcuni visi sono infiammati dai raggi del sole soffocante. Alcuni hanno letteralmente dormito nel fango. Siamo stati inzuppati dalla pioggia.
I nostri corpi sono stanchi e i nostri piedi piuttosto doloranti.
Ma oggi mentre sono davanti a voi e ripenso a quella marcia, posso dire, come ha detto un giorno sorella Pollard - una Nera settantenne che è vissuta in questa comunità durante il boicottaggio degli autobus - a cui fu chiesto mentre camminava se avesse voluto fermarsi. E quando lei rispose “No”, la persona disse “Bene, non siete stanca?” e con la sua profondità sgrammaticata, lei disse “I miei piedi sono stanchi, ma la mia anima è riposata”.
E veramente questo pomeriggio, noi possiamo dire che il nostro piede è stanco, ma le nostre anime sono riposate.
Ci hanno detto che non dovremmo essere qui. E c’erano quelli che dicevano che dovevamo essere qui solo passando sui loro cadaveri, ma tutto il mondo sa che oggi siamo qui e che staremo di fronte alle forze del potere dello stato dell’Alabama per dire “Non vogliamo andare via, che nessuno ci giri attorno”.
Ora non è un caso che una delle grandi marce della storia d’America termini a Montgomery, in Alabama. Appena dieci anni fa, in questa grande città, è nata la filosofia della lotta dei Neri. Montgomery è stata la prima città del Sud in cui l’intera comunità Nera si unì e onestamente fronteggiò i suoi vecchi oppressori. Dopo quella lotta più di una battaglia per la desegregazione degli autobus è stata vinta, è stato dato vita ad una nuova idea, più potente delle pistole e dei bastoni. I Neri l’hanno fatta loro e la portano d’esempio per tutto il Sud in epiche battaglie che elettrizzano la nazione ed il mondo. (…) Marciamo sulla povertà finché nessun genitore americano debba saltare il suo pasto perché i propri figli possano mangiare. Marciamo sulla povertà finché nessun uomo affamato giri per le strade delle nostre città in cerca di un lavoro che non esiste. Marciamo sulla povertà finché nel Mississippi gli stomachi vuoti siano riempiti e le industrie ferme dell’Appalachia siano realizzate e rivitalizzante, e le vite spezzate dei ghetti soffocanti siano guarite e risanate. (…) La sola normalità di cui noi ci accontenteremo è la normalità che riconosca la dignità ed il valore di tutti i figli di Dio. La sola normalità di cui ci accontenteremo è la normalità che permetta al giudizio di scorrere come l’acqua, ed alla rettitudine di essere un potente flusso. La sola normalità di cui ci accontenteremo è la normalità della fratellanza, la normalità della pace vera, la normalità della giustizia.
E così andando via questo pomeriggio, andiamo via più che mai convinti di questa lotta e della nonviolenza. Devo ammettere che ci sono ancora dei giorni difficili d’avanti a noi. Avremo ancora una stagione di sofferenza in molte delle contee nere dell’Alabama, molte aree del Mississippi, molte aree della Louisiana. Devo ammettere che ci sono ancora celle di prigione e momenti bui e difficili che ci aspettano. Ma se continueremo a credere che la nonviolenza ed il suo potere potranno trasformare i giorni bui trascorsi in brillanti domani, saremo capaci di cambiare tutte queste condizioni.
E così prego con voi questo pomeriggio a che si continui: rimaniamo impegnati nella nonviolenza. Non dobbiamo mai mirare a sconfiggere o umiliare l’uomo bianco, ma a conquistare la sua amicizia e la sua comprensione. Dobbiamo cominciare a vedere che alla fine cerchiamo una società di pace, una società che può vivere con la sua coscienza. E che ci sarà un giorno non dell’uomo bianco né dell’uomo nero. Ci sarà il giorno dell’uomo quale uomo.
Ci sarà il giorno dell’uomo quale uomo.