Accesso garantito, tempistiche certe, applicazione delle linee guida, più consultori pubblici, assunzioni mirate, spazi sicuri. Sono, in estrema sintesi le richieste che la Cgil e tutte le strutture territoriali hanno inviato, in una lettera ai presidenti di Regione, per sollecitare il rispetto del diritto delle donne a una scelta libera e consapevole attraverso azioni mirate e proposte concrete. Il diritto all'aborto libero e si­curo è stato conquistato dalle lotte delle donne ma oggi è messo fortemente a rischio da scelte politiche sbagliate e dalle criticità del Servizio sanitario nazionale.

Partendo dalle criticità, primo fra tutti il tema dei consultori insufficienti: il numero è infatti nettamente inferiore a quanto previsto dalla normativa (1 ogni 20.000 abitanti) e non garantiscono i bisogni della popolazione. Collegato il tema della carenza di personale con conseguente svalorizzazione delle competenze e l'elevata presenza di personale obiettore negli ospedali e nei consultori rende difficile, se non impossibile, l'accesso all'IVG.

Daniela Barbaresi, segretaria confederale Cgil con delega alla sanità, spiega che “in Italia i consultori versano in una condizione di profonda criticità: sono pochi, privi di risorse economiche e del personale necessario. In media c’è solo un consultorio ogni 32 mila abitanti, con profonde differenze tra regioni, nonostante la normativa ne preveda uno ogni 20 mila. I presidi ospedalieri dove si effettuano le IVG non garantiscono un’adeguata copertura nei territori e il pieno rispetto del diritto all’autodeterminazione anche a causa dell’elevata presenza di obiettori”. “Occorre ridare centralità al servizio sanitario nazionale e ai consultori a tutela della salute delle donne, delle giovani e la libera scelta consapevole. E, a differenza di quanto accade oggi – sottolinea – applicare su tutto il territorio nazionale le Linee guida sull’aborto farmacologico, che garantisce maggiore sicurezza e minore invasività nelle IVG evitando inutili rischi per la salute delle donne”.

In questa situazione già difficile a livello pratico è evidente come stia crescendo la cultura del senso di colpa: I continui tentativi di colpevolizzare le donne e attaccare la loro libertà e autodeterminazione rispetto alla maternità riduce il perimetro delle loro conquiste. “Critichiamo la cultura della colpevolizzazione alimentata dalle norme che consentono l’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori e nei presidi dove si effettuano le IVG, come nel caso della Stanza dell’ascolto dell’ospedale S. Anna di Torino”, afferma Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil responsabile delle Politiche di genere. “Le donne italiane – prosegue – con le lotte e l’emancipazione hanno conquistato il diritto a scegliere se essere madri o no, se interrompere o meno una gravidanza indesiderata. Consentire agli antiabortisti di interferire con la loro libera scelta è un atto violento e retrivo che riporta il nostro Paese indietro di cinquant’anni sul versante dei diritti. Per questo – conclude Ghiglione – chiediamo che i luoghi dell’aborto siano antiabortisti-free”.

Partendo dalle criticità evidenti la Cgil ha lanciato proposte concrete, ecco le richieste:

Accesso garantito, strutture e personale non obiettore in numero adeguato alle esigenze di ogni territorio;

Tempistiche certe, rispetto dei tempi per assicurare la volontà e la salute delle donne;

Applicazione delle linee guida, attuazione della Circolare del Ministero della Salute del 2020 sull'aborto farmacologico;

Più consultori pubblici, raggiungere il target di un consultorio ogni 20.000 abitanti;

Assunzioni mirate, personale sufficiente per garantire servizi multidisciplinari e di prossimità;

Spazi sicuri, divieto per le associazioni antiabortiste di operare nelle strutture pubbliche dedicate all'IVG.